Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ROMA

Come volevasi dimostrare: la manifestazione pro-Palestina è stata violenta

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La manifestazione pro-Palestina del 5 ottobre si è tenuta lo stesso a Roma, nonostante il divieto. Come si temeva, è stata violenta e ci sono 34 agenti feriti. Silenzio da parte della sinistra.

Politica 07_10_2024
Manifestazione pro-Palestina a Roma (La Presse)

Cosa ci si doveva attendere da una manifestazione pro-Palestina, due giorni prima del 7 ottobre, annunciata come una celebrazione della “resistenza”? La Questura di Roma l’aveva vietata, ma nella capitale hanno ugualmente partecipato al corteo in almeno 7mila, secondo fonti giornalistiche (5mila secondo la Questura, 10mila per gli organizzatori). Tutto tranquillo nelle prime ore, ma dalle 17,30 è scoppiata la guerriglia urbana, come si temeva. E il motivo del divieto era proprio quello, oltre che per l’apologia al terrorismo: evitare le infiltrazioni di anarchici e violenti, ampiamente previste.

La piazza pro-Palestina era stata convocata da Giovani Palestinesi Italiani e Unione Democratica Arabo Palestinese. Nel corteo erano ben visibili le bandiere di Cobas, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Cambiare Rotta, il collettivo studentesco protagonista delle occupazioni nell’ultimo anno. Dopo diverse trattative fra organizzatori e forze dell’ordine, le autorità hanno consentito che la manifestazione, che è iniziata all’ombra della Piramide Cestia, si muovesse verso viale di Porta Ardeatina. Non è stato invece dato il consenso di arrivare fino in Piazza Vittorio come avrebbero voluto. Ma proprio in questa fase delicata, vicino alla stazione di Roma Ostiense, decine di incappucciati, aggirando il servizio d’ordine e prendendo anche a spintoni chi cercava di trattenerli, si sono staccati dal corteo e hanno iniziato ad attaccare il cordone formato da Polizia e Guardia di Finanza.

Qui è iniziata la guerriglia urbana che si temeva. Gli agenti sono stati attaccati con lanci di bottiglie, sassi, bombe carta e pali della segnaletica divelti e usati come clave. Successivamente la Polizia ha dichiarato di aver trovato anche una molotov. Le forze dell’ordine hanno risposto con lanci di lacrimogeni e cariche con scudi e manganello. I numeri dimostrano la violenza dell’attacco: 34 agenti feriti, contro 3 manifestanti (di cui una ragazza ferita alla testa). «Il bilancio della manifestazione di ieri a Roma è di 4 persone fermate, tra cui una arrestata, e di oltre 200 allontanate prima dell’inizio. Di queste 51 con foglio di via in quanto gravate da precedenti per reati contro l’ordine pubblico», ha dichiarato su X il titolare del Viminale Matteo Piantedosi. Le persone con foglio di via arrivavano da Varese, Livorno, Campobasso, Brindisi, Napoli, Salerno, Torino, Firenze, Milano.

Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp, parla di una tragedia annunciata: «Come immaginavamo molti dei partecipanti alla manifestazione sono scesi in piazza con il chiaro intento di inscenare una guerriglia urbana contro le Forze dell’Ordine, violare le ordinanze e creare disordini». Anche Enzo Letizia, segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, denuncia: «Ancora una volta, la polizia ha dovuto fronteggiare situazioni di alta tensione in cui la violenza è stata premeditata e orchestrata da coloro che mirano a destabilizzare l'ordine pubblico (…) In questo contesto non possiamo ignorare il ruolo di quei professionisti del disordine che, in modo subdolo, alimentano un antagonismo estremo sul web e strumentalizzano queste manifestazioni per diffondere la loro propaganda. Sono i “colletti bianchi” della violenza».

Insomma, prima della manifestazione, quando era ancora aperto il dibattito se vietarla o no, quel che si temeva era “solo” l’apologia al terrorismo. E nella manifestazione non sono mancate bandiere di Hezbollah e slogan che inneggiavano esplicitamente alla distruzione di Israele. Ma dopo la manifestazione, a posteriori, si capisce che il motivo del divieto fosse anche di sicurezza e ordine pubblico. I difensori dei manifestanti (che abbondano fra i giornalisti) ritengono che sia stato il divieto ad aver scatenato la violenza. Se la manifestazione fosse stata legale, allora il corteo sarebbe stato pacifico. Ma davvero?

Pare di no. O almeno, così ne sono convinti al Viminale, dove una fonte riportata dal Ansa ritiene che: «da quanto avvenuto a Roma arriva la conferma della fondatezza delle ragioni poste alla base del divieto emesso dalla Questura». La decisione di vietare il corteo, spiegavano dal Viminale, «è scaturita sulla base di valutazioni di ordine tecnico, legate a specifiche informazioni acquisite nelle scorse settimane che lasciavano presagire rischi concreti per l’ordine pubblico».

Inoltre si sono evitate delle provocazioni che avrebbero creato danni ancora peggiori. I manifestanti volevano puntare al Ghetto, non lontano dalla Piramide, secondo le forze dell’ordine. Da ciò, «è scaturita la decisione inevitabile di vietare la manifestazione, soprattutto per evitare la formazione di un corteo per le vie di Roma che sarebbe stato difficilmente controllabile. Le immagini di oggi hanno confermato questa previsione».

Ignazio La Russa ha puntato il dito contro l’ideologia che era alla base dell’iniziativa: «Coloro che dicono di voler manifestare per la pace, in realtà inneggiano alla strage del 7 ottobre e sventolano bandiere di Hezbollah», ha dichiarato il presidente del Senato. E tutto il centrodestra si è schierato con le forze dell’ordine, esprimendo solidarietà agli agenti impegnati nella difficile azione di contenimento, soprattutto quei 34 che sono stati feriti in azione.

Quel che manca, da due giorni ormai, è una chiara condanna ai violenti da parte dei partiti di sinistra. Presso Schlein, Fratoianni e Conte tutto tace. Solo uno scarno comunicato, domenica, da parte del PD, in cui si esprime "solidarietà" agli agenti feriti e un'intervista in cui Elly Schlein ha pure il coraggio di definire il corteo di sabato "perlopiù pacifico". Fosse stata una manifestazione di destra, alla maggioranza sarebbe stato chiesto, come sempre accade, una pubblica presa di distanza, anche se la destra in questione è extra parlamentare ed estranea ai partiti di governo (si veda la reazione politica dopo il pestaggio di un giornalista da parte di Casapound a Livorno). La sinistra può invece permettersi il silenzio se partiti e movimenti di estrema sinistra si radunano sotto le bandiere di Hezbollah e dal corteo parte una banda di facinorosi che ferisce 34 agenti.

Questo silenzio non è casuale. La sinistra ha, al suo interno, una crisi di coscienza sul 7 ottobre e sulla guerra nel Medio Oriente. Ha una componente anti-sionista che scalpita perché si condanni Israele, ma non il terrorismo palestinese. Episodi come l’uscita del consigliere milanese Daniele Nahum dal Pd, o le dimissioni del presidente dell’Anpi Roberto Cenati, sono dovute proprio a questa presenza di forte anti-sionismo nei loro gruppi di riferimento, addirittura rafforzatosi dopo il 7 ottobre.