Campane a morto addio, è il funerale festaiolo
Un prete nel comasco decide di non far suonare più le campane a morto perché il decesso è un rinascere a vita nuova. Vero, ma non sappiamo se verso l'inferno o il paradiso. Ma si continua ad andarea avanti così. E' il nuovo clima ecclesiastico festaiolo, quasi carnevalesco, perciò bisogna adeguarsi.
E vai con la liturgia creativa: a Ronago, nel comasco, il consiglio pastorale ha deciso di farla finita con le campane a morto durante i funerali. Il parroco, al grido di «e chi sono io per giudicare?», ha preso atto democraticamente della volontà della maggioranza. Del resto, il prete è solo colui che «presiede» l’«assemblea liturgica», nella quale risiede la sovranità celebrativa. Il popolo sovrano di Ronago, con un ragionamento teologicamente adamantino (l’adamantio di Wolverine, avete presente?), si è chiesto: ma uno, quando muore, non rinasce forse a nuova vita? Perciò, campane a festa, altro che lugubri rintocchi.
Uno rigido, uno di quelli cioè che usano la dottrina come una clava e nulla sanno di misericordia, potrebbe obiettare che non sappiamo mai se il defunto possa permettersi di festeggiare. Infatti, è vero che rinasce a nuova vita, ma dall’altra parte non c’è una sola cosa, bensì tre opzioni: Paradiso, Purgatorio, Inferno. E non si può sapere dove il de cuius sia finito. Spiacenti, ma non c’è voto di maggioranza o unanime che tenga. Né parroco creativo. Certo, il nuovo clima sudamericano è festaiolo, quasi carnevalesco (il più famoso carnevale del mondo è infatti quello di Rio, anche se batte i record di morti ammazzati), perciò bisogna adeguarsi.
Il lugubre rintocco che costringeva a essere seri almeno davanti alla morte? In soffitta, con tutte le clave e le rigidità preconciliari. Applausi alla bara, discorsetti alla luterana, bandiere di calcio, canzoni sanremesi sì e campane no? E allora forza, ch’è sempre Pasqua. Ma aboliamola questa Quaresima, coi suoi digiuni e l’astinenza dalle carni che mina il patrimonio zootecnico. E via quei paramenti viola che portano pure sfiga. Abbasso i muri e viva i ponti, comunione a richiesta e senza esame previo. Non lo sapete, duri di cuore che non siete altro, che ci sono legioni di divorziati alle seconde e terze nozze che soffrono perché non possono fare la comunione? Il loro assordante grido di dolore è giunto fino alla sacra pantofola. E dategliela, ‘sta comunione, che vi costa?
E se gli omosessuali vogliono sposarsi in chiesa, a voi che ne cale? Vi tolgono qualcosa? No, perciò, forza venite gente, aggiungi un posto a tavola, più siamo e meglio è. Lasciatevi contagiare dallo stile del papa bianco e dalla teologia, sempre sudamericana, di quello nero. Perché fate resistenza allo Spirito? Il quale, si sa soffia dove vuole e quest’anno va di moda il «liberi tutti».
E’ normale che ogni pontificato porti il suo stile. Noi di una certa età abbiamo visto quello «della luna», poi quello «amletico», poi quello brevissimo, poi quello delle grandi adunate, poi quello teutonico, era ora vai col tango alla Carlos Gardel. Mi toccherà fare testamento e stabilire fin d’ora la coreografia del mio funerale. Il quale dovrà svolgersi non certo in chiesa, perché figurati se il consiglio pastorale, il parroco e il vescovo mi concedono il rito straordinario.
Anzi, ci sta che il mio feretro debba sfilare tra due ali di convenuti festanti con i cani al guinzaglio. Ho detto guinzaglio? Ma sono ammattito? In braccio, che fa tanto pet therapy, povere creature (a quando la rivendicazione della comunione pure a loro? badate che non scherzo).
Ora, però, devo dire che io ce l’ho con la Madonna. Sì, perché sono cent’anni che aspettiamo il trionfo del suo Cuore Immacolato e invece quella santa donna che fa? Ci manda un papa progressista. Mah, dove andremo a finire… Che dico? Ci siamo già finiti: Bergoglio che accantona i discorsi scritti e parla a braccio come al bar, così costringendo i giornalisti a esegesi doppie, Bagnasco che dà la comunione a Luxuria, Paglia che elogia Pannella, il capo gesuita che non sa che cosa ha detto Gesù perché nessuno lo ha registrato. Devo continuare? No, lo fa già puntualmente la La Nuova BQ. Ahimè, voglio morire. Anzi, no: mi farebbero un funerale «gioioso» e non saprei mai se sono solo contenti che io me ne sia andato.