Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Guido Maria Conforti a cura di Ermes Dovico
LETTERA DI UN ESILIATO

"Caro Papa, aiuti il Nicaragua. Ortega opprime il popolo e la Chiesa"

Proseguono gli abusi in Nicaragua da parte del regime di Ortega-Zambrana: 18 poliziotti vestiti di nero hanno rapito il proprietario di un’azienda agricola, anticomunista, insieme al figlio e ad altri due giovani. Il fatto è stato denunciato dall’avvocato ed esiliato politico Álvaro Leiva, segretario esecutivo dell’Associazione nicaraguense per i diritti umani. Leiva ha anche scritto una lettera a papa Francesco per denunciare le minacce e le persecuzioni messe in atto dalla dittatura, che politicizza la religione per intimidire la Chiesa. La Nuova Bussola la pubblica in esclusiva

Attualità 15_09_2020 Español

“Sono seminatori di zizzania!”. È così che il presidente Daniel Ortega ha chiamato i suoi critici - tra cui i Vescovi - mercoledì 9 settembre, durante il suo discorso alla celebrazione del 41° anniversario della fondazione della Polizia Nazionale, nella Piazza della Rivoluzione a Managua. «Dove stiamo seminando pace, vengono i seminatori di zizzania, ed è lì che noi diciamo, ripetiamo a tutti i nicaraguensi: “Signore, rendici uno strumento di pace”».

Nel frattempo, la Direzione delle Operazioni Speciali della Polizia (DOEP) ha fatto irruzione illegale nell’azienda agricola “La Premio”. Diciotto poliziotti vestiti di nero hanno rapito il proprietario Pablo Emilio Téllez (48 anni). Un anticomunista, ex combattente della Resistenza nicaraguense, organizzazione nota come “la Contra”. Téllez è stato portato via di forza dagli uomini di Ortega, insieme a suo figlio e altri due giovani lì presenti.

L’incidente è stato denunciato dall'avvocato Álvaro Leiva, segretario esecutivo dell’Associazione nicaraguense per i diritti umani (Anpdh), attraverso un video pubblicato su Facebook. “L’Anpdh chiede l’immediata liberazione di questi quattro cittadini nicaraguensi”, ha detto. L’Anpdh ha registrato 728 morti, 842 scomparsi, 514 prigionieri politici e 5.109 feriti, come risultato delle violenze per mano del regime di Daniel Ortega, a cui non trema la mano contro la Chiesa cattolica.

Di fronte a questa situazione, Álvaro Leiva ha inviato una lettera a Papa Francesco, chiedendo aiuto in difesa della Chiesa e del popolo nicaraguense. E la Nuova Bussola Quotidiana ha avuto accesso esclusivo al testo consegnato lo scorso 1 settembre e ancora senza risposta. Di seguito, la lettera integrale. (M.T.)

***

 

San José, Costa Rica, 1 settembre 2020

Sua Santità:

Riceva un rispettoso saluto da San José, Costa Rica. Mi chiamo Alvaro Leiva Sánchez, sono un avvocato nicaraguense, difensore dei diritti umani, segretario dell’Associazione Nicaraguense per i Diritti Umani (ANPDH)-Nicaragua, presidente dell’Associazione Nicaraguense per la Difesa dei Diritti Umani (ANPDDH)-Costa Rica, con sede a San José, in Costa Rica, e con ID legale 3-002-779173 e delegato della missione per l’America centrale e gli Stati Uniti d’America della Canadian Human Rights lnternational Organization (CHRIO). Attualmente risiedo a San José, in qualità di esiliato politico.

La nostra associazione è nata per mandato del Congresso nordamericano, nel contesto della guerra degli anni Ottanta in Nicaragua (Amministrazione Reagan). Siamo un’organizzazione nicaraguense per i diritti umani, in esilio da agosto 2018 in Costa Rica, legalmente registrata e riconosciuta dal governo della Repubblica di Costa Rica, con ID legale numero 3-002-779173, per affrontare la crisi di violazioni dei diritti umani in Nicaragua.

Mi permetto di pregarla di rivolgere il suo sguardo sulla grave situazione di crisi di violazioni dei diritti umani che sta vivendo il mio popolo, sotto il regime politico dittatoriale guidato da Daniel Ortega Saavedra e Rosario Murillo Zambrana, che in modo incostituzionale e illegittimo sono a capo dello Stato del Nicaragua.

Una delle situazioni più recenti è stata quella verificatasi il 31 luglio contro la sacra immagine del Sangue di Cristo, nella cattedrale di Managua, definita dalla Conferenza episcopale nicaraguense (dichiarazione dell’8 agosto 2020) un “atto violento ed estremista, un tipico atto terroristico, premeditato e pianificato per offendere gravemente la nostra fede in Gesù Cristo Redentore e la stessa storia e identità nicaraguense. A questo si aggiungono altre profanazioni e sacrilegi, commessi nelle ultime settimane, in una serie di situazioni che pensiamo non siano isolate”.

Santo Padre, poiché lei sicuramente ha molte informazioni su questo argomento, gli attacchi contro la Chiesa cattolica in Nicaragua non sono nuovi e hanno gravi antecedenti risalenti agli anni Ottanta, e includono la violenza fisica contro preti e laici, vessazioni alle attività liturgiche, diffamazione, reclusione ed esilio, come nel caso del vescovo Pablo Antonio Vega (che riposi in pace).

In Nicaragua si è verificata una rottura dell’ordine costituzionale e dell’ordine democratico, che ha generato uno Stato fallito nell’esercizio del potere politico, poiché non può più garantire, come Stato, l’effettiva tutela dei diritti umani dei nicaraguensi; di conseguenza, in Nicaragua è stato creato un vuoto di potere politico e di governabilità.

Il regime continua a mancare completamente della volontà politica di rispettare pienamente i diritti umani dei nicaraguensi, senza eccezioni. Tutto il Nicaragua è militarizzato, con una significativa presenza di forze di polizia e paramilitari che impediscono la libera espressione, la libertà di riunione, organizzazione e movimento, come diritto umano universale. Il popolo è represso da intimidazioni, persecuzioni, minacce, sequestri, arresti ed esecuzioni extragiudiziali.

Non è prevista la possibilità di immediata apertura democratica né la restituzione dei beni confiscati, unitamente al risarcimento economico dei danni causati a tutti i mezzi di comunicazione chiusi e censurati, al fine di garantire il pieno diritto delle persone ad essere obiettivamente informate come diritto costituzionale e come diritto umano. Non ci sono le condizioni, a causa della centralizzazione di tutti i poteri dello Stato nicaraguense, compreso il Potere Elettorale, per un processo elettorale obiettivo e trasparente nel breve e medio termine, che possa pienamente garantire ai nicaraguensi di eleggere liberamente i loro governanti; continuano le intimidazioni e le vessazioni nei confronti di fedeli e dei leader religiosi, e il violento attacco alle chiese cattoliche.

Il presidente Daniel Ortega ha esacerbato le tensioni accusando la Chiesa di essere “golpista”, “terrorista” e “pedofila” e accusando i sacerdoti di accumulare armi nelle loro chiese, a nome dei manifestanti. Molti leader religiosi nel Paese affermano che il governo sta politicizzando la religione nel mezzo di una crisi politica. Il governo ha utilizzato il linguaggio religioso e ha cercato di infiltrarsi nelle parrocchie, secondo un rapporto della United States Commission on lnternational Religious Freedom (USCIRF).

A quanto sopra va aggiunto il dolo e la cattiva intenzione con cui il regime di Ortega-Murillo ha affrontato l’emergenza del Covid-19, in cui tutti i suoi atti e le dichiarazioni dei suoi funzionari sono volti alla promozione del contagio massivo della popolazione indifesa, che costituisce un atto in più di genocidio virale poiché c'è contaminazione comunitaria in Nicaragua. La situazione allarmante della mancanza di protezione del popolo nicaraguense, di fronte a questa emergenza, ha portato a un tasso di mortalità di proporzioni incalcolabili e alla mancanza di un piano nazionale di assistenza per questa emergenza umanitaria. Questa grave situazione di abbandono comprende più di 100 prigionieri politici, le cui vite sono in pericolo a causa della mancanza di cure mediche tempestive, torture, sovraffollamento e della cattiva alimentazione che ricevono.

Migliaia di nicaraguensi fuggiti dal Nicaragua a seguito della repressione scatenata dopo le proteste dell’aprile 2018 sono oggi costretti a tornare in patria, nonostante il grave pericolo che li minaccia, perché le loro opportunità di lavoro sono precluse in altri Paesi del Centro America a causa della pandemia e non hanno modo di pagare l’affitto delle loro case o il cibo per mantenere sé stessi e le loro famiglie. Nonostante una situazione così drammatica, il regime di Ortega-Murillo pone loro ostacoli e condizioni per farli entrare nel proprio Paese, violando così la nostra Costituzione politica e i diritti umani più elementari, presenti in convenzioni e trattati internazionali firmati e ratificati dallo Stato del Nicaragua.

Per tutte queste ragioni e molte altre, che farebbero di questa lettera un documento molto lungo, riteniamo che, finché il regime di Ortega-Murillo e tutte le sue strutture repressive contro i diritti umani dei nicaraguensi rimangono al potere, non è possibile realizzare alcun processo elettorale libero, trasparente e democratico.

Caro e apprezzato Santo Padre, ho cercato di esporre in queste righe una descrizione sintetica della situazione in cui vive la nostra Santa Madre Chiesa, i nostri degni Pastori e questo gregge che soffre - soprattutto nei suoi figli più giovani - la morte, la prigione, la persecuzione e l’esilio.

Con tutto il rispetto che merita Sua Santità, concludo la mia lettera con il cuore contrito, implorandole la grazia di un’udienza, anche di pochi minuti, per il giorno martedì 24 novembre, all’ora più conveniente per lei, per ricevere la sua benedizione e forse riuscire a puntualizzare alcuni degli aspetti affrontati in questa comunicazione. Ma, soprattutto, per sentire attraverso la sua presenza la forza rinnovatrice del Vangelo di Cristo, per rinnovare le mie forze, per riempire di nuovo di fede questo cuore che a volte si sente vuoto per la disperazione e la tristezza, di fronte a tanto dolore, ingiustizia e impunità che, come una croce pesante, opprime i miei fratelli nicaraguensi.

La ringrazio in anticipo, Sua Santità, per il tempo dedicato alla mia lettera e la saluto rispettosamente, assicurandole i miei migliori auguri come capo e guida della nostra Santa Madre Chiesa.

Cordialmente,

Dr. Alvaro Leiva Sánchez