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TRA LE RIGHE

Canale Mussolini

Ambientata negli anni Venti del secolo scorso, ecco una storia a tinte epiche che ricorda la bonifica delle Paludi Pontine. Un quadro emozionante dove la memoria sconfina nella leggenda: un romanzo di Antonio Pennacchi.

Tra le righe 12_03_2011
Canale Mussolini

L’annata dei romanzi 2011 verrà ricordata per l’esplosione del Canale Mussolini di Antonio Pennacchi, un Premio Strega conteso fino all’ultimo voto e decisamente meritato, come in un passato recente è toccato alle solitudini di Paolo Giordano o al Dolore perfetto (e splendido) di Ugo Riccarelli.

Canale Mussolini è una storia d’altri tempi sgorgata da uno scrittore che dice di appartenere all’Ottocento: Anni Venti del secolo scorso, la famiglia dei Peruzzi, che ha “la furia come tara” e la fame nel sangue, non ne può più dei soprusi del Conte Zorzi Vila, e sfrutta al volo la congiuntura storica: abbandonare il Nord, raggiungere l’Agro Pontino al tempo della grande bonifica, prendere un drappo di terra dato dallo Stato fascista e iniziare a far rivivere quella landa da sempre segnata da acque stagnanti e zanzare. Le rievocazioni delle operazioni di bonifica sono l’osso più forte della vicenda, anche perché “estraggono” dal nostro passato una pagina completamente accantonata.

Respiriamo così una ventata epica come forse non facevamo da anni. Pennacchi dice d’ispirarsi a Tolstoj. Al maestro russo però si potrebbe aggiungere Eugenio Corti (che Pennacchi da vecchio comunista non avrà letto…). Entrambi hanno in dono una sorgiva felicità di scrittura e una naturale confidenza con il lettore (in Pennacchi si manifesta con quell’ossessivo e simpatico “Come dice lei? Come dice scusi?”). Nel Canale non c’è spazio per tortuosità. Parlano i fatti. La storia. Possibilmente, almeno nelle intenzioni, senza torsioni di collo alla verità (“Onestà vuole – perché se no ci pigliamo in giro – che io le dica tutta la verità e fino in fondo, almeno per come la conosco io e per come i miei zii me l’hanno raccontata”).

Come uno scriba, Pennacchi attinge alla liturgia della memoria. Vita e opere dei Peruzzi di Codigoro diventano il piano cartesiano del mondo. Rievoca un esodo, “trentamila persone nello spazio di tre anni”, che ha i lineamenti di una littorina in corsa verso il Sud: “La tradotta arrivava ogni giorno a Littoria alle sette e mezza del mattino. L’esodo era terminato. La Terra Promessa raggiunta e le guardie del Faraone – schierate coi fez e le camicie nere sul marciapiede del binario Uno – erano lì a proteggerci nello sbarco ed a guidarci nel prendere possesso del nostro Mar Rosso prosciugato”.

Da Fenoglio, che per primo parlò di “guerra civile”, Pennacchi eredita la pietà per i vinti. Non li assolve, ma li comprende. E nel romanzo non omette anche minuscoli incroci “diversi” della memoria. Come quando ricorda l’ingenuità della Zia Bissola che si vantava di aver fatto anche lei la sua Resistenza… passando le munizioni ai tedeschi per impiombare gli americani… La bellezza del Canale si innerva sulla quantità delle corde accarezzate. C’è un Pennacchi lirico e spaesante, e un esempio tra i tanti è il cammeo sull’amore coniugale di p. 23: “Si figuri che alla fine poi… una mattina mia nonna s’è alzata come al solito e ha visto però che lui non lo faceva, restava nel letto a impigrirsi. Allora lo ha guardato, accigliata come a dire: “Che aspetti?” Lui ha fatto: “Al son drìo non sentirme tanto bèn. Al resto in leto inquò”. E non s’è più alzato, e venti giorni dopo, una sera, lei gli si è seduta a fianco e lui ha detto, con voce fioca: “Come te sì bea”. Lei ha risposto: “No, caro: te sì tì che te sì beo”, e lui poco dopo è morto”.

C’è il Pennacchi storico (si veda la descrizione delle fondazioni delle città fasciste), quello gonfio di bile (l’episodio del pagliaio incendiato e la conseguente rappresaglia). Ancora, c’è il Pennacchi magico (la leggenda del camion 18BL inghiottito dall’asfalto e il fantasma di un gatto che ritorna), il Pennacchi agronomo (la lotta antimalarica e l’epopea degli eucalipti) e persino quello patetico e straziante (l’episodio del piccolo Benito Mambrin volato dal treno). In sintesi, la fisarmonica delle emozioni è magistralmente ampia. Come si conviene a un grande libro, che è un piacere rileggere nel nostro tempo così ultrarapido e divoratore.

 

Antonio Pennacchi
Canale Mussolini
Mondadori, pagine 460, euro 20.