Comunione in ginocchio, i nuovi discriminati
Ci risiamo. Un sacerdote ha rifiutato a un fedele la Comunione in ginocchio in un paesino delle Marche. La cosa finirà davanti al vescovo. Il quale non potrà non dare ragione al fedele umiliato. Anzitutto citando nell'ordine: Codice di diritto canonico, Istruzione Inaestimabile donum, istruzione Cei, atti del Culto divino e Redemptionis Sacramentum. Più le parole di Benedetto XVI e del cardinal Sarah. E nessuna di queste proibisce la Comunione in ginocchio.
Ci risiamo. Ogni tanto qualche sacerdote decide di essere particolarmente zelante e di imporre agli altri le proprie parziali sensibilità e convinzioni, soprattutto in fatto di celebrazione eucaristica.
Ad essere vittima di queste arbitrarie imposizioni, questa volta è toccato al signor Tullio Galluzzi, console della Repubblica del Senegal, devoto di San Giacomo della Marca (vedi qui), che si è recato al santuario di Monteprandone (AP), luogo di nascita del Santo, per partecipare alla Messa e ricevere la Santa Comunione. Il signor Galluzzi ha fatto quello che, secondo la sua stessa testimonianza, compie da quando era giovinetto, ossia ricevere Gesù Eucaristia in ginocchio. E fino ad ora nessun sacerdote ha mai pensato di rifiutargli la Comunione per un tale “oltraggio”. Forse perché la Chiesa non ha mai proibito di ricevere la Comunione in ginocchio, o forse più semplicemente perché hanno agito secondo un pizzico di buon senso: l’homo erectus è diventato sapiens proprio nel riconoscimento del proprio Dio e Creatore. Salvo involuzioni recenti.
Senonché, quando la sorte ha posto don Gian Luca Pelliccioni (in posizione eretta) di fronte al Galluzzi inginocchiato, il buon senso si è ritirato di fronte all’eccesso di fantasia. E di ideologia.
La difesa di don Pelliccioni è tutta da leggere: «Ho semplicemente invitato il fedele ad alzarsi con molta tranquillità e affetto; gli ho detto “il Signore ti vuole bene, tirati su”. Va puntualizzato che nel rito della comunione ci sono regole da rispettare e non viene previsto di mettersi in ginocchio. Senza dimenticare che tutto va contestualizzato, nel rito antico ci si metteva in ginocchio ma non era questo il caso. Non ho redarguito il fedele, anche se lui ha reagito male, l’ho solo invitato a tenere una posizione diversa e lui ha reagito male».
Non abbiamo motivo di dubitare dei modi gentili del sacerdote. Più di una perplessità sorge invece di fronte all’idea che la posizione eretta manifesti la comprensione che “il Signore ci vuole bene”, come a dire che chi si mette in ginocchio pensi di essere oggetto dell’ira divina. Una certezza, infine, si impone circa la conoscenza delle «regole da rispettare» da parte di don Pelliccioni: non le conosce.
Andiamo con ordine. Il principio generale del Codice di Diritto Canonico prevede che «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano ben disposti e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli» (can. 843 § 1); questo canone viene precisato in riferimento all’Eucaristia nel can. 915: «Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto». Don Pelliccioni ci deve spiegare se il porsi in ginocchio davanti alla Comunione possa essere ritenuto «peccato grave manifesto».
Seconda considerazione. Sarebbe interessante sapere dove sia scritto che prima della riforma liturgica la Comunione si doveva ricevere in ginocchio e dopo la riforma la si debba ricevere in piedi. Nel 1980, ossia abbondantemente dopo l’entrata in vigore del nuovo rito, la Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino emanava l’Istruzione Inaestimabile Donum. Al paragrafo 11 si può leggere che «la Chiesa ha sempre richiesto ai fedeli rispetto e riverenza verso l’Eucaristia, nel momento in cui la ricevono. Quanto al modo di accostarsi alla Comunione, questa può essere ricevuta dai fedeli sia in ginocchio che in piedi, secondo le norme stabilite dalla Conferenza episcopale». L’Istruzione precisa poi che l’atto di inginocchiarsi «esprime adorazione» (ossia il riconoscimento grato e umile che il Signore ci vuole bene...) e perciò non è richiesto nessun «altro segno di riverenza verso il santissimo Sacramento». Mentre invece, a quanti la ricevono in piedi viene richiesto «un atto di riverenza prima di ricevere il Sacramento». Giusto per contestualizzare.
Nove anni dopo, la XXXI Assemblea Generale Ordinaria della CEI emanò un’Istruzione sulla Comunione Eucaristica (delibera n. 56), nella quale non si proibisce affatto di ricevere la Comunione in ginocchio, ma si norma la modalità di ricevere la Comunione in piedi sulla lingua o sulle mani.
Nel 2002, in risposta alle lamentele di alcuni fedeli, la Congregazione per il Culto Divino (prefetto era allora il cardinal Medina Estévez) scrisse al vescovo della diocesi cui appartenevano i fedeli in questione, per dare dei chiarimenti: «La Congregazione è effettivamente preoccupata di fronte al numero di tali lamentele ricevute negli ultimi mesi da varie direzioni, e ritiene che qualsiasi rifiuto della Santa Comunione ad un fedele sulla base del suo modo di presentarsi sia una grave violazione di uno dei più fondamentali diritti del fedele cristiano [...]». La Congregazione richiamava proprio il canone 841 e chiariva che «anche ove la Congregazione abbia approvato norme sulla posizione del fedele durante la Santa Comunione, in accordo con gli adeguamenti ammessi alla Conferenza Episcopale dall'Institutio Generalis Missalis Romani 160 comma 2, ciò è stato fatto colla clausola per cui su tale base non si potrà negare la Santa Comunione ai comunicandi che sceglieranno di inginocchiarsi». Dunque, nessuna Conferenza Episcopale può proibire al fedele di inginocchiarsi per ricevere la Comunione. La Congregazione domandava inoltre al vescovo di indagare sui sacerdoti che avevano commesso questo abuso, precisando che «conviene ai sacerdoti il capire che la Congregazione terrà molto serio conto di future lamentele di tale natura, e se esse venissero verificate è determinata a richiedere azioni disciplinari consone al peso dell'abuso pastorale».
Due anni più tardi la stessa Congregazione emanava la più nota Istruzione Redemptionis Sacramentum, nella quale si ribadiva la possibilità di ricevere la Santa Comunione sia in ginocchio che in piedi e si chiariva ancora una volta che «non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi» (n. 91).
È noto come Benedetto XVI abbia favorito la recezione della Santa Eucaristia in ginocchio e, proprio l’anno scorso, l’attuale prefetto della Congregazione per il Culto Divino, il cardinale Robert Sarah, nella prefazione al libro La distribuzione della comunione sulla mano. Profili storici, giuridici e pastorali, esortava a «promuovere la bellezza, l’appropriatezza e il valore pastorale di una pratica sviluppata durante la lunga vita e tradizione della Chiesa, cioè l’atto di ricevere la Santa Comunione sulla lingua e in ginocchio». Oltre alla secolare tradizione di questo gesto e alla normativa disciplinare che abbiamo ricordato, il cardinal Sarah domandava di guardare alla grande pedagogia liturgica dell’Angelo di Fatima, che insegnava ai bambini a prostrarsi a terra dinanzi all’Eucaristia.
Ben a ragione, allora, il signor Galluzzi è determinato ad andare fino in fondo a questa vicenda, domandando al vescovo, S.E Mons. Carlo Bresciani, di essere ricevuto; se necessario, sarà doveroso anche rivolgersi alla Congregazione per il Culto Divino.
Nel libro intervista con Peter Seewald Luce del mondo, Benedetto XVI aveva ben chiaro il senso della sua decisione di dare la Comunione sulla lingua e in ginocchio: «Facendo sì che la Comunione si riceva in ginocchio e la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale [...]. Deve essere chiaro questo: È qualcosa di particolare! Qui c’è Lui, è di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio».
È così difficile da capire?