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LA SUCCESSIONE

Centrodestra colpito al cuore. Dopo Silvio chi?

Le notizie sulle condizioni di salute di Silvio Berlusconi, oltre che inquietare la sua famiglia e l’universo delle sue aziende, hanno già messo in fibrillazione il centrodestra. Nel caso, sempre più probabile, di un ritiro dell’ex Cavaliere, lo scenario che si apre è piuttosto confuso. Qualche ipotesi per la successione.

Politica 11_06_2016
Silvio Berlusconi

Le preoccupanti notizie sulle condizioni di salute di Silvio Berlusconi, oltre che inquietare la sua famiglia e l’universo delle sue aziende, hanno già messo in fibrillazione il centrodestra. L’ex premier verrà sottoposto la prossima settimana a un delicato intervento chirurgico che lo terrà a lungo lontano dalla scena politica e probabilmente gli farà prendere quella decisione che era da tempo nell’aria: ritirarsi a vita privata.

Anni fa, l’estromissione dalla vita parlamentare, a seguito dell’applicazione della legge Severino, l’aveva azzoppato, ma non del tutto, visto e considerato che, in vista delle elezioni amministrative di domenica scorsa, si era speso negli ultimi mesi in comizi e in defatiganti tour in giro per l’Italia (Sicilia, Napoli, Roma e altre tappe). Ora i medici hanno detto chiaro e tondo che l’ex Cavaliere ha rischiato di morire e gli hanno intimato di abbandonare definitivamente lo stress da vita politica. La figlia Marina ha addirittura puntato il dito contro il cosiddetto “cerchio magico”, con accuse pesanti («L’hanno strapazzato, l’hanno spremuto, ora non salirà più su un palco»).

Ma la partita a più forte impatto mediatico si giocherà nell’agone politico, nel recinto del centrodestra, dove Berlusconi è stato per oltre vent’anni croce e delizia, valore aggiunto prima e zavorra paralizzante poi. Lui ha sempre rinviato la partita della successione, puntando di volta in volta su improbabili delfini e alimentando, per un certo periodo di tempo, anche le voci su una possibile successione dinastica (una delle sue figlie, Marina o Barbara, pronte a raccogliere il testimone). Con il classico (e in questo caso non lungimirante) metodo del “divide et impera”, ha tenuto sotto scacco per diversi lustri i suoi fedelissimi, stroncando sul nascere ogni tentativo di emancipazione culturale e politica, negando, quindi, quella stessa natura liberale che ha sempre dichiarato di incarnare.

Oggi, però, la situazione è ben diversa. L’ascendente di Berlusconi sul centrodestra si è fortemente affievolito, le figlie hanno smentito categoricamente di voler fare politica, Alfano e Fitto hanno fatto scelte scissioniste, Fini è scomparso dai radar della politica e quindi bisogna guardare ad altre figure che possano realizzare una sintesi virtuosa tra le diverse anime del centrodestra. Questa figura non s’intravvede all’orizzonte e si possono formulare soltanto delle ipotesi. Il primo nodo da sciogliere riguarda il futuro di Forza Italia, partito in agonia e sul viale del tramonto. Non basta più un restyling, occorre ripensare o addirittura rifondare l’anima moderata del centrodestra. 

C’è chi immagina una ricomposizione delle varie schegge impazzite, dai berlusconiani doc ad Alfano, da Fitto ai dissidenti forzisti, da Verdini a Casini, sotto le insegne di una nuova formazione di centro. Si parla di una convention a settembre su iniziativa dell’ex ministro Maurizio Lupi. Ma l’esperienza insegna che queste operazioni nominalistiche e di puro potere non funzionano, non foss’altro perché non fanno i conti con l’unica vera sfida da vincere: quella di raccogliere voti. E l’elettorato ha più volte bocciato soluzioni raccogliticce di questo tipo.

Dentro Forza Italia, peraltro, il fuoco cova sotto la cenere, con il “cerchio magico” (Rossi, Pascale, Bergamini) assai disorientato dal forfait del proprio leader e le varie correnti pronte a spartirsi le spoglie di un partito ormai a brandelli. L’anima del Nord (Toti-Gelmini-Romani) sembra pronta a rivendicare la leadership, ma deve fare i conti con le mire di quella del Sud (Carfagna in particolare). Difficile che questi esponenti azzurri di primo piano accettino di recitare il ruolo di comprimari nel centrodestra post-berlusconiano, lasciando la guida a figure terze come Stefano Parisi, Corrado Passera, Alfio Marchini. Peraltro, se Parisi diventasse sindaco di Milano, ben difficilmente potrebbe occuparsi di politica partitica, per almeno cinque anni.

Se le componenti moderate del centrodestra appaiono frastornate e in subbuglio, tutt’altro che calma è la situazione sul fronte cosiddetto lepenista. La Lega è andata bene alle elezioni amministrative, ma non ha sfondato, mentre Fratelli d’Italia ha brillato solo a Roma, pur non riuscendo ad arrivare al ballottaggio con la Meloni. Impensabile, ora come ora, immaginare che Matteo Salvini possa guidare l’intero schieramento anti-Renzi. Le resistenze verso una prospettiva del genere sono assai diffuse nella classe dirigente azzurra, tanto più che una parte cospicua di centristi, da Alfano a Verdini, appare ormai incompatibile con il Carroccio. La Lega e Fratelli d’Italia, quindi, potranno essere due forze politiche importanti di uno schieramento post-berlusconiano alternativo a Renzi, ma non quelle trainanti.

Tutto questo per ciò che attiene alle manovre e agli assetti relativi alla classe dirigente. Ma, oltre che individuare il successore di Berlusconi, bisognerà anche rinvigorire il programma del centrodestra, che appare alquanto nebuloso e contraddittorio poiché sganciato da una seria elaborazione culturale. E al momento non pare che gli aspiranti eredi ne abbiano uno chiaro e condiviso.