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MAGGIORANZE MUTEVOLI

Come la Lega prosciuga i consensi dei 5 Stelle

La campagna elettorale non è mai finita, dopo le elezioni del 4 marzo. Le europee si avvicinano e ognuno dei due partiti di governo cerca di portare a casa più consensi possibili. In questa fase di governo vince la Lega, che, stando ai sondaggi, diventa partito di maggioranza nazionale. Delude il M5S che risulta in calo ovunque.

Politica 28_11_2018
Di Maio e Salvini

Mentre il Quirinale richiama all’ordine gli alleati di governo rispetto al dialogo con l’Unione europea e mentre Bankitalia e altre autorevoli istituzioni europee e nazionali lanciano l’allarme recessione, le forze politiche italiane sono già in piena campagna elettorale.

Dopo il voto del 4 marzo scorso è partita una nuova rincorsa ai consensi, perché il 26 maggio 2019 ci sono le elezioni europee e perché il quadro politico italiano, nonostante il disgelo delle ultime ore con i commissari europei, rimane precario, tanto che molti commentatori (tra gli altri Paolo Mieli sul Corriere della Sera di lunedì) non escludono lo scioglimento delle Camere in tempi brevi e altri (Claudio Cerasa, sul Foglio di ieri) addirittura lo auspicano, ritenendolo comunque una soluzione migliore rispetto alla permanenza in carica dell’attuale governo sovranista-populista.

Ecco perché la guerra dei decimali riguardante il deficit è solo la facciata di una diatriba tutta interna ai Cinque Stelle e tra questi ultimi e la Lega per chi dovrà trainare l’esecutivo e avere la golden share nei prossimi mesi. Il tentativo di entrambi i partiti è quello di allungare i tempi per evitare che la procedura d’infrazione possa bloccare la liquidità e impedire l’attuazione di misure qualificanti per il contratto di governo, vale a dire il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni (quota 100). Il Carroccio è in una posizione di forza perché ha già dimostrato di fare sul serio sul fronte immigrazione e in queste ore sta portando a casa anche il decreto sicurezza. Non a caso i sondaggi accreditano il partito di Salvini di un consenso superiore al 36%, a fronte di un 27,7% dei grillini.

Questi ultimi sanno di giocarsi tutto sul reddito di cittadinanza, che però rimane un provvedimento nebuloso, oltre che controverso. Il vicepremier Luigi Di Maio ha lasciato trapelare nei giorni scorsi di voler procedere in tempi stretti alla preparazione delle schede da rilasciare ai beneficiari del sussidio (una platea stimata tra i 5 e i 6 milioni di persone). Ieri ha puntualizzato che non ci sarà nessuna marcia indietro su questo e che le eventuali concessioni a Bruxelles sulla manovra potranno riguardare al massimo alcuni tagli alla spesa, non l’erogazione dell’assegno ai poveri.

Evidentemente, però, queste rassicurazioni continue non bastano a frenare l’emorragia di voti dal campo dei Cinque Stelle, come attestano costantemente i sondaggi post-4 marzo. Gli elettori pentastellati, animati da rabbia anti-sistema e in molti casi da istinto di vendetta sociale verso tutto e tutti, mal digeriscono le meline e le alchimie che Luigi Di Maio e i grillini “governativi” accettano quotidianamente pur di resistere al governo con la Lega. Inoltre, l’episodio smascherato dalle Iene a proposito dei lavoratori in nero nell’impresa della famiglia di Luigi Di Maio ha a dir poco irritato la base pentastellata più ortodossa, moralista e giustizialista, che vorrebbe già un cambio alla guida del Movimento. Il fantasma di Alessandro Di Battista aleggia sempre di più sulla testa dell’attuale vicepremier. E i sondaggi potrebbero accelerare l’avvicendamento.

Anche perché una spiegazione dei flussi elettorali appare sempre più plausibile. La Lega continua a volare nei sondaggi sia per il carisma di Salvini sia per le ragioni prima menzionate, e cioè in particolare l’immediata percezione dei risultati delle battaglie leghiste. Difendere i confini, combattere l’immigrazione clandestina, assicurare più sicurezza ai cittadini non comporta costi ma produce benefici innegabili in termini elettorali. E viene apprezzato da un elettorato che è trasversale. Salvini ha smussato alcuni toni e si sta lentamente accreditando come leader gradito anche a molti moderati. In questo modo sta continuando a drenare voti dal bacino elettorale che gli è proprio, quello di centrodestra, svuotando Forza Italia e impedendo la crescita di Fratelli d’Italia, che pure ha un segretario donna e giovane.

Viceversa, i Cinque Stelle con l’attendismo di questi mesi, con un certo atteggiamento arrendevole nei confronti della Lega e con alcuni fallimenti nelle amministrazioni locali (vedi Avellino e Corleone, ma anche le votazioni on line per il candidato governatore sardo, che sono state ripetute perché il designato ha avuto guai giudiziari e si è dovuto fare da parte), hanno perso terreno sia tra i duri e puri, dai quali hanno ricevuto un voto di pura protesta sia tra le file del popolo di sinistra. Il 4 marzo il Movimento Cinque Stelle ha raccolto molti voti a sinistra, anche nel mondo della Cgil, oltre che in quello Dem, perché esisteva in quell’area una forte speranza nelle politiche sociali pentastellate. Oggi quella speranza ha lasciato il posto a una diffusa delusione per l’inconcludenza e la sterilità di certi proclami. Di Maio l’ha capito e sa bene che al massimo alle elezioni europee arriverà la resa dei conti per lui e per i suoi.