C'è madre e madre. La Lega discrimina quelle straniere
Lombardia, la giunta del leghista Roberto Maroni rivede i criteri di accesso al Fondo Nasko, per l'aiuto alle mamme che rinunciano all'aborto. Lo fa per escludere le extracomunitarie. Protesta di associazioni per la vita e Ncd.
Cinque anni di residenza in Lombardia al posto di uno, dichiarazione di reddito Isee inferiore a 7.700 euro invece che 12.000 euro. L’intenzione della Giunta Maroni di cambiare, rendendo più restrittivi, i criteri di assegnazione del Fondo Nasko ha fatto scatenare una battaglia in Regione Lombardia. Una battaglia di cui, francamente, non si sentiva il bisogno dato che il fondo Nasko è da sempre considerato uno strumento utile a garantire la prosecuzione della gravidanza alle donne in difficoltà.
Avviato nell’ottobre 2010 dalla Giunta Formigoni, il Fondo Nasko viene in aiuto a madri che, di fronte a problemi economici, rinunciano a interrompere la gravidanza e, attraverso progetti personalizzati, sono assistite da consultori familiari accreditati e Centri di aiuto alla vita, iscritti nell’elenco regionale. A testimoniare l’efficacia di questo strumento sono i numeri: solo 2013 in tutta la Lombardia sono state 1.359 le donne che hanno scelto di portare avanti la gravidanza. Con l’introduzione dei nuovi criteri i numeri si ridurrebbero drasticamente. Vediamo un caso specifico: secondo Paola Bonzi, responsabile del Centro di Aiuto alla Vita della Clinica Mangiagalli, nell'anno 2013 le persone aiutate tramite Fondo Nasko nel centro da lei diretto sono state 341, mentre, secondo le previsioni, con l’introduzione dei nuovi criteri per l'anno 2014 il numero di utenti che potranno usufruire di questo sussidio sarà all'incirca di 80.
A questa vicenda si aggiunge un’aggravante: l'assessorato alla Famiglia, guidato dalla leghista Maria Cristina Cantù, nel giustificare i motivi di questa restrizione ha sottolineato che, nei 3 anni di sperimentazione, degli oltre 18 milioni spesi tra il Fondo Nasko e il Fondo Cresco (per garantire un'alimentazione sana a mamme e bebè in condizioni di povertà), il 75% è finito a extracomunitari.
In queste settimane sono state oltre 20 mila le firme raccolte contro questa decisione e, in una lettera indirizzata a Roberto Maroni e all’Assessore Cantù, Paola Bonzi ha manifestato il "fortissimo disagio" dopo la decisione di modificare i criteri di assegnazione del Fondo Nasko. «Questi nuovi criteri - scrive la direttrice - portano ad una discriminazione chiaramente iniqua, che va contro la legge 194/78 art. 5», il cui «risultato sarà uno solo una forte riduzione di donne che chiedono aiuto, o, peggio ancora, l'impossibilità di aiutare donne che vorrebbero tenere il loro bambino ma saranno costrette ad abortire per motivi economici. Siamo vicini alla follia». La lettera si chiude con un appello a Cantù e Maroni: «mettetevi una mano sulla coscienza. Lasciate tutto così come è oggi. Istituzioni e volontariato insieme riusciranno a fare un fronte comune. Voi che amministrate il bene comune andate oltre ai numeri freddi dell'amministrazione e puntate sul buon senso, sulla vita nel rispetto della legge vigente sull'interruzione di gravidanza». All’appello di Paola Bonzi si è aggiunta la voce della Caritas Ambrosiana con il direttore don Roberto Davanzo che ha affermato: «la decisione della Giunta regionale di modificare i criteri di assegnazione del sostegno a favore delle donne in attesa di un figlio non può non inquietarci. Come a dire che il valore della vita di un bambino dipenderà, nella nostra Regione, in qualche modo anche dalla nazionalità della sua mamma o da questioni anagrafiche che contano assai meno di una vita umana».
Non molto differente è la posizione di Giovanni Meola, presidente di Amci Milano, associazione di medici cattolici, che ha parlato di “decisione discriminatoria”, «inquietante e di autentico disprezzo rispetto alla vita nascente. Pensare di poter adottare decisioni di questa delicatezza sulla base di questioni anagrafiche o di nazionalità esprime una visione miope del bene comune. Alimentare una politica su basi discriminatorie o di paura dell'altro e del diverso è un segnale che deve far riflettere. Il prossimo anno la nostra Regione vuole essere lo specchio del mondo con Expo. Questi provvedimenti certo non eleveranno l'immagine della Lombardia nel mondo». La questione in Regione Lombardia sta diventando un vero e proprio caso politico, che potrebbe minare la tenuta della maggioranza. Non solo le opposizioni, ma anche il Nuovo Centrodestra, che in Regione Lombardia sostiene il Governatore Maroni, si è scagliato contro la decisione di rivedere i criteri.