Canone Rai in bolletta? Bello ma impossibile
Sul tavolo del governo Renzi il "dossier Rai" è tra i più urgenti ed entro fine anno conoscerà importanti evoluzioni. Per combattere l'evasione del canone (600 milioni di euro) Palazzo Chigi immagina di costringere 30 milioni di famiglie a pagarlo inserendolo nella bolletta elettrica e quindi, di fatto, rateizzandolo.
Sul tavolo del governo Renzi il "dossier Rai" è tra i più urgenti e entro fine anno conoscerà importanti evoluzioni. Anzitutto per quanto riguarda gli utenti. Pare che il 27% degli italiani evada con sistematicità il canone Rai, che peraltro è tra i più bassi d'Europa. L'ammontare complessivo dell'evasione è di circa 600 milioni di euro. Da anni si è cercato di escogitare soluzioni per smascherare i furbetti che evitano di pagare il balzello del canone, peraltro applicato sul possesso del televisore e non sul suo effettivo utilizzo. Ora Palazzo Chigi immagina di costringere 30 milioni di famiglie a pagarlo inserendolo nella bolletta elettrica, spalmandolo sulle bollette mensili o bimestrali e quindi, di fatto, rateizzandolo.
L'importo dovrebbe pressoché dimezzarsi. Ciascun utente pagherà, anziché gli attuali 113,50 euro, 65 euro, ma li verserà su ogni utenza elettrica. Quindi, i proprietari di più alloggi verserebbero varie volte il canone. Ad essere soddisfatti gli attuali contribuenti onesti, che magari hanno solo l'abitazione principale e che finora hanno pagato 113,50 euro all'anno. Se passasse l'emendamento alla Legge di stabilità che il governo Renzi proporrà in Senato, dal 2015 pagherebbero circa la metà. E il gettito complessivo preventivato sarebbe di 1,8 miliardi di euro. C'è, però, da dire che a pagare non sarebbero solo i possessori di televisori, ma anche tutti coloro che possiedono computer, smartphone, ipad e qualsiasi altro strumento in grado di garantire la visione di programmi televisivi. Il principio, già proposto in passato (tra gli altri, fu il professor Angelo Maria Petroni, consigliere d'amministrazione Rai nominato dall'allora ministro del Tesoro Giulio Tremonti, all'epoca del secondo governo Berlusconi, a ipotizzare l'inserimento del canone Rai nella bolletta dell'energia elettrica), non è mai stato tradotto in pratica, stanti le difficoltà tecniche enormi che creerebbe.
In primo luogo, i gestori di energia elettrica, che oggi sono diversi (proprio grazie alla progressiva liberalizzazione del mercato), dovrebbero trasformarsi in esattori e promuovere azioni legali nei confronti degli eventuali utenti morosi. Peraltro la bolletta elettrica contiene già, al di là delle cifre sulla effettiva fornitura, tutta una serie di altre voci, tra cui gli incentivi alle fonti energetiche alternative. Aggiungervi anche quella relativa al canone, peraltro diluita nelle varie bollette, potrebbe disorientare ancor più i cittadini. Occorrerebbero comunque dei mesi per adeguare i formati delle bollette e quindi sarebbe così impensabile attuare questa riforma a partire da gennaio 2015, che è ormai dietro l'angolo. Lo ha fatto presente anche il presidente dell'Autorità per l'energia, Guido Bortoni, commentando l'eventualità di inserimento del canone Rai in bolletta e dicendosi nettamente contrario. E poi si pone comunque un problema di equità.
Ci sono tantissime famiglie che non utilizzano la Tv e che dovrebbero pagare comunque il balzello, salvo riuscire a dimostrare di non fruire in alcun modo del servizio, cosa peraltro assai ardua, considerato che ormai in tutte le famiglie, anche quando non c'è un apparecchio televisivo, ci sono comunque dei computer che potenzialmente erogano anche trasmissioni radiotelevisive. Adusbef e Federconsumatori hanno già minacciato azioni legali qualora il governo proseguisse su questa strada. E allora Renzi ha già pronto un piano B, che consiste nell'inserimento del canone Rai nella dichiarazione dei redditi: agganciare il versamento di quella tassa all'Irpef, con un'oscillazione di importo annuale tra i 60 e gli 80 euro in base alle fasce di reddito. Quello che è certo è che il governo non ha più intenzione di tollerare un'evasione così massiccia come quella attuale. Contestualmente, intende intervenire sulla governance della Rai, rinnovando con un anno di anticipo (già l'anno prossimo, anche se scade nel 2016) e per un decennio il contratto di servizio pubblico, al fine di dare alla Tv di Stato un lasso di tempo più' ampio per programmare i contenuti e assicurare qualità. Scomparirà la figura del direttore generale, sostituita con quella di un amministratore delegato con pieni poteri.
La nuova Rai avrebbe un cda di 5 membri, contro i 9 attuali, che verrebbero nominati dal Parlamento ma su designazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, della Conferenza dei rettori, della Conferenza Stato-Regioni e di altre istituzioni. Nessuna designazione partitocratica, quindi, più meritocrazia e maggiore agilità nella definizione delle scelte (oggi anche per acquistare una matita bisogna fare un appalto, domani potrebbero essere responsabilizzate le figure apicali, anche con una maggiore trasparenza gestionale). Intanto, però, la priorità rimane quella del canone, visto che l'attuale cda scade in primavera e, teoricamente, per disegnare la nuova catena di comando si potrebbe anche aspettare qualche mese in più. Ovviamente Renzi cercherà di accelerare, anche per acquisire ulteriore popolarità, considerata la disistima, ampiamente giustificata, che tanti cittadini nutrono verso l'attuale Rai.