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SIRIA

Con Trump, tira brutta aria per i jihadisti siriani

Le milizie jihadiste siriane, non solo quelle affiliate al Califfato, iniziano ad essere in seria difficoltà. Trump, appena eletto, ha fatto sapere che la priorità è quella di combattere l'Isis, non Assad. Verrà a mancare l'appoggio americano alle milizie ribelli, in cui i jihadisti sguazzano. Intanto l'esercito di Assad contrattacca.

Esteri 14_11_2016
Aleppo, guerriglieri di Jabhat Fatha al Sham

Tira una brutta aria per le milizie jihadiste in Siria: non solo quelle dello Stato Islamico o gli ex qaedisti di Jabhat Fatah al-Sham (ex Fronte al-Nusra), o i gruppi salafiti e dei Fratelli Musulmani, ma anche per i cosiddetti ribelli moderati che si dichiarano tali ma combattono fianco a fianco con i jihadisti.

La prima pessima notizia giunge da Washington dove il presidente eletto Donald Trump ha affermato in un’intervista al Wall Street Journal che “non abbiamo idea di chi siano queste persone”, ribadendo un concetto più volte espresso in campagna elettorale, ovvero che l’obiettivo degli Stati Uniti è sconfiggere lo Stato Islamico non rovesciare il regime di Bashar Assad. “Riguardo alla Siria ho avuto una visione opposta a quella di molte persone. Il mio approccio è che si sta combattendo la Siria, la Siria sta combattendo l’Is e ci si deve sbarazzare dell’Is. La Russia ora è totalmente allineata con la Siria e ora c’è l’Iran, che sta diventando potente, a causa nostra, e che è allineato con la Siria” ha affermato Trump spazzando via forse definitivamente l’ambiguità che ha caratterizzato l’Amministrazione Obama nel conflitto in Medio Oriente. “Se si continuasse su questa linea - ha aggiunto il presidente eletto - “finiremmo con il combattere la Russia e combattere la Siria” che è il rischio che si sarebbe corso se avesse vinto Hillary Clinton il cui programma era imporre una no-fly zone sulla Siria.

Secondo il Washington Post, le dichiarazioni di Trump suggeriscono che il presidente potrebbe ridurre o abbandonare completamente il sostegno ai ribelli anti-Assad, gran parte del quale avviene attraverso la Cia e il territorio turco e giordano e che comprende anche missili anticarro Tow con cui fermare i tank di Assad. Questo non significa che Washington interromperà gli aiuti alle forze Democratiche Siriane, alleanza tra curdi siriani e tribù sunnite del nord invisa ai turchi ma che combatte l’Isis e sta avanzando su Raqqah, “capitale" del Califfato, con il supporto dei jet della coalizione e 300 Berretti Verdi delle forze speciali statunitensi.

Sul campo di battaglia le cose vanno ancora peggio per i ribelli siriani: le truppe di Assad hanno riconquistato tutte le zone occidentali di Aleppo, cadute di recente in mano ai ribelli che avevano lanciato un’offensiva per tentare di rompere l’assedio nei quartieri orientali. Lo hanno riferito gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), organizzazione vicina all’opposizione con sede in Gran Bretagna che ha reso noto come le forze del regime abbiano ripreso il quartiere sud-occidentale di Dahiyat al-Assad e il vicino sobborgo di Minyan. I ribelli e soprattutto Jabhat Fatah al-Sham, avevano lanciato una nuova offensiva a fine ottobre dopo quella che ad agosto gli aveva consentito di aprire per un breve periodo un corridoio per far entrare aiuti e rinforzi che poi era stato richiuso dal contrattacco governativo. Al tempo stesso circa 6 mila miliziani hanno cercato invano di rompere l’assedio attaccando la cintura esterna delle truppe siriane e delle forze loro alleate che comprendono iraniani. Hezbollah libanesi, militari e contractors russi e milizie scite irachene e afghane.

In pratica negli ultimi giorni sono stati azzerati tutti i progressi militari compiuti dagli insorti. Sempre stando all’Ondus i combattimenti in città sono costati la vita complessivamente a oltre 450 persone: un centinaio di civili, 143 militari e 215 ribelli compreso un imprecisato numero di foreign fighters. Al fallimento del contrattacco dei ribelli potrebbe seguire presto un’offensiva governativa, su vasta scala, tesa a riconquistare tutti i quartieri orientali in mano agli insorti e quindi a cancellare la presenza nemica dalla città. Un’operazione offensiva senza precedenti in questo conflitto alla quale parteciperebbero anche i bombardieri russi basati in Iran, le navi di Mosca giunte in vista della costa siriana tra le quali diverse navi dotate di missili da crociera Kalibr e una quindicina di caccia Sukhoi e Mig imbarcati sulla portaerei Kuznetsov che sui unirebbero ai velivoli russi basati in territorio siriano.

La prospettiva che le forze islamiste (non solo l’Isis) vengano rapidamente spazzate via dalla Siria si fa quindi più concreta anche se le monarchie arabe del Golfo, sponsor dei jihadisti, non resteranno certo a guardare di fronte alla rapida evoluzione dello scenario bellico siriano e alla una nuova intesa russo-americana.