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MEDIO ORIENTE

Come tollerare il doppio gioco degli "alleati" islamici?

I talebani afgani hanno perso il loro Stato quasi 15 anni fa, ma sopravvivono e continuano a combattere contro i nostri contingenti militari. I fondi e il sostegno arrivano dagli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrein, teoricamente alleati "di ferro" dell'Occidente. E sono gli stessi che foraggiano le attività islamiche in Europa.

Editoriali 02_06_2016
Talebani

Dopo lo Stato anche i talebani afghani sembrano sopravvivere solo grazie ai fondi raccolti per loro nelle monarchie sunnite del Golfo, tra gli emirati stretti alleati dell’Occidente che foraggiano i nostri peggiori nemici.

A Washington fingono di stupirsi mentre in Europa l’argomento viene largamente ignorato, ma ormi le ambiguità degli “alleati islamici” mettono in imbarazzo i legami che connettono le cancellerie occidentali con le corti sunnite che acquistano armi per miliardi in Europa e Stati Uniti, ma non lesinano fondi ai movimenti jihadisti. Dopo la “scoperta” che le banche del Golfo hanno gestito molti milioni di dollari arrivati allo Stato Islamico, in molti casi in contanti triangolati dalla Turchia dal cui confine sono transitati almeno 50 mila combattenti dell’Isis e qaedisti de Fronte al-Nusra, le ultime notizie rese note dall’agenzia Bloomberg riferiscono di ampi finanziamenti ai talebani afghani dagli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrein, Stati membri del Gulf Cooperation Council, alleati di Usa ed Europa ma che hanno finanziato e continuano a finanziare i talebani afghani.

Niente male considerando che dal 2001 in Afghanistan sono morti 3517 militari alleati inclusi 2.381 statunitensi, 455 britannici e 54 italiani. Se consideriamo che in quel conflitto gli USA hanno speso 700 miliardi di dollari (7 di euro l’Italia) e che nei due emirati vi sono basi militari statunitensi, britanniche, francesi italiane (utilizziamo per compiti logistici un’area di un aeroporto ad Abu Dhabi) il peso delle rivelazioni di Bloomberg assume proporzioni ancora più rilevanti.Paradossalmente i dati sui fondi arabi ai talebani sono emersi pochi giorni dopo l’uccisione, da parte di un drone americano, del capo supremo dei talebano afghani, il mullah Akhtar Mohammed Mansour.

Bloomberg ha intervistato via telefono il portavoce dei talebani Zabih Allah Mujahid che ha confermato i numerosi viaggi all’estero effettuati da Mansour passando dal Pakistan e con la complicità dei servizi segreti di Islamabad. Mansour si sarebbe recato, fra gli altri, almeno 18 volte a Dubai per incontrare finanziatori locali del movimento estremista islamico. Non si tratta forse di fondi governativi forniti ai talebani ma è difficile ritenere che le autorità degli Stati arabi non fossero al corrente delle “collette” che si tenevano nel Golfo a favore dei talebani. Del resto non ci dovrebbe essere nulla di cui stupirsi considerato che il regime talebano che governò l’Afghanistan tra il 1996 e il 2001 era riconosciuto solo da Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

E non è forse vero che dagli stessi Paesi del Golfo giungono i finanziamenti alle moschee e ai circoli islamici wahabiti e salafiti presenti in Europa? Mansour, secondo altre fonti locali, avrebbe utilizzato un passaporto pakistano, con le false generalità di tale Wali Mohammed, per spostarsi all’estero in aereo recandosi con particolare frequenza negli Emirati Arabi Uniti e in Bahrain, con partenze e arrivi dall’aeroporto di Karachi. Una libertà di movimento impensabile senza la complicità del Pakistan e dei Paesi arabi che raggiungeva, specie considerando che il suo nome era stato inserito nella lista di embargo imposta dalle Nazioni Unite e che prevedeva il divieto di volare su aerei di linea in tutto il mondo.

Se confermata, la notizia spiegherebbe gli enormi fondi dei talebani che i servizi segreti occidentali attribuivano ai proventi del  traffico di droga, estrazione clandestina di metalli dalle miniere afghane, sequestri a scopo di estorsione e altre attività illegali. Le stesse valutazioni fatte oggi per lo Stato Islamico che riuscirebbe a sopravvivere grazie all’estrazione di petrolio dai pozzi occupati in Iraq e Siria e alla vendita clandestina di reperti archeologici, ma che più probabilmente gode dei fondi girati dalle banche del Golfo appartenenti alle monarchie arabe che hanno ufficialmente aderito alla Coalizione ma non sganciano una sola bomba contro l’Isis. Secondo il portavoce del talebani, il defunto leader mullah Mansour si era incontrato a Dubai con uomini d’affari afghani e di altre nazionalità arabe – senza specificare quali – per “discutere della nostra guerra santa, per raccogliere i fondi necessari alle operazioni dei talebani afghani per liberare l’Afghanistan dall’Occidente”.

Zafir Hashemi, vice-portavoce del presidente afghano Ashraf Ghani, riferisce che le autorità di Kabul stanno “compiendo le dovute indagini sui viaggi all’estero del mullah Mansour”, aggiungendo che finora non è possibile “fornire ulteriori informazioni al riguardo”. Intanto il ministero pakistano degli Affari Esteri, con una nota del portavoce Nafis Zakaria, ha confermato che una persona di nome Wali Mohammed era entrata nel Paese cinque ore prima della diffusione della notizia relativa all’uccisione del mullah Mansour, colpito nel Baluchistan pakistano mentre viaggiava a bordo di un taxi.