«Cosa dire quando...», un vademecum in caso di aborto
«Non è un essere umano»; «il corpo è mio»; «è solo un grumo di cellule». E in caso di stupro? Il vademecum di 40 Days for Life per rispondere alle più comuni obiezioni sull'aborto.

Il libro “Cosa dire quando – La nuova guida completa per discutere sull’aborto” vede la luce in seguito ai lunghi anni di battaglie verbali che i due autori, Shawn Carney e Steve Karlen, hanno condotto in difesa della vita nascente. Entrambi sono infatti legati al movimento 40 Giorni per la Vita (40 Days for Life) di cui Shawn Carney è cofondatore e presidente e per il quale Steve Karlen è direttore della campagna.
40 Giorni per la Vita si occupa di organizzare veglie di preghiera di 40 giorni davanti alle cliniche o agli ospedali nei quali si pratica l’aborto. Dalle inevitabili discussioni sorte a margine di queste veglie, oltre ai numerosi dibattiti e incontri nelle maggiori televisioni e radio statunitensi nasce questo vero e proprio “manuale” per aiutare i pro-vita nelle discussioni con i sostenitori della “libera scelta” e dell’aborto.
Il libro ha la sua genesi quindi sul “campo di battaglia”, ed ha per questo un taglio molto pratico e concreto che lo rende uno strumento prezioso per chi, anche nelle nostre latitudini, vuole impegnarsi in questa fondamentale opera di apostolato.
L’opera inizia con una considerazione molto acuta e importante, ossia su come oggi, rispetto agli anni Settanta, i termini del dibattito siano profondamente cambiati: «Passati sono i tempi dove si vedeva l’aborto come una questione tra la religione (Pro-Life) in contrasto con la libertà (Pro-choice). Infatti è diventata ora una questione tra Scienza (Pro-Life) ed emozioni (Pro-choice)» (pag. 2). Oggi, grazie al progredire delle conoscenze scientifiche, sono i pro-life ad appellarsi alla scienza per difendere la vita dei bambini non nati; hanno quindi ben ragione gli autori ad affermare che difendere la vita dovrebbe essere, in teoria, molto semplice.
Altro dato culturale mutato è la percezione della lotta contro l’aborto, che non è, e non è mai stato, una lotta di uomini prevaricatori contro donne indifese, ma, al contrario, una lotta che è anche in difesa delle donne: grazie alle numerose testimonianze delle donne che hanno abortito, nonché alla scoperta di una vera e propria sindrome post-aborto, è difficile continuare a sostenere che l’aborto procurato sia per il bene della donna.
Parlando della strategia da tenere nelle discussioni è importante riuscire a mantenere la calma, a non farsi intimorire, a non farsi sviare e soprattutto riuscire a costringere l’avversario sulla difensiva: infatti le varie forme aggressive dell’ideologia woke hanno messo i pro-life nella condizione psicologica di chi deve difendersi. È necessario ribaltare questa prospettiva e andare all’attacco, il che nei fatti vuol dire far riflettere l’interlocutore sulla realtà dell’aborto.
Molto opportunamente gli autori suggeriscono anche cosa non dire, gli errori da non commettere. Ad esempio, mai dire che noi crediamo che la vita cominci con il concepimento: noi, grazie alla scienza, sappiamo che la vita comincia dal concepimento. Mostrare così, spostando l’argomentazione dalla fede alla scienza, che sono gli abortisti a non essere dalla parte della scienza.
Vengono poi prese in esame e meticolosamente smontate tutte le più comuni pseudo-argomentazioni dei “pro-choice”; a titolo esemplificativo ne riporto alcune:
IL FETO O IL BAMBINO NON È UN ESSERE UMANO
Shawn Carney e Steve Karlen osservano che, grazie alle conoscenze scientifiche odierne, oggi sappiamo che fin dal primo momento del concepimento il feto o bambino «ha un genoma umano, 23 paia di cromosomi umani che compongono un unico DNA» (pag. 39); si tratta quindi di un essere umano vero e proprio. Inoltre, in esso «è in atto la divisione delle cellule. Il bambino in gestazione sta elaborando il suo nutrimento. Nessuna di queste funzioni biologiche avviene in entità non viventi» (pag. 38). È quindi un essere umano vivo dotato di dignità e diritti.
È SOLO UN GRUMO DI CELLULE, NON È AUTOCOSCIENTE
Noi tutti siamo grumi di cellule, solo un po’ più grandi. Per questo l’aborto altro non è che un atto di bullismo, di prepotenza, di prevaricazione del più forte sul più debole. Riguardo all’argomentazione della mancanza di coscienza, gli autori ribattono che neanche le persone in coma, addormentate, alcuni malati mentali o i bambini molto piccoli sono autocoscienti, ma non per questo cessano di essere persone umane; l’aborto è quindi a ben vedere un atto discriminatorio contro una categoria di persone, come purtroppo ce ne sono stati già nel corso della storia; ma «la discriminazione contro i piccoli, i vulnerabili e indifesi è la più pericolosa e disgustosa forma di discriminazione che c’è» (pag. 43).
IL CORPO È MIO E SCELGO IO
A questo slogan, così in voga tra le femministe e gli abortisti in genere, basterebbe rispondere che il bambino, pur essendo all’interno del corpo della madre, non è parte del corpo della madre ma dipende e in tutto da esso: «Ma i nostri diritti e la nostra dignità non cambiano in relazione a quanto siamo dipendenti da altri. Tutti i bambini rimangono dipendenti dalle loro madri per circa 20 anni dopo la nascita. Molti disabili adulti dipendono dai loro genitori […] ma mantengono il diritto alla vita» (pag. 55).
ABORTO IN CASO DI STUPRO
Gli autori non rifuggono di affrontare quello che è indubbiamente l’argomento di maggior impatto psicologico a favore dell’aborto. Non a caso anche alcune persone che si dicono contrarie all’aborto sono disposte a fare un’eccezione in caso di gravidanza causata da violenza carnale. Davanti a questo argomento si propone giustamente di non sminuire il trauma e la gravità della violenza subita e di solidarizzare con la vittima. In un secondo tempo bisogna poi separare il violentatore dal figlio: se parole di giusta e dura condanna vanno riservate al primo, al contempo si deve ribadire che «il bambino non è responsabile di nulla e non deve essere punito per il fatto di essere stato concepito a seguito di una violenza carnale […] la nostra dignità non dipende dalle circostanze in cui siamo stati concepiti» (pag. 79).
Oltre ai summenzionati esempi, Shawn Carney e Steve Karlen affrontano altri interessanti aspetti relativi all’aborto: dalla sua natura reale, cioè dal non essere una procedura medica, ai legami con le lobby del controllo della popolazione; dalla falsa idea che la contraccezione ridurrebbe l’aborto, ai rapporti tra l’aborto e il mondo della politica; dai misfatti di Planned Parenthood ai collegamenti tra la FIVET e le altre forme di riproduzione artificiale; insomma “Cosa dire quando” è un’importante opera da leggere ed assimilare per poter meglio servire la causa della vita in questo momento storico in cui un sottile spiraglio sembra essersi aperto.