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PACIFICO

Corea del Nord, il costo umano di un intervento

Una portaerei americana è diretta in acque coreane. E l'attacco missilistico che Trump ha lanciato contro la Siria può essere letto come un avvertimento anche a Kim Jong-un, il dittatore nordcoreano, contro le sue numerose provocazioni. Ma quanto costerebbe, in termini umani, un eventuale intervento in Corea del Nord? A causa delle armi di distruzione di massa del regime comunista, il costo sarebbe inaccettabile.

Esteri 12_04_2017
Test missilistico nord coreano

Trump minaccia di “risolvere” anche senza la Cina la questione nordcoreana e la sua amministrazione ha fatto chiaramente sapere di non avere come obiettivo la destituzione del regime comunista di Kim Jong-un ma di pretendere la rinuncia al programma atomico di Pyongyang.

Un obiettivo ambizioso perché la Corea del Nord è un osso più duro della Siria contro la quale la Casa Bianca sembra aver voluto effettuare la scorsa settimana solo un raid dimostrativo o punitivo per il supposto impiego di armi chimiche da parte delle forze aeree di Bashar Assad. L’interpretazione che vuole quel raid missilistico un monito diretto non solo ad Assad e Vladimir Putin, ma anche al dittatore nordcoreano Kim Jong-un solleva quindi qualche perplessità. A differenza di Damasco, che ha l’appoggio consistente di forze militari russe, la Corea del Nord non ha alcuna possibilità di contrastare incursioni missilistiche e aeree statunitensi a causa dell’arretratezza dei suoi radar, dei suoi missili antiaerei e dei suoi aerei da caccia, vecchi Mig e Sukhoi la cui efficienza è in dubbio e in ogni caso il loro impiego contro i caccia americani sarebbe un puro suicidio. Pyongyang in teoria potrebbe ricevere aiuti dalla Cina sotto forma di informazioni d’intelligence e supporto radar ma non è chiaro come reagirebbe Pechino ad un attacco statunitense al suo riottoso alleato. Un alleato spesso rivelatosi utile a stuzzicare gli Usa e i loro alleati nel Pacifico ma le cui provocazioni con test nucleari e missilistici hanno finito per giustificare il riarmo regionale dell’America e dei suoi alleati regionali che oggi costituisce un ostacolo agli ambiziosi disegni egemonici di Pechino sul Mar Cinese e negli arcipelaghi contesi con gli altri Stati rivieraschi.

L’esempio più eclatante (e nefasto per la Cina) delle conseguenze delle provocazioni nordcoreane è costituito dall’imminente schieramento in Corea del Sud del sistema anti missile americano Terminal High Altitude Area Defense (THAAD) in grado di intercettare i missili balistici a medo raggio di Pyongyang, ma anche di tenere sotto controllo un’ampia porzione dello spazio aereo cinese con il suo potente radar a lungo raggio. Pechino però non può rischiare il crollo del regime di Pyongyang perchè la riunificazione della Penisola Coreana sotto Seul porterebbe le forze americane ai suoi confini orientali.

Incapace di opporre una valida resistenza a un raid aereo e missilistico statunitense, la Corea del Nord è pero “inattaccabile” grazie ai suoi arsenali di armi di distruzione di massa. Armi atomiche e chimiche sviluppate proprio come deterrente contro attacchi dei nemici esterni del regime comunista. Una ventina di bombe atomiche lanciabili da aerei e forse anche da testate per missili che possono raggiungere obiettivi tra i 300 e i 9mila chilometri di distanza, quindi in grado di raggiungere anche parte del territorio statunitense oltre al Giappone, le basi Usa nel Pacifico e ovviamente la confinante Corea del Sud. Certo gli Usa avrebbero come obiettivo prioritario la neutralizzazione degli ordigni atomici, ma è evidente che, se una sola arma atomica sfuggisse a un attacco preventivo americano, Kim Jong-un avrebbe la possibilità di colpire i suoi nemici con un’arma devastante. I nordcoreani dispongono di lanciatori mobili per i loro missili balistici, alcuni dei quali sono imbarcati su sottomarini, quindi facilmente occultabili. Non si può inoltre escludere che Pyongyang attacchi per prima con armi di distruzione di massa, se maturasse la convinzione che un attacco americano è comunque imminente.

Tra il migliaio di missili balistici quelli a lungo raggio sembrano essere ancora pochi, sono invece molte decine quelli in grado di raggiungere il Giappone e diverse centinaia quelli in grado di colpire la Corea del Sud, vulnerabile anche ai razzi campali pesanti e ai proiettili d’artiglieria a lungo raggio schierati a ridosso dal confine del 38° Parallelo in postazioni scavate nella roccia difficilmente rilevabili e attaccabili dal cielo. Armi in grado di colpire, con migliaia di proiettili caricati con yprite e gas nervino, anche Seul, metropoli di 11 milioni di abitanti, distante poche decine di chilometri dalla frontiera.

Se i sistemi di difesa antimissile schierati in Corea del Sud, Giappone e sulle navi americane che scortano la portaerei Vinson hanno buone possibilità di intercettare i missili balistici nordcoreani diretti verso le isole nipponiche, o ancora più lontano, nessuna arma potrebbe impedire l’olocausto chimico a Seul. Per questo la volontà annunciata da Trump di “risolvere” da solo la questione nordcoreana comporterebbe un prezzo che verrebbe pagato soprattutto dai sudcoreani.