Cristo crocifisso, un mistero da accogliere nell’umiltà
Ascolta la versione audio dell'articolo
Nel Vangelo di questa domenica c’è il chiaro avvertimento che la verità di Cristo non s’incontra contando sul potere della ragione, ma nel farsi suoi umili discepoli. Seguendolo sulla via della croce, come tanti cristiani nei secoli.
Pubblichiamo di seguito ampi stralci del commento alla liturgia domenicale per la terza domenica di Quaresima (3 marzo 2024) preparato da monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo emerito di Ascoli Piceno.
***
1. «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Nell’odierno vangelo questa frase di Gesù riesce incomprensibile e misteriosa sia per i giudei che per i suoi discepoli, come pure il gesto inatteso di scacciare tutti coloro che facevano commercio nel Tempio di Gerusalemme. Gesù si comporta come un profeta e gli ebrei erano abituati ad accettare gli interventi forti e simbolici dei profeti, come in diverse occasioni leggiamo nell’Antico Testamento. Qui però duplice è la loro incomprensione e fermo il loro disappunto. Non ritenevano Gesù un profeta, anzi lo stimavano assai poco chiedendosi che cosa mai di buono potesse venire dalla sua città, cioè Nazareth. E poi del tutto fuori luogo era il suo modo violento di criticare le usuali pratiche del Tempio, dove invece era normale la presenza di venditori di animali per i sacrifici rituali e dei cambiamonete perché era proibito fare entrare monete romane in quel luogo sacro.
E che voleva insinuare dicendo di distruggere il Tempio e di ricostruirlo addirittura in tre giorni? Un uomo da solo, figlio di un falegname, non riuscirebbe a costruire in tre giorni, né in quarantasei anni e neppure in tutta la sua vita un Tempio così meraviglioso, rispettato da tutti e segno della presenza di Dio fra il suo popolo. Più perplessi restano i giudei quando Gesù parla di «tre giorni» perché compresero che era il modo simbolico di affermare che Dio sarebbe intervenuto sicuramente, come ad esempio scrive il profeta Osea: «In due giorni il Signore ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza» (6,2). Quest’episodio, che i vangeli sinottici – Marco, Matteo e Luca – pongono quasi alla fine della missione pubblica, san Giovanni lo pone all’inizio perché vuole lanciare questo messaggio: la rivelazione di Cristo viene ostacolata sin da subito e mentre i discepoli, accompagnandolo passo dopo passo, arriveranno a scoprirla progressivamente, al contrario i suoi oppositori, chiusi nelle loro certezze, si rifiutano di accogliere la verità dell’annuncio evangelico. Abbiamo qui un primo chiaro avvertimento: la verità del Vangelo non si incontra contando sul potere della ragione ma perseverando nel restare umili discepoli di Cristo.
2. Quest’anno accompagna il nostro pellegrinaggio quaresimale il tema biblico dell’Alleanza tra Dio e l’umanità. E qui san Giovanni ci preannuncia già che sarà Cristo il ponte della nuova ed eterna alleanza atto a riappacificare l’intero universo con il suo Creatore mediante il suo sacrificio sulla croce. Più tardi infatti gli apostoli lo capiranno come annota l’evangelista: «Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù». Dunque: il gesto di Gesù suscita lo smarrimento degli apostoli e l’ira degli oppositori anche se esistevano già alcuni eloquenti riferimenti nell’Antico Testamento. […] Il discorso diventa più complicato perché Gesù definisce il Tempio come «la casa del Padre mio». Davanti a queste sue parole due sono le attitudini possibili: aprire le orecchie del cuore per cercare di comprendere, come fanno i discepoli, oppure rifiutare per principio che Gesù è il Messia come faranno i giudei di allora, ma come continuano a fare anche oggi in maniera pratica non pochi cristiani. Se la Quaresima è tempo di ascolto/preghiera e di conversione/riconciliazione la liturgia c’invita a non chiudere il cuore alla verità e all’amore che Cristo annuncia come fulcro centrale del suo messaggio di salvezza. Giovanni riprende qui il Salmo 68/69: «Lo zelo della tua casa mi divora», che è il sofferto lamento del perseguitato a causa della sua fede, lo pone però al futuro: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà» (2,17) un modo di annunciare la persecuzione che lo attende e, dopo di lui, toccherà a tutti coloro che intendono seguirlo fedelmente. Siamo all’inizio del vangelo ma già s’intravede il processo e la condanna a morte dell’Innocente e il martirio di tanti suoi fedeli discepoli nel corso dei millenni. Quanto vero suona allora il grido del profeta: «L’amore per la tua casa sarà il mio tormento».
3. Per quale ragione Gesù crocifisso può essere davvero lui il Messia? In questa nostra epoca non è fuori luogo tale domanda considerando che aumenta a dismisura la perdita della consapevolezza che Gesù morto in croce e risorto sia l’unico salvatore dell’universo e questo rischio purtroppo esiste anche dentro le nostre comunità. Senza accorgersene si può giungere a perdere l’essenziale della fede quando si insiste sui valori cristiani – il cristianesimo come la via per essere buoni e fare il bene –, ma non si torna a proclamare chiaramente il fondamento della fede che è Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Una grande lezione ci viene, nella seconda lettura dell’odierna liturgia, dall’apostolo Paolo che ha consacrato ogni energia fisica e spirituale all’annuncio che Gesù di Nazareth è il Messia. Si rivolgeva con abilità a ebrei e pagani perché, per le sue origini, conosceva bene il mondo ebraico e le Scritture, ma avendo vissuto gli anni della gioventù con la sua famiglia a Tarso, quindi fuori d’Israele, era ben introdotto anche nel mondo greco. Proprio per questo riuscì a intercettare le difficoltà degli uni e degli altri annunciando un Messia crocifisso scandalo per i giudei e follia per i greci. [...]
4. Per Paolo qui c’è un amore che va fino alla croce e la croce non deve scandalizzarci perché è il luogo dove Gesù si rivela e ci libera. [...] Cari fratelli e sorelle, non dobbiamo dimenticare che la nostra testimonianza cristiana si offre senza difese perché ogni ragionamento non riuscirebbe a condurre nessuno alla fede davanti al mistero di un Dio che si manifesta con il volto sfigurato di Cristo crocifisso tra due ladroni. I ragionamenti intellettuali crollano come castelli di sabbia e quando con ogni buona volontà cerchiamo di convincere della fede cristiana gli altri senza riuscirci, non dobbiamo inquietarci per la nostra incapacità, perché è un’incapacità strutturale trattandosi di un mistero che è molto più grande di noi. E questo lo riconosciamo proclamandolo nel cuore di ogni celebrazione eucaristica quando il celebrante annuncia «Mistero della Fede» e l’assemblea risponde: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta».