Il CASO
Chi tocca i radicali muore
Il caso di Danilo Quinto dimostra quanto sia pericoloso farsi nemici Pannella e soci.
- La mia conversione, di D. Quinto
- La vicenda giudiziaria, di D. Quinto
Editoriali
13_02_2012
Una lunga militanza ai vertici del Partito radicale, per dieci anni addirittura tesoriere, poi l’incontro che cambia la vita, la conversione e l’addio a Pannella e soci. Ma l’addio ha uno strascico giudiziario, con il Partito che denuncia l’ex tesoriere che a sua volta controaccusa. La vicenda è finita in questi giorni sui giornali e ne parliamo perché riguarda Danilo Quinto, un nostro collaboratore.
Non vogliamo entrare nella vicenda giudiziaria, che riguarda comunque un capitolo chiuso della sua vita: diamo solo la possibilità a Quinto di spiegarla a beneficio dei lettori, così come di raccontare la propria conversione che è poi la chiave di volta per capire tutto il resto. Noi dal canto nostro ci limitiamo a un paio di riflessioni.
Anzitutto è evidente come nella vicenda si manifesti lo spirito vendicativo e ricattatorio dei radicali, che non perdonano chi “tradisce” così come nella politica attiva sono disposti a tutto – anche trasgredire platealmente la legge - pur di imporre le loro battaglie e le loro idee. E’ così che pur avendo pochissimi consensi elettorali sono riusciti a contare sempre tantissimo in politica e anzi, sono stati il principale motore del degrado culturale in Italia (l’abbiamo visto con il divorzio e l’aborto, lo stiamo vedendo con l’eutanasia). Così chi tocca i radicali muore.
E infatti non è un caso che approdi oggi sui giornali la sentenza della Cassazione che è dell’ottobre scorso: perché in questi mesi in cui i radicali hanno lanciato un’offensiva contro la Chiesa sul fronte economico (vedi il caso ICI e 8 per mille), Quinto su La Bussola Quotidiana ha invece dimostrato – dati alla mano - come la vera anomalia italiana sia nei soldi pubblici che arrivano al partito di Pannella, a partire dall’Affare Radio Radicale. Ma chi prova a mettere il naso negli affari di Pannella e soci, evidentemente deve mettere in conto di pagarne le conseguenze, perché gli amici dei radicali sono tanti, insospettabili e piazzati ovunque nei posti che contano.
E questo ci porta alla seconda riflessione: nei mesi scorsi avevamo chiesto provocatoriamente ai parlamentari cattolici perché anche loro avessero firmato a favore del finanziamento pubblico di Radio Radicale, sapendo di dare così un sostegno a chi fa della guerra alla Chiesa la propria bandiera. La domanda è rimasta sospesa; resta il fatto impressionante di un consenso all’ingiusto finanziamento di Radio Radicale che riguarda la stragrande maggioranza dei parlamentari e investe trasversalmente ogni schieramento. Ed è così che da Prodi a Monti, tutti i governi hanno cercato di tagliare questa spesa ingiustificata a carico dei contribuenti e sono poi dovuti puntualmente tornare sui loro passi.
La vicenda di Quinto suggerisce una risposta anche a quella domanda: evidentemente chi vuole campare a lungo – in politica, ma anche più in generale nella società italiana – è bene che non diventi nemico dei radicali, che non intralci i loro affari, meglio se gli dà anche sostegno pubblico. Un dato su cui riflettere.