Come vive un prete in Qatar
Nel Paese che ospita i mondiali un sacerdote maronita racconta la sua missione in un Paese islamico. Libertà di culto solo all'interno della minoranza cristiana, composta esclusivamente da stranieri.
Libertà di culto e predicazione, ma solo all'interno del "perimetro" della minoranza cristiana, a fronte di un divieto assoluto di predicare ai musulmani e manifestare la fede in pubblico: è in sintesi il ventaglio delle possibilità concesse a un prete cattolico nel Paese a maggioranza islamica che ospita i mondiali di calcio. Catholic Herald riporta la testimonianza del sacerdote padre Charbel Mhanna, al servizio della comunità di rito maronita. In Qatar i cristiani in totale (cattolici e non) sono circa il 13% della popolazione, tutti lavoratori stranieri.
«Non è possibile predicare ai non cristiani o battezzare i loro figli, né convertire qualcuno da una religione all'altra», dice padre Mhanna. «Le processioni si possono svolgere solo all'interno del Qatar Religious Complex» (che include sei comunità differenti, cattoliche, ortodosse e anglicana). Soltanto lì si possono distribuire copie della Bibbia.
«È possibile portare la Comunione ai malati in ospedale e pregare nei cimiteri, sulle tombe dei non musulmani». E padre Charbel non riscontra nessuna censura: «Nessuno ha mai interferito sulle mie omelie». La celebrazione delle nozze è consentita dalla legge solo tra cristiani. Ma se un cristiano vuole sposare una musulmana? «Di solito li invitiamo a sposarsi in un altro Paese». E il vino per la Messa? Può acquistarlo con uno speciale permesso del governo presso l'unico negozio del Paese autorizzato a venderlo.