Caso Boccia, da diritto l'aborto è diventato un dovere
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«L'aborto è un omicidio»: il putiferio creato dalle affermazioni di Incoronata Boccia in un programma Rai è il segno di quanto l'ideologia dominante sia violenta e non tolleri la realtà, e neanche la libertà delle donne.
- VIDEO: Cora Boccia, un esempio di verità e libertà
Le polemiche più infuocate di questi giorni hanno il loro epicentro nella trasmissione serale di Rai 3 Che sarà, condotta da Serena Bortone. Ma mentre sul caso Antonio Scurati – lo scrittore a cui è stato bloccato il monologo sul 25 aprile – la conduttrice si ribella e rivendica il diritto di leggere in diretta il pensiero (se così si può definire) di Scurati, sul caso Incoronata Boccia ha fatto calare un imbarazzato silenzio.
Cosa ha fatto Incoronata – detta Cora – Boccia, che tra l’altro è vice-direttrice del Tg1? Semplicemente nel corso di uno scambio tra diverse ospiti, ha detto che l’aborto è un delitto e non un diritto: «Lungi da me giudicare persone e storie – ha detto -, si giudica il principio: stiamo scambiando un delitto per un diritto».
Apriti cielo, piovono critiche feroci da tutte le parti, giudizi di indegnità a ricoprire un incarico importante nella tv di Stato, dal Pd si arriva fino alla richiesta di dimissioni. Ovviamente sono gli stessi che con la stessa violenza denunciano la censura per il monologo di Scurati.
Tutto ampiamente prevedibile, anche Cora Boccia lo aveva previsto, come ha detto in una successiva intervista in cui ha comunque confermato quello che ha detto in tv «parola per parola».
Quindi un doppio applauso a Cora Boccia, che ha avuto il coraggio di affermare la verità e di non rimangiarsela dopo gli attacchi personali. E merito ulteriore perché sapeva già in partenza che non sarebbe stata difesa neanche dai politici di centro destra: «Anche la politica ha paura di dire che l’aborto è un omicidio», aveva infatti detto in tv. E così infatti è: ci si è fermati al massimo a difendere il diritto a esprimere le proprie opinioni, ma senza entrare nel merito, anzi preoccupandosi di dire che la Legge 194 non si tocca.
Eppure ciò che ha detto la vice-direttrice del Tg1 è esattamente il punto vero della questione: l’aborto è un omicidio. È un dato evidente, una realtà che si impone se si guarda al fatto in sé: oggi, con la tecnologia e le conoscenze che abbiamo a disposizione, nessuno può dire seriamente che non si tratta di una vita, che è soltanto un grumo di sangue.
E allora come accade che sia un argomento tabù, che chi afferma questa evidenza è trattato come un marziano, ridicolizzato ed espulso dal consesso delle persone civili?
È la forza e la violenza dell’ideologia, che occulta la realtà spostando l’attenzione altrove, in questo caso sulla donna: il dramma della donna, la libertà della donna, il diritto della donna. Già, cose in teoria anche legittime, ma non è la donna la principale protagonista della vicenda. È il feto, cioè la vittima sacrificale. In tutti i discorsi sull’aborto e sulla 194 è il grande assente, si parla solo della donna. E della donna in astratto, si potrebbe dire; perché ad esempio non si parla mai delle donne che hanno avuto l’aborto e si portano dietro il dramma – questo sì – di aver fatto fuori il proprio figlio. Non si parla mai del grande peso che le donne si trascinano tutta la vita per aver rifiutato quel figlio. Ogni tanto qualche caso personale affiora, come recentemente è capitato con Simona Ventura, ma resta confinato a qualche programma di confessioni personali, ma nei grandi dibattiti non è mai un tema di discussione.
E si capisce, l’ideologia non può ammettere sconfinamenti nella realtà. Ed è per questo che è violenta; è necessariamente violenta. Se chi comanda decide che il cielo è verde, per forza dovrà tagliare la testa a chiunque alza il capo: potrebbe esclamare innocentemente “ma io lo vedo azzurro!” e tutto il castello di menzogne crollare. È quello che accade anche con il gender o con i cambiamenti climatici: il Potere stabilisce una verità e tutti devono convincersi che sia così, anche se la realtà quotidiana dimostra esattamente il contrario.
Così è per l’aborto. Per il Potere non c’è minaccia più grande che affermare con innocenza, osservando la realtà, che si tratta di un omicidio. Per questo reagisce con tanta violenza e impone la sua legge assoluta.
Fino a stravolgere il senso stesso delle leggi. È vero, l’aborto in Italia è un diritto, checché ne dicano tanti cattolici. Anche se nella Legge 194 non si afferma espressamente questo diritto, è chiaro che se lo Stato – attraverso l’azienda ospedaliera - ha il dovere, a certe condizioni, di garantire l’aborto a chi lo richiede, vuol dire che dall’altra parte c’è un diritto soggettivo.
Ma oggi si sta andando oltre, dal diritto si sta passando al dovere: la donna in difficoltà “deve” scegliere l’aborto. Altrimenti non si spiega questa insurrezione contro l’emendamento che prevede l’ingresso di personale pro-life nei consultori, peraltro previsto dalla 194. Se fossero davvero per la scelta della donna, si dovrebbero rallegrare per il fatto che nel consultorio la donna avrebbe la possibilità di valutare tutte le opzioni. Che scelta è se c’è solo una opzione? Così non dovrebbero avere nulla da obiettare a che la donna possa ascoltare il battito del cuore del feto che ha in grembo, per esprimere un vero consenso informato. Ma non è la libertà e il diritto quello che si vuole. L’aborto sta diventando un dovere: per le donne in difficoltà e per coloro che scoprono di avere un feto con malformazioni.
La semplice realtà è che la nostra società sta scivolando nel totalitarismo, e soltanto il rifiuto della menzogna può invertire la tendenza. L’aborto è un omicidio, la Legge 194 è quella che lo ha introdotto in Italia (purtroppo fin qui non c’è arrivata neanche la Boccia, vedi intervista al Giornale). Perciò chi continua a difendere la 194 – attivamente o non giudicandola per quello che è – vive nella menzogna.