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LA CATECHESI DEL PAPA

Caterina da Genovaspiega il Purgatorio

L'esperienza del Purgatorio inizia già in questa vita, insegna la santa che visse nella seconda metà del '400.

 

Attualità 12_01_2011
caterina da genova
Proseguendo in un ciclo di catechesi dedicate alle sante che portano il  nome di Caterina, dopo Caterina da Siena (1347-1380) e Caterina da Bologna (1413-1463), il Papa ha presentato all'udienza generale del 12 gennaio la figura di Caterina da Genova (1447-1510), «nota soprattutto — ha ricordato — per la sua visione sul purgatorio», parte di una collezione di meditazioni raccolta dal suo confessore e pubblicata postuma nel 1551.
 
Caterina nacque a Genova, nel 1447. Rimasta orfana di padre, a sedici anni fu data in sposa a un ricco mercante che aveva fatto fortuna in Medio Oriente, «dedito al gioco d’azzardo», che la coinvolse in «un tipo di vita mondana, nella quale, però, non riuscì a trovare serenità. Dopo dieci anni, nel suo cuore c’era un senso profondo di vuoto e di amarezza».
 
Benedetto XVI parla di una vera «conversione», la quale inizia il 20 marzo 1473, con una visione dei suoi peccati e dell'immensa misericordia di Dio, nel monastero di Nostra Signora delle Grazie a Genova. «Da questa esperienza — spiega il Papa — nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: "Non più mondo, non più peccati"». Tornata a casa, «le apparve Gesù sofferente, carico della croce, come spesso è rappresentato nell’iconografia della Santa». Dopo queste visioni, «Caterina si abbandonò in modo così totale nelle mani del Signore da vivere, per circa venticinque anni — come ella scrive — "senza mezzo di alcuna creatura, dal solo Dio instrutta et governata" (Vita, 117r-118r), nutrita soprattutto dalla preghiera costante e dalla Santa Comunione ricevuta ogni giorno, cosa non comune al suo tempo. Solo molti anni più tardi il Signore le diede un sacerdote che avesse cura della sua anima».
 
Non si deve però credere che la sua fosse una vita puramente contemplativa. Al contrario, «ill luogo della sua ascesa alle vette mistiche fu l’ospedale di Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale ella fu direttrice e animatrice. Quindi Caterina vive un’esistenza totalmente attiva, nonostante questa profondità della sua vita interiore». All'ospedale, centro della sua vita fino alla morte che la colse nel 1510, potè contare su una schiera di seguaci e collaboratori, fra cui lo stesso marito, che con sua grande gioia si era nel frattempo convertito ed era divenuto terziario francescano. Questo doppio impegno, in un'altissima vita di contemplazione e all'ospedale, appare al Papa molto istruttivo. Dimostra che «la mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio».
 
Caterina, come si è accennato, è conosciuta soprattutto come autrice di un «Trattato sul Purgatorio». Al riguardo, nota il Papa, «è importante notare che Caterina, nella sua esperienza mistica, non ha mai rivelazioni specifiche sul Purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando. Tuttavia, negli scritti ispirati dalla nostra Santa è un elemento centrale e il modo di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca».

 

Le caratteristiche originali sono sostanzialmente due. La prima, secondo Benedetto XVI, «riguarda il "luogo" della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio: si pensava a un certo spazio, dove si troverebbe il Purgatorio. In Caterina, invece, il Purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il Purgatorio, un fuoco interiore. La Santa parla del cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio». Questa immagine del Purgatorio è forse più difficile di quella consueta, ma la completa, e aiuta a riflettere sul ruolo centrale della purificazione.
 
In secondo luogo, il modo di procedere di Caterina per spiegare la realtà del Purgatorio è pure diverso da quello consueto. Caterina non parte da quanto ci attende dopo la morte ma dalla nostra stessa vita dove, in quanto non siamo totalmente purificati dal peccato, viviamo già l'esperienza del Purgatorio, per lo più senza rendercene conto. In Caterina, afferma il Papa, «non si parte, infatti, dall’aldilà per raccontare i tormenti del Purgatorio — come era in uso a quel tempo e forse ancora oggi —  e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma la nostra Santa parte dall’esperienza propria interiore della sua vita in cammino verso l’eternità. L’anima  — dice Caterina — si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio. Caterina afferma che Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà (cfr Vita mirabile, 177r). E anche noi sentiamo quanto siamo distanti, quanto siamo pieni di tante cose, così da non poter vedere Dio.

L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato».

 

Se Caterina da Bologna richiama alle verità della dottrina cattolica sul demonio e sull'Inferno, Caterina da Genova va studiata per ricordare come della nostra fede sia parte integrante anche la dottrina del Purgatorio. Il Purgatorio, beninteso, non è l'Inferno. Dio segue passo passo la purificazione delle anime del Purgatorio e le attrae a Sè. Dai testi attribuiti a Dionigi l’Areopagita, che conosceva bene, Caterina trae l'immagine «del filo d’oro che collega il cuore umano con Dio stesso. Quando Dio ha purificato l’uomo, egli lo lega con un sottilissimo filo d’oro, che è il suo amore, e lo attira a sé con un affetto così forte, che l’uomo rimane come "superato e vinto e tutto fuor di sé". Così il cuore dell’uomo viene invaso dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza (cfr Vita mirabile, 246rv). Questa situazione di elevazione verso Dio e di abbandono alla sua volontà, espressa nell’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le solleva verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio (cfr. Vita mirabile, 179r)».

Un'ultima «verità fondamentale della fede» richiamata da Caterina è che le anime del Purgatorio hanno bisogno delle nostre preghiere. Lo studio di Santa Caterina da Genova così «diventa per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata di Dio nella comunione dei santi (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1032)». Altri santi, come il beato Francesco Faà di Bruno (1825-1888), fondatore delle Suore Minime del Suffragio, faranno di questa verità della fede cattolica un programma di vita. Ma il Purgatorio, insegna il Papa, c'è, e la preghiera per le anime purganti è un dovere di ogni cattolico che conosce la sua fede.