Cei, chi sono i tre possibili successori di Bassetti
Lo scorso mese il cardinale Gualtiero Bassetti ha tagliato il traguardo degli 80 anni, uscendo dal novero degli elettori. Si appresta a concludere il suo mandato di 5 anni alla guida della Cei. Tre i possibili successori fra cui mons. Zuppi, arcivescovo di Bologna. L'episcopato italiano ha un peso ridimensionato nella Chiesa.
Lo scorso mese il cardinale Gualtiero Bassetti ha tagliato il traguardo degli ottanta anni, uscendo dal novero degli elettori al futuro Conclave. L'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve si appresta a concludere il suo mandato di cinque anni alla guida della Cei. L'Assemblea Generale ordinaria in programma dal 23 al 27 maggio 2022, infatti, sarà chiamata a votare la terna di nomi da proporre a Papa Francesco per la nomina del nuovo presidente.
L'episcopato italiano si presenta a questo appuntamento con un peso decisamente più marginale nella Chiesa rispetto al passato, anche recente. Una condizione in cui può aver influito il feeling mai del tutto scattato con il Pontefice regnante. Gli esempi che si potrebbero menzionare negli ultimi nove anni sono tanti, ma per non andare troppo indietro è sufficiente ricordare il mancato saluto durante l'Angelus al Forum dei sindaci e dei vescovi del Mediterraneo di Firenze alla presenza del presidente della Repubblica italia, Sergio Mattarella.
Nel mancato idillio tra il Papa di discendenze piemontesi e l'episcopato italiano deve aver influito anche il fatto di essere rimasto più volte inascoltato sull'appello ad un Sinodo della Chiesa italiana che avrebbe dovuto avere come punto di riferimento il Convegno di Firenze del 2015. Anni di melina su questa richiesta hanno spinto Bergoglio a rimproverare pubblicamente i vescovi italiani in apertura dell'ultima Assemblea Generale accusandoli di "amnesia" per aver "perso la memoria" dell'incontro nel capoluogo toscano a cui il Papa teneva tanto. E tutto questo nonostante buona parte dell'attuale episcopato italiano sia frutto delle nomine fatte dal Papa regnante, a differenza di altri Paesi in cui non è ugualmente scoccata la scintilla (Stati Uniti su tutti). Oltre alla perdita del tradizionale rapporto privilegiato con le gerarchie vaticane, la Chiesa italiana deve fare i conti con il crollo della sua influenza nella società. Negli ultimi anni, specialmente nei confronti dei governi in carica, la Cei ha dato di sé un'immagine di debolezza, trasmettendo l'idea di un'incapacità ad essere incisiva.
C'è poi il problema del distacco con una parte consistente dei cattolici del Paese emersa in maniera eclatante alle elezioni politiche del 2018 e alle europee del 2019, quando gli appelli più o meno impliciti a non scegliere le forze sovraniste sono evidentemente caduti nel vuoto. Bisogna riconoscere che forse alcuni moniti dei vescovi italiani, specialmente quelli a non lasciarsi abbindolare dalla spettacolarizzazione dei simboli esteriori della fede in campagna elettorale, non erano poi così campati in aria. Il problema, però, è che sono rimasti lettera morta nell'elettorato cattolico che alle urne non si è fatto problemi ad andare esattamente in senso opposto rispetto alla direzione indicata dalla Cei. La prima sfida che si troverà ad affrontare il successore di Bassetti, dunque, sarà proprio quella di provare a riacquistare credibilità tra quei cattolici italiani che in questi anni si sono sentiti inascoltati, se non a tratti delegittimati. Sia chiaro che questa perdita di presa non è attribuibile al solo Bassetti, ma chi gli succederà dovrà comunque mettere il tema in cima alla sua agenda se non si vuole correre il rischio di vedere un sequel del 2018 alle politiche del 2023. C'è poi un problema di riconoscibilità: ancora nell'Italia di vent'anni fa i nomi dei vescovi delle diocesi più importanti d'Italia erano noti quasi a tutti, oggi non è più così. E' una conseguenza di quella perdita d'influenza della Chiesa italiana che sarebbe ingiusto attribuire direttamente all'episcopato italiano ma che esso senz'altro non ha aiutato a frenare.
E' probabile che i nomi e le opere dei tre candidati destinati ad entrare nella terna poi sottoposta al Papa saranno familiari solo agli addetti ai lavori. Con una significativa eccezione: il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, considerato il grande favorito a prendere il posto dell'uscente Bassetti. Il presule romano è già un personaggio popolare, abituato ad essere invitato non solo in tv ma anche in tutta Italia per conferenze, presentazioni libri e incontri di preghiera. Il suo eventuale approdo a via Aurelia contribuirebbe senz'altro ad accendere maggiormente i riflettori dell'opinione pubblica nazionale su quanto ha da dire la Cei. C'è da dire che una stagione più pop della Cei sarà in grado di dare risultati positivi solo se non si sforzerà di dare ragione sempre e comunque alle logiche del mondo, ma saprà rivendicare convintamente il fatto che, come sosteneva Girard, la ragione intima ed esteriore della storia cristiana è la Croce. Quello dell'arcivescovo di Bologna, in ogni caso, è un profilo marcato, ma a-ideologico: una caratterizzazione che si potrebbe prestare al compito di ricucire lo strappo con i cattolici italiani provenienti da tradizioni diverse rispetto a quella del cattolicesimo democratico.
Gli altri nomi che vengono dati in lizza sono quelli di un altro romano, il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino e del calabrese monsignor Mimmo Battaglia, successore del cardinal Sepe a Napoli. Recentemente Papa Francesco ha preso in prestito proprio le parole di quest'ultimo per condannare la brutalità della guerra durante un'udienza generale. Un altro dei temi con cui il futuro presidente della Cei si troverà ad avere a che fare è proprio la posizione sul conflitto in Ucraina ed in particolare sull'invio delle armi voluto dal Governo Draghi, ma che scuote non poco la sua maggioranza. Francesco ha assunto una posizione chiara, coerente con quanto ha sempre detto e scritto nel corso del suo pontificato: "preghiamo perché i governanti capiscano che comprare e fare armi non è la soluzione al problema", ha detto.
Il Papa ha sintonizzato la Chiesa con l'umore prevalente fra gli italiani che sono in maggioranza contrari all'invio di armi in Ucraina, con una percentuale in costante crescita a mano a mano che il conflitto sembra destinato a protrarsi. Sarà uno dei dossier più scottanti sul tavolo del nuovo presidente dei vescovi italiani, specialmente in relazione ai rapporti con il governo attualmente in carica guidato da un premier determinato a fare dell'Italia il Paese più allineato alla politica rigorista del presidente Usa Joe Biden.