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TERRORISMO

Compagni che sbagliano. Per la seconda volta

L'ex terrorista Enrico Galmozzi
si "confessa" via Facebook. «Abbiamo combinato solo danni. Ma troveremo qualcosa di eroico anche in questo».

Attualità 13_07_2011
Enrico Galmozzi

 

Facebook è una delle tante realtà che incrementano il frastuono di fondo (e il logorio) della vita moderna. Come YouTube e le mille altre isteriche invenzioni che hanno l’inutilità qual comune denominatore. Le cose inutili di solito sono anche dannose (vedi per esempio, le pagine di bestemmie e i fotomontaggi porno della Madonna: non so se ci sono ancora; non oso guardare per non aumentare i "contatti") ma talvolta nel bailamme qualcosa d’interessante c’è, non si può negare.

Il "CorSera" del 3 luglio 2011 ha riportato la confessione amara di Enrico Galmozzi [nella foto], affidata appunto a Facebook e data in pasto ai "commenti". Galmozzi ha giustamente attirato l’attenzione dell’articolista Paolo Foschini perché non è uno dei tanti anonimi che cercano di ritagliarsi il loro "quarto d’ora di celebrità" tramite un social network. No, Galmozzi è stato uno dei fondatori di Prima Linea, insieme a nomi quali sergio Segio (oggi al fianco di don Mario Ciotti), Sergio D’Elia (poi parlamentare), Roberto Sandalo (di nuovo arrestato perché incapace di "reinserimento" alla grande come gli altri).

Galmozzi fa un bilancio dei suoi primi 60 anni (d’età): «Non ho combinato un c… A parte i danni». Lui e quelli come lui, ammette, hanno causato «immani disastri convinti di avere sempre ragione, avendo avuto invece sempre torto». Galmozzi, oltre alla banda armata, ha partecipato a due omicidi, un missino nel 1976 e un poliziotto l’anno dopo. «Da domani non chiedetemi più pareri su cose per le quali nutro ormai solo indifferenza. Sarà il mio piccolo contributo recato nella direzione di ciò che tutti noi dovremmo veramente fare: dileguarci». Evidentemente di pareri gliene chiedevano, a lui, che di “politica attiva” era esperto. Ma in un soprassalto di umana dignità ha mandato tutti i suoi interlocutori a quel paese, una buona volta.

C’è chi gli dice che il "cognitariato" - qualunque cosa sia - è «la cifra della nostra generazione impegnata e idealista». Lui: «In questo siamo sempre stati imbattibili: trovare nomi irresistibili per le minchiate che spariamo». Qualcun altro osserva che «i bilanci sono difficili». Lui fa notare che, «tanto, da quegli inarrivabili affabulatori che siamo sempre stati riusciremo a trovare qualcosa di eroico anche in questo». Magari - dico io - con l’aiuto di qualche regista cinematografico engagé, di quelli che sanno come raccontare, a chi non c’era, i tormenti esistenziali e ideologici dei robinhood alla Cesare Battisti, una lgenerazione impegnata e idealista» che fior di democristiani hanno “perdonato” e reimmesso in cattedra a fare l’unica cosa che sanno veramente fare: arringare il popolo. C’è scappato qualche morto ammazzato, è vero, qualche orfano, qualche paraplegico. Ma la “passione civile” di quegli Anni Formidabili non si deve spegnere. E pazienza se qualche perdente si chiama fuori sputando in faccia a tutti la verità. È un “compagno che sbaglia”. Per la seconda volta.