Cara Associazione Coscioni, l'embrione è una persona
Caso degli embrioni criocongelati: l'Associazione Luca Coscioni e il legale della coppia dei genitori degli embrioni scrivono ad Amato, affermando che il concepito non può essere considerato oggetto di tutela. L'avvocato Amato risponde...
Filomena Gallo e Gianni Baldini, rispettivamente Segretario dell’Associazione Luca Coscioni e legale della coppia e Docente di Biodiritto Università di Firenze, hanno rilasciato la seguente dichiarazione:
«Gianfranco Amato, avvocato e presidente dell'associazione Giuristi per la vita, ha depositato un'istanza al presidente della Corte Costituzionale per ottenere la nomina di un curatore speciale per 9 embrioni congelati creati nell'ambito di un procedimento di procreazione assistita al centro Demetra di Firenze.
L’iniziativa intrapresa sarebbe da non commentare per la sua assurdità ma è bene ricordare ai lettori di qualche giornale cattolico che in Italia abbiamo delle leggi che vanno rispettate e che nessuna fantasia può pretendere di bypassare.
Nel nostro ordinamento l’unico soggetto minore oggetto di tutela è il nato secondo l’ art. 1 del Codice Civile. In Diritto non esiste nessuna norma che prevede il curatore di embrioni crioconservati e non trasferiti in utero. Troviamo la figura del Curator ventris che era un arcaico istituto, mutuato dal diritto romano; questa figura veniva nominata dal Tribunale in caso di morte del marito, per tutelare gli interessi del concepito e per amministrare i suoi beni. Tale istituto è stato abrogato dalla legge di riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151).
Occorre precisare che gli embrioni, oggetto di tale fantasiosa richiesta, sono crioconservati e tutelati a Firenze e sono di proprietà di una coppia; inoltre pende un procedimento per la verifica di costituzionalità della Legge 40, nella parte che riguarda la revoca del consenso e l’utilizzo per la ricerca di embrioni che non potranno determinare una gravidanza ma che potrebbero essere utili per la ricerca per trovare cure per malattie incurabili che determinano morte certa di tanti malati».
Ci spiace che due colleghi abbiano voluto cedere alla tentazione di una reazione stizzita e livorosa su una così delicata questione. Ora, al netto degli insulti e delle offese personali – indice comunque di un’attitudine poco civile al confronto – le dichiarazioni rassegnate nel comunicato meritano di essere commentante, anche per l’interessante arrière-pensée che riescono a mostrare.
Gli estensori del comunicato fanno finta di ignorare che l’articolo 1, primo comma, della legge 19 febbraio 2004 n. 40, recita testualmente: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». Se le parole hanno un senso significa che il concepito è un soggetto di diritto.
Il riconoscimento della soggettività giuridica del concepito non è affatto in contrasto con il quadro normativo vigente fino al 2004. In particolare deve essere escluso ogni contrasto con l’articolo 1 del codice civile, che indica il momento della nascita come momento di acquisto della capacità giuridica e subordina all’evento della nascita i diritti che la legge riconosce a favore del concepito.
L’apparente contrasto non si risolve tanto con la regola della legge posteriore che prevale su quella anteriore, ma sulla base di altre considerazioni: in primo luogo la norma del codice civile si concentra sui diritti patrimoniali del concepito, per niente occupandosi di quelli non patrimoniali, mentre, all’opposto, i diritti che la legge 40/2004 riconosce a favore del concepito, come sopra riassunti, non hanno alcuna valenza patrimoniale; il contrasto, poi, è inesistente perché il riconoscimento della soggettività giuridica del concepito che la legge 40/2004 attua è limitato, nei suoi effetti, alla fase precedente all’instaurazione della gravidanza: non a caso la legge 40/2004 fa salva la regolamentazione dettata dalla Legge 22 maggio 1978, n. 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, in quanto, una volta instaurata la gravidanza, i diritti fondamentali dell’embrione, primo fra tutti il diritto alla vita, possono essere bilanciati con quelli della madre, ritenendosi prevalente il diritto alla salute psicofisica della stessa (come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 27 del 1975).
La nomina di un curatore speciale degli embrioni, al fine di permettere il suo intervento nella causa promossa dalla coppia e, quindi, anche nel pendente giudizio incidentale davanti alla Corte Costituzionale, non è affatto una possibilità stravagante: già il diritto romano conosceva il curator ventris che tutelava i diritti dei bambini non ancora nati. Né si deve dimenticare, inoltre, che nella sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 1975, veniva menzionato l’allora vigente articolo 339 codice civile (nomina di un curatore del nascituro) come norma a tutela del concepito che contribuiva a soddisfare il precetto derivante dagli artt. 2 e 31 della Costituzione.
Si noti che quella norma permetteva la nomina di un curatore ai concepiti in una fase precedente l’acquisto della loro capacità giuridica, vale a dire il momento della nascita (art. 1 cod. civ.); qui, molto più semplicemente, si chiede la nomina di un curatore speciale degli embrioni cui la legge (limitatamente a questa fase) già riconosce la soggettività giuridica.
Con la dichiarazione secondo cui «gli embrioni sono di proprietà della coppia», i redattori del comunicato gettano la maschera, mostrando il volto di quella esiziale deriva ideologica che tende alla reificazione dell’essere umano, considerato alla stessa stregua un “prodotto”. Per costoro, infatti, gli embrioni non sono essere umani ma “cose”, e come tali oggetto di una possibile rivendicazione di proprietà.
Si tratta di affermazione, questa sì, fantasiosa – perché in nessun modo la legge 40/2004 dispone che gli embrioni appartengono ai genitori – ma soprattutto di un’idea aberrante e irrefragabilmente contraria ai principi fondamentali di un ordinamento giuridico liberale. Nessun essere umano può venir considerato proprietà di un altro essere umano! Sono proprio simili concezioni illiberali a giustificare mobilitazioni in difesa della dignità dell’embrione, come l’iniziativa denominata “Uno di Noi”.