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Cardinal Koch: Fiducia supplicans allontana gli ortodossi

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Per il prefetto del Dicastero per l'unità dei cristiani la dichiarazione sulle benedizioni alle coppie gay incrina i rapporti con l'Oriente. Alla causa arcobaleno si sacrifica persino il dialogo.

Ecclesia 05_06_2024
IMAGOECONOMICA - SARA MINELLI

«I negoziati tra Ucraina e Russia hanno senso solo “se il loro obiettivo è una pace giusta”». È questa la rapidissima sintesi offerta da VaticanNews, versione in lingua tedesca, della recente intervista del cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell'unità dei cristiani al settimanale cattolico Die Tagespost. L'articolo del sito del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede riporta esclusivamente le parole di preoccupazione del prelato svizzero sulla guerra in Ucraina, che definisce una guerra tra cristiani, «il triste contrario dell'ecumenismo dei martiri», ma tace completamente su altri due punti dell'intervista di grande rilievo.

Il cardinale è infatti ritornato sulla problematicità della dichiarazione Fiducia supplicans (FS) in relazione al dialogo con il mondo ortodosso. Koch ha rivelato di aver invitato il cardinale Victor M. Fernández alla plenaria del proprio dicastero, con il preciso scopo di offrire delle spiegazioni ai membri del gruppo ortodosso di dialogo, preoccupati dalla pubblicazione della dichiarazione. Il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede non ha però potuto corrispondere al desiderio del “collega”, perché impegnato nella plenaria del proprio dicastero, ed ha perciò scelto di inviare loro una lettera; risposta che però, afferma Koch, «gli ortodossi orientali hanno giudicato insufficiente». Sarebbe interessante che queste risposte fossero rese pubbliche. Il cardinale svizzero ha così chiesto ulteriormente a Fernández «di rispondere alle questioni irrisolte». Vedremo ora se Tucho sarà in grado di offrire risposte esaurienti al mondo ortodosso, il quale ha ben chiaro che cosa sia una benedizione e difficilmente sarà liquidato con il fatto che è questione di pochi secondi...

Le parole del prefetto del Dicastero che si occupa del dialogo tra i cristiani mostrano che la dichiarazione FS non è stata previamente discussa e condivisa né con i vescovi del mondo né con gli altri dicasteri. Con i primi lo hanno dimostrato le numerose defezioni e critiche piovute sulla “creatura” di Tucho, al punto da far sollevare un intero continente; sul secondo versante, se ne era lamentato già il cardinale prefetto del Dicastero per il Culto divino, Arthur Roche, poco dopo la pubblicazione della dichiarazione (vedi qui). Ed obiettivamente non a torto, dal momento che FS parla di benedizioni, dunque di sacramentali, soggetto di competenza del Dicastero presieduto da Roche. A dire il vero, permane anche il dubbio che FS sia stata condivisa con gli officiali dello stesso DDF, dal momento che il documento continua a presentare una semplice approvazione ex audientia, mentre manca la consueta dicitura (presente, per esempio, in Dignitas infinita e nelle Norme sulle apparizioni) che riferisce della decisione avvenuta nella sessione ordinaria o plenaria del dicastero.

Ora, un altro cardinale prefetto fa capire che Francesco e Tucho sono andati per la loro strada, senza confrontarsi con nessuno e provocando, com'era ovvio, problemi da ogni parte. La promozione della causa omosessualista all'interno della Chiesa ha evidentemente la priorità su qualsiasi altra preoccupazione, al punto che ad essa possono essere sacrificati il dialogo con gli ortodossi e l'unità interna del mondo cattolico.

Unità che il cardinal Koch vede ogni giorno sempre più minacciata a causa delle fughe in avanti su temi delicati, come l'ordinazione delle donne. «Anche nella Chiesa cattolica ci sono idee e richieste eterogenee a questo proposito. Ci sono non pochi vescovi in Germania, Svizzera e altri Paesi che sono decisamente a favore dell'ordinazione femminile e fanno dipendere da essa la futura vitalità della Chiesa cattolica», ha spiegato il cardinale, che ha richiamato la lacerazione verificatasi nella comunione anglicana proprio su questo tema.

La possibilità di un'apertura al sacerdozio femminile è stata più volte respinta da papa Francesco, il quale però ci ha ormai abituato alla bugia in chiave opportunistica. Basti pensare che, proprio su FS, il  Papa e Tucho hanno liberamente variato l'interpretazione del documento – benedizione delle coppie o degli individui? –, in base alle circostanze e agli interlocutori; o ancora, sull'impossibilità che dei seminaristi omosessuali possano procedere verso il sacerdozio, il Papa è passato nel giro di pochi giorni dalla “frociaggine” all'incoraggiamento ad andare avanti con la propria vocazione rivolta ad un giovane omosessuale allontanato dal seminario (vedi qui). Dunque che un “no” di Francesco significhi un “no” non lo crede più nessuno. Una negazione, nella triste astuzia bergogliana, significa più semplicemente che non è ancora il momento di rovesciare il tavolo, perché si è ancora nella fase di avviamento dei processi.

L'approssimarsi dell'Anno Santo, in cui ricorreranno i 1700 anni del Concilio di Nicea (325) offre al cardinale Koch lo spunto per denunciare un'altra grave e profonda crisi del mondo cattolico, specie di quello dei Paesi germanofoni: «l'eresia ariana (...) non è semplicemente una cosa del passato, ma è diffusa anche oggi», laddove Gesù Cristo viene limitato alla sua dimensione umana, mentre è di fatto rifiutato nella sua duplice natura di vero Dio e vero uomo. Koch ha sottolineato che questo nuovo arianesimo assume il volto del rifiuto della Chiesa come istituzione divina e della sua riduzione ad un'organizzazione filantropica e democratica. Benedetto XVI aveva «ripetutamente sottolineato che nella situazione odierna, dietro la tanto usata affermazione “Gesù sì - Chiesa no”, c'è un'affermazione ancora più profonda: “Gesù sì - Figlio di Dio no”».



il libro

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