CRONACA
Come è difficile reagire alle violenze quotidiane
Due gravi fatti di cronaca accaduti ieri a Milano fanno capire quanto sia pericoloso tentare di intervenire in nome della giustizia e della dignità.
Attualità
04_07_2011
Cronaca locale di un giorno a caso, il 3 luglio 2011. Milano: mamma 46enne accoltellata in una frazione dell’hinterland, è grave. Il fatto: la donna vede un uomo orinare coram populo nel piccolo parco dove giocano i bambini, lo rimprovera e quello la pugnala cinque volte. E’ un macellaio salvadoregno che va in giro con un lungo arnese del mestiere alla cintura.
Fatto due, in centro città, ore 22,45: due immigrati molestano pesantemente un prostituta romena che passeggia in attesa di clienti; un tale vede le scena e interviene a difesa della ragazza; riesce ad allontanare i molestatori sfoderando una pistola giocattolo ma commette l’errore di attardarsi a rimproverare la romena per il suo abbigliamento. Il quale è senz’altro ai limiti dell’osceno, come non fatichiamo a immaginare. L’errore è questo: qualcuno ha visto e chiamato la polizia, che denuncia il “moralista” (così il Corsera) per minacce a ignoti.
Qual è l’insegnamento che può trarsi da questi avvenimenti? Semplice: imparare a farsi i fatti propri. Reagire al male in tempi di buonismo non paga, anzi. Nel caso in questione (il primo), anche se la povera donna dovesse sopravvivere, cinque profondi colpi con un attrezzo da macellaio lasciano strascichi che talvolta durano una vita. L’aggressore starà qualche tempo di carcere e poi “si rifarà una vita” perché il buonismo è ormai un’industria con migliaia di addetti tesi al “recupero” e al “reinserimento” dei cattivi. Nel secondo caso in questione, se vedete qualcuno in difficoltà, voltatevi dall’altra parte e lasciate che gli abitanti della jungla si arrangino. Le prostitute hanno i loro protettori, ci pensino loro. E poi, cosa vi salta in mente di rimbrottare una peripatetica per come va (s)vestita? Ha la sua dignità, perdinci, e il Quinto Emendamento è dalla sua. Un aneddoto personale: nato nel Sud tanto, tanto tempo fa, da piccolo sentivo dire che, a Milano, se la gente vedeva uno steso sanguinante a terra lo scavalcava.
Nei paesini sudisti del secolo scorso la mancanza di solidarietà umana dei grandi centri urbani del Nord destava ancora scandalo. Cinismo da industrializzazione, individualismo disumanante. Ma non era la grande città a produrre questo, basta vedere uno dei tanti film di Anna Magnani ambientati a Roma. Né era il progresso “industriale”, che, anzi, è di suo atto a moltiplicare le possibilità di vestire gli ignudi e sfamare gli affamati. No, è ormai la filosofia politicamente corretta a incentivare l’egoismo e il rinchiudersi nella propria chacunnière. Proprio a Milano, e nel Terzo Millennio, ho personalmente sperimentato l’induzione a scavalcare il mio prossimo giacente. Passavo, di mattina, per un parco-giochi per bambini, vidi un tizio bocconi su una panchina, immobile. Feci spallucce, magari dormiva.
Ripassai l’indomani, stessa ora: era ancora lì, nella medesima, esatta posizione. A quel punto, allarmato, estrassi il cellulare che chiamai il 118: signorina, qui c’è uno che sembra morto. Risposta: se ne accerti. Io? Sì, lei. Va bene. Mi avvicinai per toccare il “morto” ma quello, che era vivo, si voltò a metà, mi guardò storto e mi disse seccamente di farmi i fatti miei (il linguaggio, in verità, era diverso ma la decenza mi vieta di riportarlo pedissequamente). Io, ancora collegato con la signorina del 118, comunicai il cessato allarme e me ne andai con una ricarica telefonica praticamente dimezzata. Mentre mi allontanavo, mi chiedevo: e se quello lì fosse stato un fuori di testa (drogato, ubriaco, pazzo tout court) e mi avesse rifilato una coltellata? Cosa, poi, non così inverosimile, stando a quel che è successo alla mamma 46enne dell’hinterland. Da allora il mio personale impegno di cattolico credente e praticante si dibatte nel dubbio: imparo a fregarmene del prossimo o no? E se sono nel dubbio io, figurarsi gli altri.