Corbyn e il comunismo di ritorno nel Regno Unito
Alcuni dei consiglieri di Jeremy Corbyn, il leader laburista britannico, sono ex membri del Partito Comunista. E si vede. Il programma del nuovo Partito Laburista sembra un tuffo nel passato marxista, salvo le aggiunte del momento: diritti Lgbt, ecologismo radicale e una politica filo-islamica. Per il Guardian, "coglie lo spirito del nostro tempo"
I comunisti inglesi non credono ai loro occhi. Pensavano che la loro ideologia fosse morta sotto le macerie del muro di Berlino nel 1989, invece adesso hanno una chance di andare al governo, per la prima volta nella storia. No, non stiamo esagerando. Uno dei consiglieri del leader laburista Jeremy Corbyn è veramente un veterano del Partito Comunista britannico, si chiama Andrew Murray. Il direttore della comunicazione di Corbyn, Seumas Milne, è anch’egli un comunista. Lo stesso Corbyn, il leader più di sinistra della storia recente del Labour britannico, è un editorialista di lunga data del Morning Star, quotidiano socialista legato al Partito Comunista, discendente del The Daily Worker, ex equivalente inglese de L’Unità. Il congresso del Partito Laburista, svoltosi in questa settimana, ha consacrato la linea e la leadership di Corbyn. Se non fosse per le nuove mode (ecologismo, femminismo, Lgbt, di cui non si parlava in passato), parrebbe di assistere a un ritorno agli anni ’70, quando la sinistra credeva ancora nel marxismo. La chiusura del congresso, con pugni alzati sulle note di Bandiera Rossa, pare una scena di un documentario di storia. Eppure ha molto successo, soprattutto fra i giovani di età universitaria o immediatamente successiva. “Corbyn coglie lo spirito del nostro tempo” titola l’editoriale (critico, per altro) del Guardian, quotidiano di riferimento della sinistra britannica.
Nel Manifesto del Partito Laburista, così come è stato ribadito nel congresso annuale di questa settimana, sembra che Corbyn abbia letto bene un manuale di economia degli anni '90 e 2000 e lo abbia sistematicamente ribaltato, rivalutando tutto ciò che nel passato recente è stato considerato sbagliato e rinnegando tutto ciò che è stato adottato per favorire la crescita. Se gli economisti suggeriscono di alleggerire il fardello fiscale per far lavorare le imprese, Corbyn promette di alzare le tasse sui “ricchi” e sulle grandi imprese. Vuol lasciare più autonomia fiscale agli enti locali, ma solo per favorire la crescita delle aliquote, evidentemente (e non a caso cita ad esempio la Scozia, che ha tasse più alte e maggior spesa pubblica rispetto all'Inghilterra). Anche perché intende cancellare tutta una serie di esenzioni che finora son servite ad attrarre capitali e imprese dall’estero.
Se gli economisti e l’esperienza recente hanno dimostrato tutti i limiti dei contratti collettivi nazionali, con uguali condizioni per tutti i lavoratori, a prescindere dalle caratteristiche delle loro imprese e della zona in cui vivono, Corbyn propone di abolire i contratti settoriali e tornare alla pura contrattazione collettiva nazionale. In genere, se dagli anni '80 in poi, era stato ridimensionato lo strapotere dei sindacati, che erano in grado di paralizzare per mesi l’intero paese, Corbyn vuole restituirglielo, facendoli tornare nelle aziende, nelle vertenze, nei contratti.
Se gli economisti e anni di crisi avevano dimostrato che un settore pubblico improduttivo poteva trascinare tutto il sistema paese nel baratro (il Regno Unito, fino agli anni ’70 era chiamato il “grande malato d’Europa”), Corbyn parla di nuovo di nazionalizzazioni. Vuole ri-nazionalizzare quasi tutto ciò che è stato privatizzato negli ultimi trent’anni, soprattutto vuole una scuola interamente gratuita (per gli utenti, non per i contribuenti) e nelle mani dello Stato. Vuole aumentare le pensioni, vuole servizi pubblici gratuiti per minori e anziani, vuole creare nuove infrastrutture.
Ma come pagare tutti questi sogni? Per Corbyn è necessario stampare moneta, tanta moneta. La chiama una politica di “Quantitative Easing del popolo”. Anche qui ignorando il possibile, pressoché inevitabile, effetto collaterale: l’inflazione. La Thatcher, a suo tempo, avvertiva che gli effetti dell’inflazione sono “peggiori di quelli di un esercito invasore”. Ma Corbyn, appunto, condanna la Thatcher e vuole invertire il corso della storia degli ultimi quarant'anni.
Cosa c’è di nuovo rispetto ai programmi laburisti dei tempi andati? Ci sono le nuove mode, appunto, che si chiamano soprattutto femminismo ed ecologismo. Sul primo punto, il programma di Corbyn promette molta più uguaglianza, tramite aiuti di Stato e il riconoscimento dei nuovi diritti. Il leader di sinistra si presenta come il campione della causa Lgbt. Non solo ha votato a favore del matrimonio gay e dell’adozione gay, ma è favorevole a un programma di (ri)educazione obbligatoria nelle scuole e nelle strutture sanitarie, per programmare la società verso la massima “inclusione” possibile. E’ il proseguimento della lotta delle femministe con altri mezzi.
Così come ha lo stesso odore delle battaglie degli anni '70 anche il programma della rivoluzione verde: 400.000 “posti di lavoro verdi, buoni e qualificati”, tramite un progetto senza precedenti di taglio delle emissioni di carbonio: 60% in meno nel 2030, zero nel 2050. Come si possa arrivare a zero emissioni è difficile capirlo, se non sostituendo interamente tutte le fonti energetiche attualmente usate con quelle rinnovabili. Ovviamente, essendo ancora in larga misura improduttive, le nuove fonti energetiche rinnovabili, necessarie per raggiungere questi obiettivi, saranno foraggiate dal pubblico, sempre a spese del contribuente.
Il momento è il suo, perché il governo di Theresa May è in crisi, poiché il suo piano per la Brexit è stato respinto da Bruxelles. Corbyn propone di ritornare al voto nel caso il Parlamento dovesse respingere il piano della May. Dal canto suo, si dice rispettoso del voto dei cittadini inglesi. Ma propone una Brexit talmente annacquata da non essere più considerata tale: vuole il mercato comune e l’unione doganale.
Il riallineamento alle politiche dell'Ue, è ben visibile anche sotto un altro aspetto: una politica estera sbilanciata a favore delle cause islamiche, a partire dal riconoscimento della Palestina. Accusato di antisemitismo anche all’interno del Partito Laburista, Corbyn, al congresso del partito si è difeso promettendo di sradicare la piaga dell’antisemitismo. Nel Regno Unito. Ma nel Medio Oriente, promuove apertamente la causa del BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele) e ha sdoganato politicamente persino movimenti terroristi come Hamas e Hezbollah, oltre ad aver appoggiato l’Iran contro le sanzioni. Tutti soggetti che mirano, esplicitamente, alla distruzione di Israele e all’uccisione o alla cacciata degli ebrei dal Medio Oriente. Da questo punto di vista, è molto “europeo”. E anche socialista vecchio stampo, un marxista che confonde ancora la causa dei jihadisti con quella della liberazione dei popoli dal colonialismo. Sarà questo, lo “spirito del nostro tempo”.