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l'inchiesta covid

Ci hanno imposto la Scienzah, ma brancolavano nel buio

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La bizzarra e illogica tesi difensiva di politici e virologi per minimizzare l'inchiesta di Bergamo sui morti covid: «All'epoca brancolavamo nel buio». Allora perché nel nome della scienza ci sono state imposte come dogma decisioni sbagliate e disastrose, che hanno diffuso il contagio abbandonando i pazienti da curare? 

Editoriali 11_03_2023

Sia benedetta la logica, facoltà che sembra mancare a tutti coloro che in queste ore stanno minimizzando l’inchiesta di Bergamo sui morti covid. Il leitmotiv di virologi onniscienti e di politici interessati dai fatti è il seguente: «È sbagliato colpevolizzare governo e regione Lombardia perché non sono state prese certe decisioni in pandemia, il fatto è che all’epoca brancolavamo nel buio».

Il periodo di riferimento è la cosiddetta prima ondata, ossia quel lasso di tempo che coincide fondamentalmente con il primo trimestre del 2020 durante il quale abbiamo avuto il maggior numero di morti covid, lockdown selvaggi e illiberali, una paura pandemica indotta che ha condizionato la vita seguente e la condiziona tuttora dal punto di vista culturale, economico, psicologico e sociale.

Il tentativo è semplice, ma illogico: giustificarsi di fronte agli errori, ai ritardi, alle sottovalutazioni, alle mancanze dicendo che all’epoca non si sapeva nulla del covid; quindi, bisogna essere clementi con giudizi postumi sulle responsabilità.

In questi giorni, la fiera dei distinguo, degli scarabarile, dall’“io non c’entro”, dei “non sapevamo che fare” si arricchisce ad ogni ora.

Ultimo ingresso, Matteo Bassetti, di professione oracolo dell’immunologia: «Eravamo tutti al buio nelle prime due settimane: è chiaro che oggi, con le conoscenze acquisite, la vediamo in maniera diversa, ma andare a sindacare sulle decisioni prese allora è un esercizio profondamente sbagliato».

Veramente non tutti erano al buio. I medici, quelli che non andavano in televisione, curavano e cercavano di curare come sempre il virus, anche se veniva definito nuovo e portavano a casa risultati positivi. I Mangiagalli, i Cavanna (di lui si accorse il Time a maggio 2020 mentre noi qui in Italia aspettavamo il bollettino giornaliero come le estrazioni del Superenalotto) ... andavano a casa, curavano con antinfiammatori e vitamine fin dai primi sintomi e nessuno dei loro pazienti è morto.

L’unica cosa che non si sapeva, ma era per colpa - grave colpa - anch’essa da imputare al duo Conte-Speranza, era la presenza dei trombi che provocavano la gran parte dei decessi. Questo spostava il covid da malattia da respiratoria a cardiovascolare. Ma per poterlo scoprire bisognava attendere che venissero effettuate le prime autopsie sui cadaveri, proibite insanamente, per la diffusione del virus nei mesi di febbraio e marzo. Non appena si è saputo, ai medici non ci volle molto per inserire nel piano terapeutico anche anticoagulanti come eparina o persino, in fase precocissima, l’aspirinetta.

Ma se si accetta la tesi che all’epoca si stesse brancolando nel buio perché allora ci sono state spacciate tutte le decisioni come Scienza infusa? Anzi, come scienzah, intesa come fanatismo scientista e religioso, imposta come verità dogmatica, anche se non suffragata da nessun riscontro. È per scienzah che fin da subito si è cercato di non curare, tacendo sulle prime terapie da somministrare per spegnere l’infiammazione e permettere al corpo di combattere adeguatamente il virus, è per scienzah che si è impedito ai medici di proporre vie terapeutiche che spettano solo a loro nella loro libertà prescrittiva. Ed è per scienzah che sono stati imposti i lockdown, le mascherine, i distanziamenti, che si è fornita una visione univoca del contagio, che sono stati chiusi i ristoranti, che si è fatta la guerra alle passeggiate, che si è data la caccia ai runner solitari sulla spiaggia. “Lo dice la scienza” era diventato il mantra rassicurante di stampa e politici.

Ora – e qui veniamo alla logica -: ma se stavate brancolando nel buio non era scienza quella che si spacciava, quindi le cose sono due: o si sta cercando di rivoltare la frittata nella speranza che certe responsabilità vengano messe a tacere oppure siamo di fronte alla più grande mistificazione della storia di fronte alla quale, dopo aver costretto la gente a vivere nella paura e a non curarsi nel nome della scienzah, adesso gli si dice che stavamo scherzando. Come linea difensiva non è un granché.

Così abbiamo Walter Ricciardi che ha definito il lockdown come una misura di «cieca disperazione». Però, all’epoca pontificava sul giornale dei vescovi Avvenire su quello che scienza e evidenze mediche imponevano. Peccato che fosse solo politica.

Ma che dire di Burioni? Il medico campione in salti carpiati e giravolte da circo Togni, che per primo disse che non c’era alcun pericolo che il covid arrivasse in Italia salvo poi trasformarsi in un alfiere della peste bubbonica da sconfiggere, ieri ha compiuto un altro dei suoi numeri da funambolo. «Qualunque affermazione scientifica si basa sui dati disponibili. Se i dati sono incompleti o addirittura falsi è ovvio che l'affermazione stessa può risultare scorretta o falsa, ma la colpa è di chi ha omesso o falsificato i dati, non di chi ha fatto l'affermazione». Della serie: se ho detto baggianate a milioni di telespettatori con granitica certezza non era mica colpa mia. Evidentemente il “professorone” sta cercando di mettersi al riparo dallo tsunami in arrivo dando la colpa a quella scienzah che però gli ha permesso di diventare un “nobel da salotto” davanti alla telecamera di Fabio Fazio.

E Silvio Brusaferro, capo dell’Iss? Ha detto che non sapeva di un piano pandemico, che anche se non aggiornato avrebbe comunque messo in condizione i medici di iniziare a guardare in faccia le prime indispensabili cure frenando l’intasamento degli ospedali. Ma come si può pensare che il vertice della sanità del Paese non fosse informato di uno strumento che avrebbe potuto salvare – stando anche alla tesi dei magistrati – migliaia di vite? Se non è incompetenza è malafede, in ogni caso il suo posto all’Iss risulta meno meritato di quanto si possa pensare.

Si prosegue così: il mainstream virologico che ha condizionato le decisioni politiche con il suo martellamento catodico e la caccia all’untore, al no mask, al no vax, cerca di coprirsi le terga perché probabilmente sa di non avere la coscienza completamente a posto.

Ma questo è solo l’inizio, perché questo festival della ritrattazione è destinato a diventare un vero e proprio genere letterario. Tempo verrà che anche il secondo tempo di questa sciagurata pandemia maturerà: sarà il giorno in cui qualcuno si accorgerà che i vaccini hanno provocato una miriade di effetti avversi e una quantità tale di decessi che non potranno più essere coperti dall’ipocrita e cialtrona scusa del rapporto rischi/benefici.

Quel giorno i Bassetti, i Brusaferro e i Burioni ci verranno a dire che in fondo i vaccini non erano poi così efficaci e nemmeno così sicuri, che gli studi sulla base dei quali l’FDA americana aveva dato il loro via libera e a ruota l’Ema e poi l’Aifa non erano poi così completi. Quel giorno sarà un nuovo giorno di lutto per l’etica, ma speriamo che nel frattempo possa essere un giorno di gloria per la giustizia.