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Ci mancava pure il teologo Letta: «Ora donne prete»

Una volta la Sinistra si lamentava dell'ingerenza della Chiesa. Adesso persino Letta si mette a pontificare sulle donne prete. «Ho capito che anche per la Chiesa è arrivato il momento di aprirsi e valorizzare le donne, fino a pensare al sacerdozio femminile». Parole in libertà con le quali l'ex democristiano pretende di dettare legge in casa d'altri. 

Politica 22_05_2021

C'era una volta la sinistra che lamentava l'indebita ingerenza della Chiesa nella politica italiana. I fasti di quest'epoca li abbiamo vissuti durante la lunga stagione ruiniana, quando dalla gioiosa macchina da guerra post-comunista partivano cannonate quasi quotidiane verso Oltretevere in nome della difesa di una laicità mai messa in discussione. Nel frattempo è trascorso quasi un ventennio da allora e non avendo più l'occasione di agitare lo spauracchio della minaccia alla laicità dello Stato, ecco che il "partito radicale di massa" - preconizzato da Augusto Del Noce - pretende di capovolgere i ruoli, fino al punto di voler decidere in casa del Papa.

E non è uno degli eredi (poco) pentiti del Pci ad osare tanto, ma un ex giovane democristiano a cui piace ricordare di essere stato chierichetto, catechista e di essere cresciuto nell'Azione Cattolica. Espresso da uno come Enrico Letta, formatosi già alle medie sui testi del Concilio Vaticano II, l'auspicio di un'apertura al sacerdozio femminile non può essere liquidato come una boutade qualunquistica buttata lì da uno dei tanti politici od opinion maker che guardano e giudicano la Chiesa attraverso le stesse lenti con cui guardano e giudicano il mondo.

Il nuovo segretario del Pd, in un'intervista rilasciata a Massimo Gramellini sulle pagine del settimanale 7 del Corriere della Sera, ha raccontato di un suo viaggio a Lourdes in qualità di presidente dell'istituto Jacques Delors, invitato - ci ha tenuto a precisare - dall'assemblea dei vescovi francesi. Chissà se i presuli transalpini si saranno pentiti di quell'invito a leggere oggi cosa passava per la testa dell'illustre ospite in quella circostanza.

Letta ha svelato a Gramellini di aver «passato due giorni con altri 120 uomini, per lo più anziani» ascoltando «discorsi interessanti ma notando che «l'assenza di donne rendeva tutto così stridente». Per prepararsi a spararla grossa, l'ex presidente del Consiglio si affida alla valigia dei ricordi nel tentativo di dare autorevolezza al racconto, ma ottiene l'effetto contrario presentando una scena in cui sembra un po' Carlo Verdone in "Compagni di scuola" che sbaglia villa e si ritrova in una festa di nozze d'argento anziché all'attesa rimpatriata di amici.

Lourdes è dunque il luogo dove viene folgorato: «Lì ho capito che anche per la Chiesa è arrivato il momento di aprirsi e valorizzare le donne, fino a pensare al sacerdozio femminile». Non è certo una proposta originale e non serviva sicuramente Letta a "capirlo" e "pensarlo". Eppure lui che è abituato all'odor di sacrestia, dovrebbe sapere che quando San Giovanni Paolo II ha scritto nella Lettera Apostolica Ordinatio sacerdotalis che "la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale" e che "questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli", confermò non un "non volere" ma un "non potere", come ha ricordato successivamente Benedetto XVI.

Più recentemente la Congregazione per la Dottrina della Fede è intervenuta per fugare ogni dubbio, ribadendo che "non si tratta solo di un elemento disciplinare, ma dottrinale, in quanto riguarda la struttura dei sacramenti, che sono luogo originario dell’incontro con Cristo e della trasmissione della fede". Ciò che colpisce delle parole del segretario Pd che si spinge ad affermare con nonchalance la necessità di cambiare la forma della Chiesa voluta da Cristo così come attestano i Vangeli e gli Atti degli Apostoli, è la perentorietà delle espressioni utilizzate. Dicendo "è arrivato il momento", pretende persino di dettare i tempi ad un Qualcosa su cui non ha la minima autorità. Ed è la prima volta che un leader politico di questo livello arriva a mettere in discussione pubblicamente il Magistero ordinario.

Ancor più grave è dire che "è arrivato il momento di aprirsi e valorizzare le donne" come se la storia del cattolicesimo non fosse stata fatta da grandi figure femminili come, ad esempio, santa Chiara d'Assisi e santa Teresa d'Avila ed anche più recentemente non avesse avuto personalità del calibro di Madre Teresa di Calcutta. Ma senza puntare così in alto, basterebbe che Letta concentrasse lo sguardo su una delle tante parrocchie sparse nel mondo per vedere quanto le donne siano protagoniste nella quotidianità e si sentano pienamente valorizzate nell'esercizio della loro specifica missione. 

Sciacquare i panni nel Gave di Pau non ha fatto bene all'ex premier che sembra essere tornato nell'agone politico italiano con la smania di diventare il campione dei liberal più ideologizzati. Già poco dopo il suo ritorno al Nazareno, Letta ha fatto ricorso alla questione femminile per defenestrare il poco gradito capogruppo al Senato, l'ex renziano Andrea Marcucci; adesso la rievoca per improvvisarsi ad improbabile teologo. Ma il Magistero della Chiesa sull'ordinazione sacerdotale, però, è leggermente più importante di un regolamento di conti all'interno di un partito. Con tutto il rispetto per lui e per le sue folgorazioni a Lourdes, ma continuiamo a fidarci più di San Giovanni Paolo II. E viene quasi la pena di rimpiangere i tempi in cui fan italiani di Zapatero gridavano un giorno sì e l'altro pure all'ingerenza del Vaticano nella politica italiana.