Crisi della famiglia e della natalità, l'Europa dorme
Nei Paesi dell'Ue, non solo si fanno sempre meno figli, ma ci si sposa sempre meno. Stiamo entrando in una nuova era? Di sicuro le nostre istituzioni, italiane ed europee, non se ne sono accorte. Oppure scelgono di non occuparsene, promuovendo politiche per la famiglia incoerenti o adattandosi all'idea di un invecchiamento inevitabile
Mettere al mondo figli, meglio accogliere nel mondo il dono dei figli, non è più di moda in Europa, troppo serio, definitivo e difficile per chiunque non abbia coscienza che, in fondo e all’inizio di questo impegno definitivo, c’è una chiamata e una responsabilità verso Dio. Così non resta che registrare la tragedia che si consuma da anni, emersa dai recenti dati di Eurostat sul 2018. I Paesi dell'Unione Europea (UE) con il maggior numero di matrimoni rispetto alla popolazione sono stati Cipro (7,8 matrimoni per mille abitanti), Romania (7,4), Lituania (7,0) e Lettonia (6,8). A questi sono seguiti Malta (5,8), Slovacchia (5,7) e Danimarca (5,6). Al contrario, i tassi di matrimonio più bassi sono stati di circa 3 matrimoni per mille abitanti, segnalati in Lussemburgo (3.1), Italia (3.2) e Portogallo (3.4) e seguiti da Spagna, Francia (dati 2017) e Slovenia (tutti 3,5). Come abbiamo ben descritto più volte su La Nuova Bussola Quotidiana, la crisi dei matrimoni come la tragedia della denatalità colpisce tutti i paesi, inclusi i ‘mitologici’ paesi scandinavi, a cui molti guardano col solo paraocchi ideologico del passato.
La mancanza di politiche famigliari, la loro schizofrenia, provvisorietà deprimono quel desiderio di stabilità ed impegno che i giovani europei, nonostante tutto, continuavano ad avere in grande maggioranza sino a 15 anni orsono si va spegnendo sempre più per ragioni economiche (precarietà ed incertezza di futuro), culturali (non c’è mass media che ne ricordi la fondamentale importanza), sociali (sono caduti quasi ovunque i giusti privilegi riconosciuti dagli Stati ai matrimoni e alla famiglia, di fatto resi identici a quelli delle unioni civili o ‘di fatto’).
L’Italia, manco a dirlo, nonostante l’urlo educato e fermo del Presidente della Repubblica sulla gravità della estinzione e della denatalità nazionali, vive questo disfacimento della coesione sociale e civile progressivo, con un atteggiamento superficiale. Siamo sotto la soglia dei 4/mille matrimoni dal 2009 e da 6 anni superiamo il 3/mille. In Grecia dove si è vissuta dal 2013 ad oggi, la maggiore crisi distruttiva della storia, i matrimoni degli ultimi 6 anni sono in media oltre 4,5/mille. Si deve riflettere seriamente e presto sul da farsi, non è un solo compito della politica, ma tutti i soggetti pubblici, sociali, religiosi e civili devono presto affrontare questa epidemia che elimina bambini e famiglie italiane, ben più grave del peggior contagio da ‘coronavirus’ e che sta producendo paure, individualismo, divisioni e perdita netta di futuro. Perdere famiglie stabili, a partire dalla diminuzione di matrimoni, è anche una sfida educativa cruciale, perché meno matrimoni e famiglie significa una perdita secca di capitale umano, famigliare e comunitario per l’intera nazione. A questa sfida si deve rispondere, rimanere in silenzio ed inerti è da vigliacchi. La crisi del matrimonio, unita a quella della natalità, su cui ci siamo già soffermati recentemente, sono da un lato causate dalla liquefazione umana, oltreché sociale e culturale prodotte dal relativismo individualista, dall’altro provocano a loro volta (come fossero un volano) frammentazione, irresponsabilità, irrazionalità, menefreghismo… siamo alle porte di una epoca mai vista prima, peggiore di quella barbarica o tribale, dove sussistevano regole e senso di appartenenza di clan e tra clan. La clava aveva una sua morale, oggi siamo di fronte al nulla.
Paradossalmente e drammaticamente, né la stragrande maggioranza dei Paesi europei, né la stessa Europa vogliono affrontare la realtà come ci si presenta, né le sue cause vere. Si preferisce ironicamente impegnarsi curare i sintomi della tragedia in atto. Due esempi paradossali. Il primo, non avendo voluto affrontare di petto la tragedia della denatalità, ora l’Europa sta studiando come convincere i vecchi a tornare al lavoro. Non illudetevi di andare in pensione…"L’ingrigimento dell'Europa" (aumento degli anziani e della speranza di vita media) sembra avere un impatto significativo sulla maggior parte degli aspetti della società e dell'economia. Perciò il ‘Fondo sociale europeo’, che è principale strumento per sostenere i aiutare le persone a trovare posti di lavoro migliori e garantire opportunità di lavoro più eque, si sta impegnando per convincere i vecchi a tornare al lavoro. "Penso che viviamo in una situazione in cui abbiamo molte sfide legate agli sviluppi tecnologici e all'invecchiamento della popolazione “, ha detto recentemente il vicedirettore generale della Commissione europea, DG Occupazione Andriana Sukova."Quindi dobbiamo agire. Dobbiamo usare i fondi per aiutare le persone ... dobbiamo aiutarli a trovare e affrontare nuove opportunità di lavoro, ma anche essere pronti per nuove relazioni di lavoro". Non è incredibile e, permettetemi, totalmente irragionevole, favorire la crisi della natalità e poi dire ai vecchi di lavorare sino alla morte?
Il secondo tragico esempio ci viene dal prossimo Piano Europeo per combattere la povertà infantile, nel quale il termine famiglia e famiglie fondate sul matrimonio, è quasi totalmente assente. Incredibilmente 22,7 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà o esclusione sociale in tutta l'Unione europea. “Questo è inaccettabile per una delle regioni più prospere del mondo”. Annunciando la propria intenzione di sviluppare un piano per la lotta alla povertà infantile, la Commissione Von Der Leyen ha giustamente riconosciuto “l'importanza di affrontare questo problema”. E’ noto a tutti che la povertà infantile abbia molte cause, prima fra tutte la instabilità famigliare, la coabitazione, la rottura dei matrimoni. Non è assurdo investire nella lotta alla povertà infantile e, nello stesso tempo, non limitare che si perpetui la povertà stessa? Se qualcuno ha un campanello che richiami la fine della ricreazione, faccia uno squillo. La Chiesa è tempo invece che faccia suonare le campane.