Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giacomo della Marca a cura di Ermes Dovico

STATI UNITI

Da 20 anni a New York la sfida per la vita

Alla periferia dalla Grande Mela, le Suore della vita strappano dall'aborto decine di bambini ridonando alle madri la bellezza della loro vocazione.

Attualità 11_08_2011
Aborto

Hanno compiuto vent’anni le “Suore della vita”, un ordine religioso sorto nel cuore di  Manhattan per contrastare la cultura imperante che porta 41% delle donne in stato di gravidanza a optare per l’aborto.

Segno di contraddizione per i tempi che corrono, in particolare da quando alla guida degli USA c’è Barack Obama,  il presidente più a favore dell'aborto libero della storia americana, le Suore della vita seguono la regola agostiniana, ma aggiungono ai voti di  povertà-castità-obbedienza anche il voto di difendere la vita fin dal concepimento.

Esse nascono in risposta a un appello del defunto arcivescovo di New York, il Cardinale John O’Connor, il quale nel 1989 scrisse un articolo intitolato «A.A.A. cercasi aiuto: Suore della Vita». Risposero in tante, donne nient’affatto retrive e bigotte ma intellettuali e al passo con i tempi. Una, Agnes Mary Donovan, era professoressa di Psicologia dello sviluppo alla Columbia University Teachers College; fondò l’ordine insieme ad altre nel 1991 e ne divenne la superiora due anni dopo.

Il convento, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, si trova alla malfamata Hell’s Kitchen  ("la Cucina dell’Inferno”) nella West Side, a ovest del Central Park, sul versante opposto dell’isola rispetto all’Onu (si direbbe sia geograficamente che idealmente, stante l’appoggio continuo dato dalle Nazioni Unite alla limitazione delle nascite).  Qui le suore soccorrono le donne che soffrono di trauma post-aborto e quelle che vogliono dare in adozione il proprio figlio, e soprattutto gestiscono un call-center spirituale, chiamato “Missione Visitazione”, che le mette in contatto ogni giorno con circa 700 donne in difficoltà, tentate di mettere fine a una gestazione non prevista.  La coordinatrice, Suor Magdalene, intervistata dal Wall Street Journal, racconta che non tutte le donne sono in difficoltà economiche. Molte dispongono anzi “di tutti i mezzi del mondo” ma temono che la nascita di un bambino metterebbe fine alle loro vite sociali e professionali, oltre alle loro prospettive di matrimonio.  

Le donne che vanno a stare con le suore alla Hell’s Kitchen possono restare da sei mesi prima del parto  fino a un anno dopo, studiando o mantenendo un impiego. Intanto le suore portano avanti la loro vita attiva/contemplativa, con qualche concessione al pattinaggio su rollerblades. Ai bisogni, dal cibo ai vestitini per neonati e alle carrozzine, ci pensa la Provvidenza, cioè le libere donazioni.  

Dall’arrivo della prima ospite nel 1998, al convento alla Cucina dell’Inferno sono nati 150 bambini. Le suore si beano della “bellezza di una madre che arriva a comprendere la dignità della sua vocazione, e di come ciò restituisca la vita a lei stessa,” spiega Suor Rita Marie, l’attuale superiora. Adesso le Suore della Vita sono in 70, e sono di ogni estrazione sociale; fra cui una laureata in russo a Yale che pensava a una carriera nella Cia, un’ex infermiera con esperienza di lavoro in Medio Oriente e un’ex dirigente di un’azienda informatica.  

La città di New York ha in percentuale il doppio degli aborti del resto del paese: percentuale che per i bianchi è del 41 per cento, mentre sale al 60 per cento nella comunità dei neri.  Seguendo la linea dettata loro dal Cardinale O’Connor, le suore non fanno distinzioni fra cattolici e non, e non offrono neppure il battesimo se non richiesto.  Ma secondo l’attuale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, una volta che le suore entrano in contatto con la donna incinta e in stato di bisogno “la battaglia è già vinta per metà.”