Covid da curare a casa: «In intensiva è un'altra malattia»
La necessità del potenziamento della cura domiciliare del covid si deduce anche dalle testimonianze dei medici di terapia intensiva: «Quando si entra in terapia intensiva è tardi, ci troviamo a curare una malattia diversa dal covid», spiega il professor Andrea Zanoni del Sant'Orsola di Bologna. «Nella seconda fase il danno polmonare non lo fa il virus, ma lo fa lo stato infiammatorio dell’organismo che attacca sé stesso».
«Quando si entra in terapia intensiva è tardi, ci troviamo a curare una malattia diversa dal covid». Il professor Andrea Zanoni è direttore della Terapia intensiva covid dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna e del coronavirus ha capito che si comporta diversamente a seconda delle fasi che attraversa. È per questo che un’intensificazione della terapia domiciliare è indispensabile, proprio per evitare l’ingresso della malattia nella sua seconda fase, dove gli specialisti delle intensive come Zanoni si trovano a curare una malattia diversa da quella di partenza.
Ci spiega meglio dottore?
Questa malattia ha due fasi: la prima fase ha sintomatologia tipica dell’influenza ed è legata agli effetti diretti dell’attività del virus nel nostro corpo: mal di gola, mal di testa, assenza di gusto, febbre etc…
E la seconda?
Nella seconda il danno polmonare non lo fa il virus, ma lo fa lo stato infiammatorio dell’organismo che attacca sé stesso.
La ormai “famigerata” tempesta di citochine…
Ebbene. Questa seconda fase non è più sostenuta dal virus, ma dall’organismo che allora ha bisogno di essere aiutato con farmaci adeguati per rinforzare la risposta immunitaria. Ecco perché in questo stadio una terapia antivirale è inefficace, ma servono molecole immunomodulanti. Abbiamo visto che l’intervento rianimatorio è tanto più efficace quanto più è fatto al momento giusto.
Immunomodulanti che non si possono somministrare a domicilio?
Durante la cura a casa non c’è stata ancora la cascata, non c’è ancora niente da combattere.
Di che tipo di molecole si tratta?
Sono nuove molecole di immunomodulanti: molecole che riducono la produzione di interluchina, che è una molecola della cascata dell’infiammazione e che mantiene attiva l’infiammazione. Ebbene con queste molecole andiamo a ridurre la produzione di interluchina.
Quindi anche in questo caso non si tratta di molecole che combattono il virus?
Non esiste una molecola che guarisca dal covid, men che meno che guarisca in qualunque stadio della malattia.
È lo stesso meccanismo della clorochina?
Sì, ma noi non la usiamo.
Perché nel secondo stadio non dà particolari benefici…
Anche perché sappiamo che può avere effetti sul ritmo cardiaco.
Eppure, è una molecole di grande sicurezza certificata da quasi cento anni…
Si, ma usandola su una vastità di popolazione, metti 500mila casi, il rischio potrebbe essere quello di un aumento di effetti aritmogeni. E credo che sia per questo che l’Aifa l’ha sospesa.
Resta comunque un farmaco sicuro e senza effetti durante la fase di cura precoce a domicilio.
C’è una grossa differenza tra la terapia a domicilio del covid e quella in ospedale e a maggior ragione in terapia intensiva. Non ho il polso delle cure a domicilio.
In che situazione è la vostra terapia intensiva?
Sono state create tre terapie intensive e due sono esclusive covid, questo ci ha permesso di tenere “pulite” le altre terapie intensive dell’ospedale, cosa che non eravamo riusciti a fare nella fase uno, come tutti gli altri ospedali del resto.
Quanti pazienti avete?
Ad oggi su 24 letti, ne abbiamo occupati 20 (l’intervista è stata fatta il 24 novembre ndr). Poi abbiamo un ulteriore “serbatoio” con 14 letti che è vuoto.
E il tasso dei decessi?
Sotto il 10%.