Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Federico di Utrecht a cura di Ermes Dovico

L'ANALISI

Da Alfano segnali incoraggianti

-

Attualità 04_07_2011

Esaminato dal punto di vista dei principi non negoziabili, il discorso d'insediamento del neo-segretario Angelino Alfano pronunciato venerdì scorso davanti al Consiglio nazionale del Pdl ha promesso molto per il futuro del partito. Bisognerà poi vedere se si riuscirà a passare dalle parole ai fatti.


Le prime parole sono state incoraggianti. Dopo avere ricordato le proprie origini politiche, nel 1994, come candidato alle elezioni provinciali della sua Agrigento nella neonata Forza Italia, Alfano ha voluto subito mettere al centro della cultura politica del Pdl il diritto alla vita, la centralità della famiglia e la libertà di educazione.


Non sono sembrate frasi di circostanza, come spesso accade quando uomini politici vogliono dare un di più di carattere culturale alla propria iniziativa politica, in questo caso al partito che si accingono a guidare.


Importante, per esempio, il "modo" con cui ha scelto di presentare l'importanza politica del diritto alla vita. Quest'ultimo, ha detto Alfano, non può dipendere dalle decisioni di un Parlamento perché non sono le maggioranze politiche che danno o tolgono la vita. Parole importanti soprattutto se pronunciate da chi, come Alfano, avendo militato nel movimento giovanile della Dc, potrà farsi ricordare la confusione imperante nella dirigenza di quel partito fra volere della maggioranza e diritti del concepito, quando negli anni Settanta era in corso la grave e grande battaglia attorno alla legge 194 che legalizzava l'aborto.


Non solo, ma Alfano ha voluto anche ricordare come il suo partito riconosca la Costituzione del 1948 ma, a differenza della sinistra, non ritenga che i valori di riferimento per una identità nazionale si trovino in essa. La Costituzione, ha detto il segretario del Pdl, rappresenta il regolamento che determina le regole del gioco, ma i valori la precedono. Si tratta di una precisazione importante perché si oppone decisamente all'ideologia del patriottismo costituzionale che pretende di costruire l'identità di un popolo facendo calare dall'alto, attraverso la scuola, le istituzioni, i media e la cultura, un progetto di società che prescinde dalla realtà e dalle radici.

Insomma, Alfano ha ricordato che non bisogna "fare gli italiani" ma riconoscere le radici dell'identità italiana, proteggerla e valorizzarla. In questo senso credo si possano leggere le sue parole sulla preminenza della società rispetto allo Stato, ricordate con la fortunata espressione "più società e meno Stato".


Allo Stato Alfano ha dedicato molti passaggi del suo discorso, riprendendo alcune delle idee-forza che più caratterizzarono la discesa in campo di Silvio Berlusconi e poi per tante ragioni mai realizzate. Lo Stato non deve perseguitare fiscalmente gli italiani, conditio sine qua non affinché poi si possa pretendere, e giustamente ha ricordato Alfano, che i cittadini non evadano le imposte. Ma lo Stato dovrebbe anche permettere ai genitori di scegliere liberamente la scuola per i loro figli senza aggravi economici nel caso volessero scegliere una scuola diversa da quella statale. Questo punto, il terzo dei principi non negoziabili, è stato rivendicato con forza così come il secondo, quello che stabilisce la famiglia come cellula fondamentale della società. La famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, ha detto con forza Alfano, e faceva una certa impressione vedere in prima fila il ministro delle pari opportunità, Mara Carfagna, applaudire con convinzione le parole del suo leader politico. Speriamo che quanto avvenuto venerdì al Consiglio nazionale del Pdl sia il preludio affinché venga messa da parte definitivamente la proposta di una legge contro l'omofobia che in realtà in tutto l'Occidente è stata la chiave per introdurre il riconoscimento del matrimonio gay.


Oltre ai tre fondamentali principi della dottrina sociale della Chiesa, Alfano ha ricordato altre cose importanti ed eticamente sensibili.


Intanto ha ricordato con forza l'appartenenza all'Occidente del partito che ha cominciato a dirigere, intendendo con Occidente una cultura e una civiltà, non una mera espressione geografica. Occidente che ha un grande problema, ha ricordato Alfano verso la fine del suo intervento, quello demografico: un popolo dove non ci si sposa e non si fanno figli è destinato alla decadenza e per questo Alfano ha promesso di rilanciare un grande piano per la casa, affinché tutti i giovani che lo vogliono possano accedere ai finanziamenti necessari per avere la prima casa e potersi sposare. Un punto importante, spesso sottovalutato se non da pochi economisti, come il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi, che ricorda continuamente appunto la centralità politica del problema demografico in Italia e in generale nel mondo occidentale.


Il richiamo all'Occidente è servito ad Alfano anche per ricordare come il Pdl appartenga al Partito popolare europeo e non possa essere marginalizzato e isolato come una sorta di anomalia passeggera, così come vorrebbero gli avversari politici di Berlusconi in Italia, che da anni cercano di sostenere la presunta “impresentabilità” all’estero del Pdl e del suo leader.


Buono l'inizio, dunque. Ma i problemi sono tanti, a cominciare da un partito complicato, dove sono presenti personalità con storie politiche molto diverse, finora tenute insieme dal carisma di Berlusconi, ma che potrebbero scontrarsi, culturalmente ma soprattutto per contare di più dentro un partito che sta cominciando ad assumere una fisionomia normale, cioè politica.

Gli applausi che hanno accompagnato i passaggi del discorso di Alfano quando ha evocato i principi non negoziabili sono apparsi autentici, anche e forse proprio perché non erano forzate ovazioni da stadio. Ma come si sa un partito, soprattutto il primo partito d'Italia, che governa da tre anni e fra due ritornerà a chiedere di essere scelto dall'elettorato, deve tenere conto dell'opinione pubblica, della “pancia” del Paese. E qui si rivela l'intreccio tra i valori e la possibilità concreta di tradurli in proposte di legge o comunque di difenderli da altre e avverse proposte di legge. Un intreccio difficile e complesso per verificare quanto bene comune sia storicamente raggiungibile in un determinato contesto storico.

Ma conforta sapere che il segretario del Pdl creda che il suo partito non avrebbe senso se non si ancorasse a questi valori e all’idea di bene comune che nasce dalla dottrina sociale della Chiesa e si esprime anzitutto nei principi non negoziabili. Un buon inizio, appunto. Speriamo che il seguito non lo smentisca.