Combattono i matrimoni infantili per i motivi sbagliati
Il summit internazionale sulla pianificazione familiare, tenutosi a Londra, festeggia il minor tasso di fertilità in tutto il mondo. Fra i rapporti c'è anche quello di Banca Mondiale e i Icrw sui matrimoni infantili. odevole lo sforzo per contrastare questa pratica inumana. Ma lo si fa per i motivi sbagliati e senza capirne le cause.
Metà degli stati del mondo presentano un tasso di fertilità inferiore a due nati per donna, al di sotto del livello di sostituzione, e in molti altri stati il tasso di fertilità è sceso sensibilmente. I partecipanti al summit internazionale sul family planning svoltosi l’11 luglio a Londra si sono rallegrati dei traguardi raggiunti, documentati da un recente rapporto delle Nazioni Unite. Per la prima volta nella storia umana – si legge nel testo di presentazione del summit – 300 milioni di donne in 69 paesi poveri hanno accesso a metodi contraccettivi moderni e questo nel 2016 ha fatto risparmiare 82 milioni di nascite.
Ma per i partecipanti al vertice non è ancora abbastanza. In Africa il tasso di fertilità è sceso solo a 4,7 nel quinquennio 2005-2010, rispetto al 5,1 del quinquennio precedente: troppo poco rispetto agli obiettivi posti e alle risorse investite. Il summit di Londra si è concluso quindi con l’accordo di moltiplicare gli sforzi e investire centinaia di milioni di dollari in campagne destinate a convincere alla pianificazione famigliare e al controllo delle nascite milioni di donne che ancora non vi ricorrono.
Banca Mondiale e International Center for Research on Women (Icrw, Centro internazionale di ricerche sulla donna) vengono in aiuto con un rapporto appena pubblicato in cui spiegano come si potrebbe ridurre di qualche punto il tasso di fertilità proprio nei paesi in cui è più difficile far capire la necessità di fare meno figli.
Il rapporto riguarda i matrimoni precoci, infantili. Ogni anno oltre 15 milioni di donne, una ogni due secondi, si sposano prima di aver compiuto 18 anni. Molte vi sono costrette da bambine, anche solo a nove, dieci anni o poco più. I matrimoni precoci costituiscono una delle peggiori violazioni dei diritti umani, comportano gravi e quasi sempre irreparabili conseguenze negative per le spose bambine, a partire dal fatto che di solito devono interrompere gli studi e che diventano madri quando il loro organismo è ancora immaturo, impreparato ad affrontare gravidanza e parto.
Basterebbe questo a motivare un impegno globale contro i matrimoni precoci, la concentrazione di tutte le risorse reperibili, l’impiego di ogni mezzo di persuasione, pressione e repressione disponibile.
Ma, spiegano Banca Mondiale e Icrw, mettere fine ai matrimoni precoci oltre a salvare milioni di bambine troppo giovani per essere mogli e madri, consentirebbe di risparmiare miliardi. Come? Prima di tutto quelle ragazze potrebbero completare gli studi, quindi aspirare a lavori meglio retribuiti che le renderebbero autosufficienti. Poi altri risparmi si avrebbero nel settore sanitario e assistenziale grazie alla riduzione dei tassi di mortalità infantile e al minor numero di bambini affetti da ritardo nello sviluppo a causa di malattie, denutrizione e malnutrizione. I figli di madri minorenni presentano infatti tassi di mortalità infantile e di ritardo nella crescita superiori alla media.
Ma il grosso del risparmio deriverebbe dalla riduzione del tasso di fertilità. Esaminando i dati relativi a 15 stati con elevate percentuali di matrimoni infantili, i ricercatori hanno infatti calcolato che una ragazza sposata a 13 anni ha più figli, il 26% in più, rispetto a una che si sposa a 18 anni o dopo. L’assenza di matrimoni precoci abbasserebbe i tassi di fertilità dell’11%. La minore crescita demografica da sola comporterebbe, secondo i ricercatori, un risparmio di 566 miliardi di dollari, da adesso al 2030, e in tutto il risparmio sarebbe superiore ai 700 miliardi di dollari.
Gli autori del rapporto confidano che la prospettiva di un notevole ritorno economico possa decidere a impegnarsi contro i matrimoni infantili anche i governi poco o per niente motivati a promuovere i diritti umani, men che meno quelli delle bambine. Non è detto. Intanto però ecco due spiacevoli considerazioni.
La prima riguarda la convinzione consolidata, per molti scontata, che gli uomini, e quindi ogni nuovo bambino, rappresentino un peso, un ingombro, un costo – e certo un danno per l’ambiente naturale – che bisogna limitare riducendo le nascite. Il summit di Londra si rallegra per le nascite evitate, Banca Mondiale e Icrw calcolano il risparmio per ogni bambino non nato. Nessuno pensa al contributo, all’apporto economico, sociale, culturale, genetico, che ogni nuova creatura può offrire alla propria famiglia, al proprio paese, al genere umano.
La seconda considerazione è a proposito delle cause all’origine dei matrimoni infantili. Spiegano Banca Mondiale e Icrw che al loro permanere concorrono “povertà, disuguaglianze di genere, un’istruzione inadeguata, insufficienti opportunità di buoni impieghi” e, non poteva mancare, “scarsità di servizi di salute riproduttiva e di educazione sessuale per i giovani”.
Ma, prima di tutto, il matrimonio infantile è un’istituzione tradizionale, radicata, resa possibile da un’altra istituzione piuttosto diffusa nelle economie di sussistenza e tuttora molto seguita, il matrimonio combinato che i genitori possono imporre ai figli, non solo a quelli minorenni, spesso associata a un’ulteriore istituzione, il prezzo della sposa, vale a dire il pagamento che, all’atto di stipulare il contratto matrimoniale, il marito concorda con la famiglia della futura moglie a titolo di “rimborso” per la risorsa produttiva e riproduttiva ceduta.
Ma una cosa dovremmo aver imparato. Non si risolve un problema se non si sa chi e che cosa ne è responsabile.