Croazia, "commissariata" la diocesi di Parenzo
La Santa Sede nomina un vescovo coadiutore, che svolgerà gli incarichi di mons. Milivam, esautorato da tutti i suoi poteri.
Mentre sul fronte giudiziario il conflitto tra i benedettini italiani di Praglia e la diocesi di Parenzo sulla proprietà dei terreni di Daila, in Istria, non fa registrare alcuna novità sostanziale, anzi rischia di protrarsi ancora per molti anni fino a coinvolgere le massime istanze giudiziarie dell’Unione Europea, in ambito ecclesiale vi è da registrare un’importantissima novità, cioè la nomina di mons. Dražen Kutleša a vescovo coadiutore con poteri speciali della diocesi di Parenzo-Pola.
Originario dell’Erzegovina - è nato a Tomislavgrad il 25 settembre 1968 -, Kutleša ha ricoperto diversi incarichi presso la curia diocesana di Mostar e negli ultimi anni ha operato a Roma presso la Congregazione dei vescovi nonché presso quelle per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e per le Cause dei santi. Parla tre lingue straniere, tra cui l’italiano. La speranza è che la sua origine non istriana, e quindi uno sguardo retrospettivo meno emotivo verso i drammi storici che si sono consumati nell’ultimo secolo in questa regione, gli permetta di essere uno strumento di pace e di riconciliazione tra istriani croati e italiani e di avere con la comunità cattolica istriana italiana un rapporto migliore di quanto non l’ avesse mons. Milovan.
L’elemento chiave per comprendere il significato di questa nomina sta in quei “poteri speciali” affidati a mons. Kutleša. In pratica, pur senza essere stato formalmente rimosso dal suo incarico, il vescovo mons. Milovan è stato esautorato da tutti i suoi poteri, che sono stati trasferiti al nuovo coadiutore, il quale fra l’altro ha anche automaticamente il diritto di successione alla cattedra vescovile di S. Mauro. In questo modo la Santa Sede ha voluto risolvere il problema di come rendere inoffensivo Milovan senza rimuoverlo, fatto che avrebbe probabilmente provocato una rivolta in una parte del clero e del popolo istriano e presso la quasi totalità dei vescovi croati.
La bolla papale di nomina, pubblicata dal sito Internet dell’agenzia ufficiale della Conferenza episcopale croata IKA, e in seguito misteriosamente eliminata, non solo ha assegnato a Kutleša “poteri speciali”, ma ha anche previsto che il nuovo coadiutore li assuma immediatamente, quindi ancora prima di essere consacrato vescovo. Per Milovan, quindi, un esautoramento in piena regola.
Assai significativo è il comunicato diffuso da mons. Kutleša dopo la sua nomina. Egli ha infatti ricordato che «la Chiesa in Croazia è e desidera rimanere una parte fedele della Chiesa universale, sotto la guida del Papa, il quale in occasione della sua indimenticabile visita ha manifestato la sua profonda benevolenza e amore a tutto il popolo croato …».
Formatosi nell’infuocata atmosfera ecclesiale della Bosnia e dell’Erzegovina dove resiste un plurisecolare conflitto tra le province francescane e le diocesi locali, il neo-vescovo anche in Istria troverà un’atmosfera poco accogliente. A causa della sua origine, egli rischia di essere considerato un corpo estraneo alla Chiesa istriana, e molti non gli perdoneranno il “peccato originale” di essere stato imposto da Roma allo scopo di mettere da parte il vescovo Milovan. Quest’ultimo poi rappresenterà una mina vagante nell’azione pastorale del nuovo vescovo con poteri speciali, in quanto non è da escludersi che gli metta i bastoni tra le ruote e faccia di tutto per metterlo in cattiva luce di fronte al clero, al popolo istriano e agli altri vescovi croati.
Un piccolo assaggio dell’atmosfera infuocata che troverà Kutleša si è avuto con l’assemblea plenaria della Conferenza Episcopale croata tenutasi a Varaždin tra il 18 e il 20 ottobre. In apparenza il comunicato emesso sulla vicenda di Daila è conciliatorio: i vescovi croati riconoscono «i meriti scaturiti dall’opera pastorale e sociale svolta dai monaci benedettini nel convento di Daila, e parimenti ritengono che le decisioni prese dalla Santa Sede, nel tentativo di addivenire alla soluzione di un contenzioso canonico, puntavano a riportare le cose – per quanto possibile – nei limiti della verità e dell’equità», e affermano che «sono assolutamente infondate le conclusioni diffuse da alcuni media stando alle quali la Santa Sede o addirittura lo stesso Pontefice avrebbero preso le decisioni assunte nel “caso Daila” nell’intento di procedere in un certo qual modo all’”italianizzazione” della Croazia». I vescovi desiderano «sinceramente rinnovare il messaggio d’amore, rispetto, lealtà e fedeltà al Santo Padre, Benedetto XVI, ringraziandolo per l’attenzione che ha personalmente dedicato, da qualche tempo a questa parte, alle vicende inerenti ai rapporti tra i benedettini e il monastero di Daila» e non desiderano dimenticare «nemmeno uno di coloro (frate, monaco, suora, laico) che nei tempi bui del fascismo, del nazismo e del comunismo sono stati sottoposti a torture, denigrati, condannati a pene detentive o che hanno addirittura perso la vita».
In realtà questo comunicato non rispecchia la posizione della maggioranza dei vescovi. E lo dimostra il fatto che nella versione distribuita alla stampa non appaiono le firme dei singoli vescovi croati come avviene di solito, ma la dicitura generica “I vescovi della Conferenza Episcopale croata”. Su soffiata proveniente dalla curia istriana, il giornalista Darko Pavicic, assurto in questi ultimi mesi al ruolo di “portavoce” ufficiale delle posizioni della diocesi di Parenzo, e al quale è stato perfino dato libero accesso a documenti riservati, ha rivelato sul quotidiano Vecernji List come in realtà il comunicato, a quanto pare redatto su indicazioni fornite dalla Santa Sede, nonché la nomina “con poteri speciali” di mons. Kutleša, abbia suscitato la reazione rabbiosa di alcuni vescovi, a mala pena nascosta all’opinione pubblica.
La frattura tra i vescovi croati e la Santa Sede è quindi tutt'altro che risolta. Va tuttavia notato che le prossime elezioni politiche del 4 dicembre in Croazia porteranno probabilmente al potere la coalizione di centro-sinistra guidata dal leader socialdemocratico - e ateo - Zoran Milanovic, e l’atteggiamento del governo non più favorevole alla Chiesa cattolica, indurrà probabilmente i vescovi a più miti consigli spingendoli a cercare nuovamente la protezione della Santa Sede, vista in questi mesi da molti di loro quasi come l'epicentro di tutti i mali per la Chiesa croata.