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UN NUOVO LIBRO

Come fu che il "team Bergoglio" guidò il Conclave

Un libro del vaticanista O’Connell, fornisce una ricostruzione dettagliata di come sarebbero andate le quattro votazioni in Cappella Sistina nel marzo del 2013. Si fonda su due fatti: la debolezza della candidatura di Scola già alla prima votazione (appena 30 voti) e il team Bergoglio che si riunì l'11 marzo a casa di un cardinale per preparare l'elezione.

Ecclesia 14_04_2019

E' uscito ieri negli Stati Uniti “The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History”. L'opera, realizzata dal vaticanista di "America" Gerard O’Connell, fornisce una ricostruzione dettagliata di come sarebbero andate le quattro votazioni in Cappella Sistina nel marzo del 2013. Alcuni estratti del libro sono stati pubblicati in anteprima dallo stesso giornalista sulla rivista dei gesuiti americani. Dopo aver descritto la fase iniziale successiva all’”Extra Omnes!” pronunciato da monsignor Guido Marini, il racconto di O’Connell passa addirittura a snocciolare i numeri: secondo la sua ricostruzione, al primo scrutinio ci sarebbe stata una vasta dispersione di voti con 23 cardinali (su 115 presenti) in grado di raccogliere almeno una preferenza.

Il più scelto sarebbe stato l’allora arcivescovo di Milano, Angelo Scola, con 30 voti; lo avrebbero seguito Bergoglio (26), Ouellet (22), O’Malley (10), Scherer (4). Secondo O’Connell, i presenti uscirono da quel primo scrutinio con delle indicazioni piuttosto chiare: “Scola – si legge nel libro - era l'unico candidato europeo forte in gioco per succedere a Benedetto” ma poteva contare su un consenso inferiore rispetto a “quello che era stato previsto alla vigilia”. I 30 voti raccolti dall’arcivescovo di Milano, scrive il vaticanista americano, avrebbero generato delusione tra i suoi sostenitori. Dall’altro lato, invece, le 26 preferenze conquistate sin da subito dal cardinale argentino lo qualificarono come “una sorpresa”.

Un altro aspetto evidenziato da O’Connell riguarda la presunta divisione dei porporati italiani, causa – a suo dire – della debolezza della candidatura di Scola. “Quel primo ballottaggio – scrive nel suo libro il vaticanista - sembrava indicare a molti elettori che il prossimo papa non sarebbe stato europeo; sarebbe venuto dalle Americhe”. E il giornalista di “America” confessa di aver avuto conferme in questo senso dal cardinale Oswald Gracias, il quale gli avrebbe confidato di aver creduto dopo quel primo scrutinio che “lo Spirito Santo (…) stava guidando (i cardinali elettori) in una particolare direzione”.

Dopo la fumata nera, racconta l’autore, molti porporati si sarebbero intrattenuti “in piccoli gruppi e conversazioni one-to-one” a Casa Santa Marta per discutere sui profili dei quattro principali nomi emersi. Il buon risultato di Ouellet non sarebbe passato inosservato e avrebbe portato diversi cardinali ad interrogarsi sulla possibilità di convergere su di lui. Un’opzione, quest’ultima, che sarebbe stata caldeggiata dal compianto cardinale Joachim Meissner: una fonte avrebbe raccontato a O’Connell che l’ex arcivescovo di Colonia sarebbe stato “visto in piedi fuori dalla porta della sua stanza, esortando gli altri elettori, ‘Vota per Ouellet! Bergoglio è troppo vecchio!’” Ma la candidatura dell’arcivescovo di Buenos Aires – a quanto scrive il vaticanista – prese comunque il volo negli scrutini successivi: a pesare sarebbe stato l’apporto compatto dei sudamericani e il sostegno dichiarato di porporati d’esperienza di cui vengono fatti anche i nomi: Maradiaga, Monswengo, Walter Kasper, Jean-Louis Tauran, Turkson, Gracias. I suoi “sponsor” avrebbero descritto Bergoglio come l’uomo giusto in virtù del suo “talento per il governo” e del fatto che – non avendo studiato né vissuto nella Città Eterna – fosse privo di “una prospettiva romana”.

L'autore parla di un "team Bergoglio" che lavorò all'elezione dell'argentino ancora prima dell'"Extra Omnes!", sebbene senza il consenso dell'attuale pontefice. I grandi animatori di questo club sarebbero stati Danneels, Kasper, Lehmann e  Murphy-O'Connor. Quest'ultimo, in particolare, pur avendo superato la soglia degli 80 anni avrebbe avuto una notevole influenza sulla scelta dei cardinali elettori e per questo viene definito "uno dei registi" grazie "alla sua rete di contatti in Vaticano e in tutto il mondo".

Non è la prima volta che emergono indiscrezioni sul ruolo del porporato britannico, ora defunto ma in passato al centro delle cronache mondiali per le accuse di abusi, nell'andamento dell'ultimo Conclave: ne aveva parlato anche Austen Ivereigh (suo ex segretario) nel suo "Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio", sostenendo addirittura che l'attuale papa fosse stato avvertito proprio da Murphy-O'Connor della possibilità di preparare il terreno per la sua elezione. Dell'esistenza di "registi" in grado di orientare in qualche modo le preferenze nel corso dell'evento più importante per la Chiesa ne parla, dunque, esplicitamente anche O'Connell che nel suo libro li descrive così: In ogni Conclave ci sono elettori che conoscono tutti ed altri che conoscono solo pochi...quelli che conoscono sono i kingmakers".

La casa editrice del libro dà grande enfasi a questa frase estratta dal testo del vaticanista di "America" al punto da sceglierla per la campagna di promozione su Twitter. Un'esaltazione che, dal momento in cui tra le attività svolte dai presunti kingmakers - a quanto dice O'Connell - ci sarebbero stati anche colloqui privati prima del Conclave come "un incontro cruciale tra cardinali" avvenuto l'11 marzo a casa di Attilio Nicora, appare discutibile perché non tiene conto del contenuto di alcuni paragrafi della Costituzione Apostolica "Universi Dominici Gregis". Nelle sue 270 pagine, “The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History” non descrive solo le fasi preparatorie e il primo scrutinio, ma anche gli altri tre (compreso quello finale) che avrebbero portato l’allora arcivescovo di Buenos Aires sul soglio pontificio.

Qualora quanto raccontato da O’Connell nel suo libro uscito ieri corrispondesse alla realtà dei fatti, la sua fonte (o le sue fonti) avrebbe violato l’obbligo di segretezza sull’andamento del Conclave. Nel famoso giuramento pronunciato in Cappella Sistina, infatti, i cardinali elettori promettono di “ osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l'elezione del romano pontefice e su ciò che avviene sul luogo dell'elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l'elezione del nuovo pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso pontefice”.

Non è la prima volta, però, che indiscrezioni così approfondite sullo svolgimento dei lavori di un Conclave filtrano attraverso la stampa: già nel settembre del 2005, infatti, il vaticanista Lucio Brunelli pubblicò su “Limes” stralci del diario di un cardinale in cui venivano appuntati i numeri delle votazioni che portarono all’elezione di Benedetto XVI. Proprio quel testo fece conoscere al grande pubblico mondiale il nome di Jorge Mario Bergoglio, lì indicato come il secondo candidato più votato per succedere a San Giovanni Paolo II, superato però da Joseph Ratzinger.