Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

CONTINENTE NERO

Centrafrica, lettere dalle missioni in pericolo

Pubblichiamo le email delle missioni carmelitane nel Centrafrica. Sono una testimonianza in presa diretta di una tragedia. Ai missionari l'arduo compito di accogliere un'improvvisa onda umana di profughi, con mezzi limitatissimi.

Esteri 09_12_2013
Piccolo rifugiato

Notizie sempre più drammatiche arrivano dalla Repubblica Centrafricana dove gli scontri tra i miliziani islamici e le squadre di autodifesa organizzate dai cristiani si sono intensificati di recente provocando in pochi giorni quasi 400 morti nella sola capitale Bangui. Il precipitare degli eventi dà ragione agli Stati Uniti che il 21 novembre avevano definito di “pre-genocidio” la situazione creatasi nel paese a otto mesi dal colpo di stato della Seleka, l’alleanza di movimenti armati antigovernativi che il 24 marzo scorso ha destituito il presidente François Bozize. A scontrarsi sono da un lato i combattenti Seleka – alcune decine di migliaia, in gran parte provenienti dai vicini Sudan e Ciad – che non hanno obbedito all’ordine di deporre le armi impartito dal loro leader Michel Djotodia, autoproclamatosi presidente ad aprile, e che da mesi infieriscono sulla popolazione prendendo di mira i cristiani e risparmiando invece i musulmani (una minoranza pari a circa il 15% degli abitanti, concentrata nel Nord): sono autori di saccheggi, stupri, torture, esecuzioni sommarie, distruzione di abitazioni e di edifici religiosi, inclusi scuole e ospedali.

Nelle ultime settimane i cristiani, a partire da Bossangoa, Bozoum e altri centri urbani del Nordest, hanno incominciato a organizzare delle milizie armate chiamate “anti balakas”, anti machete. A deciderli è stata l’incapacità dei militari di Bangui e della missione dell’Unione Africana MISCA – composta da 2.500 soldati – di fermare le violenze: incapacità che, nel caso del governo centrafricano, molti interpretano come mancanza di volontà da parte del presidente Djotodia, anch’egli musulmano. Gli “anti balakas” possono contare sul sostegno dei gruppi armati formatisi dopo il golpe per tentare di riportare al potere il presidente Bozize. L’ultimo massacro a Bangui sarebbe stato scatenato da un attacco delle milizie leali all’ex presidente.

Il 5 dicembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato l’intervento militare della Francia e il mattino seguente ha preso il via l’operazione Sangaris, forte di 1.600 soldati francesi, 600 dei quali subito dispiegati nelle strade della capitale e altri 80 a Bossangoa. Ma l’8 dicembre il Segretario Generale Ban Ki-moon ha dichiarato che sarebbero necessari almeno 9.000 peacekeepers, auspicando inoltre che l’operazione militare passi sotto il controllo dell’ONU.

Sul piano umanitario, le conseguenze della crisi, che ormai interessa tutti i 4,6 milioni di abitanti del paese, sono gravissime. Salvo che nella capitale, la maggior parte delle scuole e degli ospedali sono stati saccheggiati e non sono in grado di funzionare. Un terzo della popolazione ha bisogno di aiuti alimentari perché privata dei mezzi di sussistenza dai saccheggi e dall’impossibilità di svolgere le consuete attività lavorative. Particolarmente critiche sono le condizioni nelle aree rurali, troppo pericolose per poter organizzare efficacemente i soccorsi, e per gli sfollati che costituiscono il 10% della popolazione.

Anna Bono

Riportiamo qui, per intero, la testimonianza dei missionari carmelitani a Bangui e Bozoum

*Notizie da Bangui*

5 dicembre

Carissimi confratelli, ciao!

Come penso abbiate già saputo, oggi la situazione a Bangui è improvvisamente precipitata. Anche per noi qui è difficile capire cosa stia veramente succedendo. Ci sono stati spari e saccheggi in quasi tutti i quartieri. Gli ultimi spari si sono sentiti verso le 19.00.

Al Carmel stiamo ospitando più di 500 persone. È difficile contarli tutti. Provengono da diversi quartieri. La maggior parte sono bambini molto piccoli con le loro mamme. Ma ci sono anche tanti ragazzi.

Siamo riusciti a dare un po' di cibo caldo a quasi tutti. Nell'attesa abbiamo recitato insieme il rosario per chiedere a Maria il dono della pace. Per fortuna c'è anche Cedric e quindi abbiamo anche un dottore.

Gli studenti e i pre-novizi si sono dati da fare senza tregua. Ora la gente sta più o meno dormendo nel cortile tra la chiesa e il refettorio. Sappiamo che la situazione è analoga in altre parrocchie e comunità religiose della capitale.

Oggi non siamo andati a scuola e penso che per qualche giorno sarà più prudente non andarci, anche se si tratta di un viaggio di soli 4 km.

Non c'è dubbio. Siamo proprio una 'chiesa ospedale da campo' come vuole Papa Francesco... Che privilegio!

Un forte abbraccio e portateci sempre nella preghiera come avete fatto fin'ora.

Padre Federico Trinchero

6 dicembre 2013, ore 12.00

I telefoni non funzionano bene. Provo via mail.

La notte è passata più o meno tranquilla. Ma verso le 6 sono ricominciati gli spari nei quartieri, casa per casa.

Sono arrivati alla missione del Carmel in massa: circa 2000 persone. Da noi c'è per fortuna solo un ferito. Moltissimi bambini. In Chiesa ci sono più di 350 persone. Gli altri sono nelle casette e nel cortile tra la chiesa e il refettorio. Alcuni bambini sono un po' ammalati anche a causa della pioggia che cade da stanotte e solo ora - le 11.00 - sembra aver un po' smesso.

Verso le 10h30 sono passati due caccia francesi. La gente si è messa ad applaudire. Speriamo!

Ora proviamo a dare qualcosa da mangiare a tutta questa gente. Ma sarà difficile perché non possiamo assolutamente uscire per gli acquisti. Abbiamo già svuotato l'orto e il pollaio.

Vorrei contattare l'esercito francese per dire che qui c'è tutta questa gente da proteggere e da sfamare, ma non ci riesco. Potete informarli voi?

Possiamo andare avanti ancora un giorno, ma non di più... perché non prevedevo di sfamare 2000 persone.

Restiamo uniti nella preghiera.

Padre Federico Trinchero

*Notizie da Bozoum*

6 dicembre 2013, ore 11.45

Ciao a tutti!

Ieri è stata una giornata relativamente calma fino alle ore 19, quando in città ci sono stati alcuni spari. Di conseguenza alle 19.30 circa 300-400 persone sono salite alla missione per trascorrere la notte nella Parrocchia, dove si sentono al sicuro.

Stamattina ognuno è tornato alla propria casa e abbiamo fatto lezione nelle scuole, ma gli studenti erano la metà.

Alle 9.30 ci sono stati degli spari. Sono subito andato nella classi per calmare gli studenti (e i professori). Poi abbiamo saputo che era un falso allarme... la tensione è alta.

Sono andato dal Prefetto, ma lui non sa cosa fare.

Sono andato a cercare l'Imam, ma non l'ho trovato, ma ho visto un sacco di musulmani e di Fulam con machete e coltelli pronti a difendersi da un'eventuale vendetta degli Anti-Balaka (che sono nelle vicinanze). La popolazione locale, vedendo i mussulmani armati, ha ancora più paura.

Ieri i ribelli Seleka sono andati via dall'asse Bouar-Bozoum dove lunedì hanno ucciso e bruciato case nei villaggi di Kounde, Bogala e Bokaya. C'è stato anche uno scontro tra Seleka e Anti-Balaka: un Seleka è stato ucciso sul posto e un altro è stato ferito. Ora si teme che i Seleka vogliano vendicare i propri compagni uccisi, ma non si sa se lo faranno in centro città o in qualche villaggio...

Speriamo...

Padre Aurelio

*Notizie da Bangui*

7 dicembre

Alla cinque siamo quasi tutti già svegli. Faccio un giro di perlustrazione per dare il buongiorno ai nostri "ospiti". Poi vado in chiesa. Due bambini hanno pensato bene di mettersi a dormire proprio sotto l’altare. Questo sì che è sensus fidei dei piccoli: non c’è posto più protetto di quello. Altri sono addormentati sugli stalli del coro e pregano al nostro posto.

Alle 6h30 celebriamo la Messa all’aperto. I bambini non ne vogliono sapere di lasciare la loro chiesa e noi non abbiamo voglia di svegliarli. A malincuore decidiamo di spostare il Santissimo in una cappella interna. Ma ci sono i poveri, dunque Gesù c’è.

Gli uomini e alcune donne, come ieri, rientrano nei quartieri per recuperare qualcosa constatare i danni e, purtroppo, venire a conoscenza di chi è morto. C’è una bambina che da due giorni cerca il suo papà la sua mamma. Facciamo un affido temporaneo alla cuoca che, con suo marito nostra sentinella, abita nella nostra concessione. Ha già tre figli e giusto qualche giorno fa le chiedevo se pensava di farne un quarto. Eccola esaudita! C’è anche un papà con un bambino di pochi mesi che da due gironi non trova sua moglie. Registriamo i loro dati e spargiamo la voce. Speriamo. Alla sera il papà ritrova finalmente la moglie e la mamma del suo bambino.

Alle 9h00 parte la nettezza urbana… perché circa 2000 persone che insistono su uno spazio, grande più meno come un campo da calcio, hanno indubbiamente le loro esigenze e qualche inconveniente. Se dobbiamo essere un campo profughi lo dobbiamo fare bene.

Con i bambini ripuliamo tutta la zona. Poi in fila indiana ci si lava le mani e in premio c’è una frittella. Il nostro campo profughi è quasi più pulito di Bolzano! Nel frattempo la gente cucina, lava i bambini, fa il bucato e stende i panni. Anche la rete del campo da pallavolo diventa un comodo stenditoio.

Organizziamo l’accesso all’acqua e ai WC; disinfettiamo con la candeggina e delimitiamo le zone con la calce. Neppure Guido Bertolaso e la protezione civile italiana avrebbero potuto fare meglio in così poco tempo e con così pochi mezzi.

Cedric, il nostro medico da campo, continua a ricevere gente e distribuire medicine. I casi più gravi sono ospitati nel noviziato.

Continuano ad arrivare aerei francesi, ma ormai non li contiamo più.

Verso le 15 arriva dal vicario episcopale e dall’Unicef l’ordine di registrare tutti per ricevere degli aiuti. Ci mettiamo subito al lavoro. Sei segretari (2 per i bambini, 2 per le donne e 2 per gli uomini). Lavorano alacremente fino a quasi le 21 e non riescono a finire. Ovviamente posso già annunciarvi che i bambini hanno stravinto! La gente è davvero tanta, il cortile, le casette, la chiesa non bastano più, e ormai dobbiamo aprire un’altra ala del convento, quella dove ci sono i garage. Qui mettiamo tutti gli uomini.

I miei confratelli non smettono un istante di lavorare e riposano a turni. Ogni tanto si mangia un boccone e poi si riparte.

Io cerco, come posso, di dirigere il traffico con l’aiuto di p. Mesmin e di p. Matteo (da soli due mesi in Africa, ma se la cava benissimo!). Come vedete, ho anche il tempo di dedicarmi alle trasmissioni delle informazioni e alle pubbliche relazioni… cercando di sorridere un po’ per non piangere troppo.

Alle 21 mangiamo qualcosa e organizziamo la strategia per l’indomani. Ascoltiamo le notizie e ci fa piacere sapere che il mondo parla di noi.

Poi preghiamo per i nostri 2000 ospiti. Questa gente che proteggiamo in realtà ci protegge. Preghiamo per i nostri confratelli e la gente di Bozoum che a quanto pare se la passano peggio di noi. Ne approfittiamo anche per chiederci perdono l’un l’altro perché con la tensione ci possono essere state delle parole dure tra noi e piccole incomprensioni. Se vogliamo – e quanto la vogliamo! – la pace nel Paese, dobbiamo fare in modo che ci sia pace innanzitutto tra di noi.

Padre Federico Trinchero