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a cura di Stefano Chiappalone

testimoni della fede

Commemorazione dei martiri: «una speranza piena d’immortalità»

A San Paolo fuori le Mura, nella festa dell'Esaltazione della Croce, il Papa commemora i fedeli appartenenti alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni cristiane che hanno pagato con la vita la sequela di Cristo.

Borgo Pio 15_09_2025
Foto Vatican Media/LaPresse 14 Settembre 2025

La croce, «speranza dei cristiani» e «gloria dei martiri»: con queste parole della liturgia bizantina Leone XIV ha iniziato la sua omelia durante la Commemorazione dei Martiri e Testimoni della Fede del XXI secolo, celebrata ieri a San Paolo fuori le Mura, nella festa dell'Esaltazione della Croce. Una preghiera ecumenica, con la partecipazione di esponenti di altre Chiese e confessioni cristiane e il ricordo di alcuni testimoni della fede: i cattolici suor Dorothy Stang e padre Ragheed Ganni, l'anglicano fratel Francis Tofi e «un bambino pakistano, Abish Masih, ucciso in un attentato contro la Chiesa cattolica» – «gli esempi sarebbero tanti, perché purtroppo», ha osservato il Papa, «nonostante la fine delle grandi dittature del Novecento, ancora oggi non è finita la persecuzione dei cristiani, anzi, in alcune parti del mondo è aumentata».

Leone cita l'enciclica Ut unum sint di san Giovanni Paolo II esprimendo la convinzione che «la martyria fino alla morte è "la comunione più vera che ci sia con Cristo che effonde il suo sangue e, in questo sacrificio, fa diventare vicini coloro che un tempo erano lontani (cfr Ef 2,13)"» e invita a ricordare «con lo sguardo rivolto al Crocifisso» tutti coloro che «a causa della loro testimonianza di fede in situazioni difficili e contesti ostili, portano la stessa croce del Signore: come Lui sono perseguitati, condannati, uccisi». Una tragedia, tanto che «secondo i criteri del mondo essi sono stati “sconfitti”», che tuttavia si carica di speranza: «una speranza piena d’immortalità, perché il loro martirio continua a diffondere il Vangelo in un mondo segnato dall’odio, dalla violenza e dalla guerra; è una speranza piena d’immortalità, perché, pur essendo stati uccisi nel corpo, nessuno potrà spegnere la loro voce o cancellare l’amore che hanno donato; è una speranza piena d’immortalità, perché la loro testimonianza rimane come profezia della vittoria del bene sul male».

Custodire la memoria dei martiri equivale allora a custodire il «seme di nuovi cristiani» e al tempo stesso il seme della futura unità tra i cristiani: «Possa il sangue di tanti testimoni avvicinare il giorno beato in cui berremo allo stesso calice di salvezza!».