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IL RITORNO DI ZEN

«Così il Vaticano fa fuori la Chiesa in Cina»

In una lunga intervista a un giornale online di Taiwan, il cardinale Joseph Zen torna sugli accordi segreti Vaticano-Cina e denuncia le manovre del Segretario di Stato, cardinale Parolin, per ottenere un successo diplomatico a spese dei cattolici cinesi. Con papa Francesco? "Un rapporto meraviglioso, però non risponde alle mie lettere. E tutto va nella direzione opposta ai miei suggerimenti".

Libertà religiosa 06_12_2019
cardinal Zan

Un giornale online di Taiwan ha pubblicato un’intervista al cardinale Joseph Zen, centrata sia su quello che sta accadendo a Hong Kong, sia sull’accordo e i rapporti fra Cina e Vaticano. L’intervistatore, Nicholas Haggerty, è partito da Hong Kong, e il card. Zen gli ha detto che il governo di Hong Kong e il governo centrale di Pechino sono astuti, quindi gli studenti devono essere pronti ad affrontarli. Il porporato ha sottolineato che "è tempo che le generazioni più anziane si uniscano ai più giovani".  Zen ha partecipato alla marcia nei più grandi raduni di giugno, ma da allora ha svolto un ruolo di supporto, come uno dei cinque fiduciari responsabili di un grande fondo umanitario di assistenza per i feriti, per gli arrestati dalla polizia, per i perseguitati e anche per le famiglie colpite. Nella sua veste di cappellano ufficiale visita frequentemente la prigione e continua a scrivere sul suo blog personale.

Da Hong Kong Haggerty è passato all’accordo provvisorio Santa Sede-Cina.  Zen ha ripercorso la storia dei rapporti sotto gli ultimi Prefetti di Propaganda Fide – Tomko, Sepe, Ivan Dias, e soprattutto ha parlato del ruolo giocato dall’attuale Segretario di Stato, Pietro Parolin, sin da tempi di Benedetto XVI.

“All'epoca Pietro Parolin era il sottosegretario. Ciò significa che era il principale negoziatore. Non c'era una commissione, ma solo un membro della Segreteria di stato, in realtà il sottosegretario, che aveva contatti non ufficiali con la Cina, riferiva, faceva briefing alle riunioni segrete su tutto. Potevamo dare il nostro consiglio, ecc.
Ora sotto papa Benedetto, ha fatto due cose molto importanti. Una è scrivere una lettera alla Chiesa sulla Cina continentale dodici anni fa. Una lettera meravigliosa. Ma si può immaginare una cosa del genere, che la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, sotto Ivan Dias, abbia manipolato la traduzione cinese?!”.

E poi il Papa ha istituito anche una commissione. “Ora, tra Dias e Parolin, hanno fatto in modo che la commissione non funzionasse affatto. In primo luogo, hanno manipolato il lavoro della commissione. Poi la commissione non poteva deliberare nulla. Il Papa aveva solo loro da ascoltare, perché la nostra voce non poteva raggiungerlo. Come puoi costringere il Papa a leggere i verbali? Sono lunghissimi. Tre giorni di chiacchiere”.

A quel punto Il card. Zen ha preso l’iniziativa: “Quindi un giorno mi sono lamentato con il Papa. Dissi: «Mi hai fatto cardinale. Hai detto che avrei dovuto aiutarti con la Chiesa in Cina. Ma cosa posso fare? Niente! Niente. Hanno il potere. E non dici niente. Non mi aiuti, come posso aiutarti?». Sono stato molto scortese con il Santo Padre, ma era troppo buono, troppo gentile. Ma la commissione non solo ha difeso la traduzione sbagliata, ha difeso anche l'interpretazione sbagliata. Un'interpretazione errata che è girata per l'intera Cina. È terribile”.

"Poi è arrivato Francesco - prosegue il cardinale Zen -. Ora, mi spiace doverlo dire ma potrete concordare con me che egli ha poco rispetto per i suoi predecessori. Sta negando tutto quanto fatto da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E ovviamente sono tutti lì a dire 'in continuità, in continuità...'. Ma è un insulto, non c'è continuità".
Secondo Zen, “nel 2010, Parolin e Dias, hanno concordato con la parte cinese una bozza di accordo. E così tutti hanno iniziato a dire: 'Oh, ora sta arrivando un accordo, sta arrivando, sta arrivando'. All'improvviso, non si è più sentito niente. Non ho prove, ma credo che sia stato Papa Benedetto a dire di no. Non poteva firmare quell'accordo. E penso che quell’accordo firmato ora, debba essere esattamente quello che papa Benedetto ha rifiutato di firmare”.

Dal punto di vista personale, il cardinale Zen dice di avere con papa Francesco "una relazione meravigliosa, però non risponde alle mie lettere. E tutto quanto accade va in direzione contraria a quanto ho suggerito". Il porporato ricorda che in questo tempo ci sono stati tre eventi disastrosi: "Un accordo segreto, così segreto che non si può dire nulla. Non conosciamo il contenuto. Poi c'è stato il riconoscimento di sette vescovi scomunicati: incredibile, semplicemente incredibile. Ma ancora più incredibile è l'ultimo passaggio: l'eliminazione della Chiesa sotterranea".

"Ora hanno portato a termine il loro lavoro", dice amaramente Zen e si riferisce ai tanto discussi "Orientamenti pastorali circa la registrazione civile del clero in Cina" dello scorso 28 giugno. Si tratta di un documento inusuale, nota Zen, in quanto non è firmato da nessun dicastero o porporato, è semplicemente un documento della Santa Sede: 2Nessuno ha avuto il coraggio di prendersi la responsabilità".

Così il cardinale Zen è ripartito per Roma per poter incontrare il Papa: “Sono andato di nuovo a Roma. Per la terza volta. Sono andato a gennaio dell'anno scorso, ottobre dell'anno scorso e poi a giugno di quest'anno. Ho inviato una lettera alla residenza papale, dicendo: 'Santo Padre, sono qui a Roma. Vorrei sapere chi ha redatto quel documento. Il cosiddetto orientamento pastorale. E voglio discutere con lui su quel documento in tua presenza. Sono qui a Roma per quattro giorni, puoi chiamarmi in qualsiasi momento, giorno o notte'. Dopo un giorno, niente. Quindi ho inviato un'altra nota, ma questa volta con tutte le mie obiezioni al documento. Dissi: 'Sono ancora qui ad aspettare'. Quindi, dopo un altro giorno, qualcuno venne a dire: 'Il Santo Padre ha detto, qualunque cosa tu abbia da dire, dilla al Segretario di Stato, il Cardinale Parolin'. Ero furioso. Ho detto 'No! Non perderò tempo con quel tipo', dissi. Una vera perdita di tempo, perché non lo convincerei mai, e lui non mi convincerebbe mai. Vorrei che il Santo Padre fosse presente. Ma dal momento che sembra impossibile, va bene, andrò a casa a mani vuote. L'ultimo giorno sono andato in giro a pregare in qualche basilica e a visitare alcuni amici, anche il cardinale Tomko. Sono tornato a casa lì alle cinque. Dissero: 'Oh, il Santo Padre ti invita a cena insieme a Parolin'.
Sono andato lì per la cena. Molto semplice, noi tre. Pensavo che la cena non fosse il momento di litigare, quindi durante la cena dovevo essere gentile. Ho parlato di Hong Kong e Parolin non ha detto una parola. Quindi alla fine, ho detto: 'Santo Padre, che mi dici delle mie obiezioni a quel documento?'. Disse: 'Oh, oh, esaminerò la questione'.  E mi ha accompagnato alla porta. E poi, non sono tornato a mani vuote. Ho la netta impressione che Parolin stia manipolando il Santo Padre".

Nicholas Haggerty ha quindi chiesto cosa vuole Parolin. La risposta è stata: “Nessuno può esserne sicuro, perché è un vero mistero come un uomo di Chiesa, data tutta la sua conoscenza della Cina, dei comunisti, possa fare quel che sta facendo. L'unica spiegazione è che non si tratti di una scelta di fede, ma ricerca di un successo diplomatico. Vanagloria”.

Secondo il card. Zen la volontà di Pechino di controllare la Chiesa ha una ragione ben chiara: “Hanno molta paura di quello che è successo in Polonia. Lo dissero apertamente. Quando il Papa mi fece cardinale, il signor Liu Bainian [il vicepresidente dell'Associazione Patriottica, ndr) disse: 'Se tutti i vescovi in Cina sono come il cardinale Zen, diventeremo come la Polonia'. Hanno paura di quello”.