Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni Paolo II a cura di Ermes Dovico
Intervista / Don Podlewski

«Cristo, amore e verità: il segreto della comunicazione di Wojtyła»

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Il segreto della comunicazione di san Giovanni Paolo II era il suo amore per Dio e l’uomo. Non badava all’immagine mediatica, ma a mettere al centro Gesù. La Bussola intervista don Tomasz Podlewski, responsabile della comunicazione della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo II.

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Ecclesia 22_10_2025

La memoria è importante, preziosa. Ed è così per san Giovanni Paolo II, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Un uomo, un papa, un santo che ha determinato la storia della Chiesa ma non solo. Quando si pensa a lui, le immagini del suo pontificato s’intrecciano in una rete di ricordi che non sono solo fotografie stampate nel passato. No, perché papa Wojtyła vive ancora oggi, grazie anche a chi cerca di mantenerne viva la memoria. Stiamo parlando della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo II nata il 16 ottobre 1981 con decreto dello stesso pontefice polacco. La Nuova Bussola ha intervistato il responsabile della comunicazione di questa importante istituzione, don Tomasz Podlewski, anche lui polacco. Il suo raccontare la figura di san Giovanni Paolo II affascina perché si sente che nelle sue parole c’è tanto amore, tanto “fuoco sacro” di chi ha nel cuore, davvero, la memoria del pontefice santo. A lui abbiamo rivolto alcune domande, soprattutto in merito al rapporto tra san Giovanni Paolo II e i media.

Don Podlewski, secondo lei, qual era il segreto della forza comunicativa di san Giovanni Paolo II?
La comunicazione di san Giovanni Paolo II può essere studiata da molteplici angolazioni: scientifica, retorica, teatrale, mediologica od omiletica. E in effetti esistono già numerosi studi in queste direzioni. Tuttavia, quando si legge, si ascolta o si guarda papa Wojtyła – anche a distanza di anni – si percepisce chiaramente, anche senza strumenti accademici, che la sua comunicazione possedeva qualcosa di profondamente toccante. Emanava una forza interiore che spesso non sappiamo definire con precisione, ma che sentiamo agire su di noi. Credo che il segreto della sua comunicazione fosse la prossimità: innanzitutto con Gesù, e poi con le persone. Questa doppia vicinanza generava un effetto unico: ogni suo messaggio diventava una catechesi. A volte si trattava di una “cripto-catechesi”. Non erano omelie né prediche, ma avevano una forza straordinaria perché erano autentiche, coerenti con la sua personalità, radicate nel suo amore per Dio e per l’uomo, e sempre orientate a trasmettere un valore. Giovanni Paolo II è sempre stato un servitore dei valori, mai di se stesso.

Giovanni Paolo II è stato un grande innovatore del dialogo tra Chiesa e informazione. Quali sono state le innovazioni più importanti?
Giovanni Paolo II non si limitava a considerare i media come un “areopago moderno” in senso teorico: li trattava concretamente come tali. Ha contribuito in modo decisivo a far sì che la Chiesa li vedesse come uno spazio di incontro con altre culture e religioni. I suoi discorsi – e persino i suoi gesti, come l’appello per la pace prima della Guerra del Golfo o la preghiera al Muro del Pianto – erano pensati come veri e propri messaggi mediatici. Una delle innovazioni più significative è stata la maggiore trasparenza e presenza mediatica del pontificato. Va sottolineato che fu proprio Giovanni Paolo II a nominare, per la prima volta nella storia, un laico come direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Un cambiamento epocale: la Chiesa ha iniziato ad affidare la comunicazione a professionisti del mondo laico. Non serve soffermarsi sulla prima e-mail inviata da un papa o sull’introduzione di Internet in Vaticano: sono fatti ben noti. Quel laptop da cui fu inviato quel primo messaggio è oggi conservato presso il Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II in Via Cassia 1200 a Roma, gestito dalla Fondazione Vaticana Giovanni Paolo II.

Qual è, secondo lei, la lezione più importante che il pontefice ci ha lasciato riguardo all'informazione?
Non ho alcun dubbio: ciò che conta non è l’immagine mediatica, l’efficacia, la persuasione o il successo comunicativo, ma Cristo: cioè l’unione tra verità e amore. La centralità della verità significa che i valori trasmessi sono più importanti degli obiettivi di immagine. La centralità dell’amore significa che, dall’altra parte del messaggio, ci sono persone vive, nostri fratelli. Verità e amore: Giovanni Paolo II non mentiva, non recitava. Come già accennato, anche se utilizzava le sue competenze comunicative e teatrali in modo più completo rispetto ad altri pontefici, lo faceva per esaltare la verità e servire l’amore. Non ha mai trasformato il Vangelo in un prodotto da vendere nei media. Questo è fondamentale. Ha dimostrato che il miglior strumento comunicativo è sempre secondario e deve essere subordinato ai valori: verità e amore, che per noi credenti si incarnano in Cristo.

E in generale, invece, quale lezione ha lasciato san Giovanni Paolo II per la Chiesa?
Personalmente – anche se ciascuno ha la propria “lezione preferita” del papa – fin dall’inizio mi hanno ispirato tre grandi temi della sua vita e del suo insegnamento. Primo: in Fides et ratio, Giovanni Paolo II scrive che «fede e ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità». Questo mi affascina profondamente: unire fede e ragione, non metterle in conflitto; vedere lo spirito e l’intelletto come realtà complementari, non antagoniste. Secondo: la sua capacità geniale di coniugare il divino e l’umano. Studiando Wojtyła, vedo che i suoi due grandi amori erano Dio e l’uomo. Mi insegna a guardare il divino con occhi umani e l’umano con occhi divini. Terzo: la sua apertura. I suoi orizzonti ampi, l’invito rivolto ad artisti e scienziati a dialogare con la Chiesa, il lasciarsi ispirare dal loro sguardo. Mi colpisce l’idea dei seminari a Castel Gandolfo, dove invitò anche Stephen Hawking. Il papa affermò che l’antropologia cristiana si arricchisce con i risultati della psicologia. Non c’era la pretesa che la Chiesa avesse sempre ragione. Giovanni Paolo II non solo insegnava: sapeva anche ascoltare in modo straordinario. In sintesi, era così vicino a Dio e così vicino agli uomini da non temere il mondo. E la sua apertura al mondo non ha mai indebolito la dottrina o il Vangelo. Un maestro. Semplicemente, un maestro.

Quali iniziative la Fondazione Vaticana Giovanni Paolo II sta promuovendo?
Abbiamo molto a cuore diverse missioni: il supporto agli studenti attraverso programmi di borse di studio, la promozione della scienza e della cultura cristiana, l’accoglienza dei pellegrini a Roma e la documentazione del pontificato di Wojtyła. Attualmente la Fondazione assegna oltre cento borse di studio all’anno e ha già contribuito alla formazione di più di mille laureati magistrali e decine di dottori. Gestisce tre istituzioni: la Casa dello Studente a Lublino, la Casa del Pellegrino a Roma e il Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II. È uno dei primi e più grandi centri scientifici al mondo dedicati all’insegnamento del papa polacco, con oltre 30.000 volumi e 20.000 oggetti museali catalogati. La Fondazione concede numerosi patrocini a istituzioni ed eventi in tutto il mondo e collabora con ambienti accademici in Europa e oltre. Co-organizziamo mostre, concerti e incontri con autori. All’inizio di ottobre, papa Leone XIV ha benedetto una mostra – visitabile gratuitamente fino al 25 ottobre presso i Musei della chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma – che abbiamo co-organizzato con l’Istituto di Cultura San Giovanni Paolo II e con la Fondazione San Nicola e la Pontificia Università Angelicum. Siamo anche partner del programma JP2 Studies, realizzato presso l’Istituto di Cultura Giovanni Paolo II all’Angelicum. Dal 2024, la Fondazione assegna in Vaticano il Premio San Giovanni Paolo II e co-organizza le Giornate di San Giovanni Paolo II presso le Università Pontificie di Roma. Pochi giorni fa, il 18 ottobre, nel Palazzo apostolico, il cardinale Kurt Koch ha consegnato il nostro premio – a nome del Vaticano – all’eroico arcivescovo Jacques Mourad della Siria. Da quest’anno, siamo anche co-organizzatori di campi teologici in montagna per studenti, dove si uniscono escursioni alpine e studio del magistero del papa, favorendo la formazione di giovani intellettuali cattolici. Stiamo preparando anche scuole estive a Roma per studenti provenienti da tutto il mondo.



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