Camion vela vs Ddl Zan, per difendere la verità
«L’identità di genere cancella la donna», «Ci mandate in prigione per un’opinione», «C’avete rotto con il politicamente corretto». Pro Vita & Famiglia risponde con una decina di camion vela alla propaganda pro Ddl Zan,
«L’identità di genere cancella la donna», «genitore 1, genitore 2, genitore 3, genitore 4. No grazie: mamma e papà». «Ci mandate in prigione per un’opinione». La risposta di Pro Vita & Famiglia alla manifestazione pro Ddl Zan indetta ieri a Milano, in Piazza della Scala, con tanto di partecipazione del sindaco, Beppe Sala, sfila ed è sfilata - a caratteri cubitali - con questi messaggi, portati sulle strade da una decina di camion vela. «Basta storytelling, noi raccontiamo come stanno le cose», sono le parole scelte da Toni Brandi, che di Pro Vita & Famiglia è il presidente, per presentare l’iniziativa. «Contro il bavaglio, contro l’invenzione dell'omotransfobia come allarme sociale, per evitare i corsi di educazione all’omosessualità, alla transessualità, al lesbismo e alla bisessualità nelle scuole dei nostri figli, ci siamo anche noi a Milano! E a modo nostro», ha invece aggiunto il vicepresidente della sigla pro family, Jacopo Coghe.
In effetti, la sfilata di ben dieci camion vela, peraltro con messaggi forti e chiari («C’avete rotto con il politicamente corretto», si legge per esempio su uno dei manifesti), è una contromossa di rilievo e tatticamente utilissima. Sì, perché ricorda che i contrari al Ddl Zan senza se e senza ma esistono. I media li censurano, ma non per questo la loro battaglia è meno degna, anzi; e, oltretutto, non somigliano affatto ai responsabili - veri o presunti - delle oscenità ricordate da Fedez sul palco del Concertone, per demonizzare i pro family. I contrari al Ddl Zan sono attivisti, intellettuali ma anche semplici cittadini che, semplicemente, osano ancora sposare un’antropologia basata sul diritto naturale e che non fa che presidiare l’ovvio.
La famiglia nasce dall’unione tra un uomo e una donna, i bambini hanno diritto a padre e madre, maschio e femmina sono differenti, l’utero in affitto è un abominio: queste sono infatti le verità semplici e al tempo stesso proibite, per così dire, sulle quali la grancassa mediata glissa, cercando di far passare i contrari alla legge contro la cosiddetta omotransfobia come picchiatori o gente impaziente di riaprire i campi di concentramento. Non è così, evidentemente. Motivo per cui alla coraggiosa iniziativa di Pro Vita & Famiglia - da anni in prima linea a tutela dei diritti, quelli veri - va un plauso sincero; perché rompe la censura dei media, come si diceva, e perché ricorda l’esistenza di una contrarietà al Ddl Zan anch’essa quasi scomparsa (o insabbiata?) da un contesto mediatico dove, ci si faccia caso, pare che i soli dubbi riguardino i possibili ritocchi al Ddl Zan, la cui approvazione è tuttavia dichiarata insindacabile, come se fosse un testo sacro, un trattato solenne e non, nella migliore delle ipotesi, un mostro giuridico.
Invece ci sono ancora persone che hanno il coraggio di difendere il diritto naturale, e tutte le relative implicazioni - delle quali la libertà di opinione è un pilastro, ma non è certo il solo -, e lo fanno pacificamente, ma al tempo stesso senza tentennamenti di sorta. Del resto, di censura, anche senza Ddl Zan, ce n’è già abbastanza. Se infatti non fosse per un manipolo di giornalisti, da Mario Giordano a Nicola Porro, probabilmente oggi molti italiani, ingannati dalla propaganda degli influencer, neppure saprebbero che non è necessario approvare il Ddl Zan a tutti i costi. Si può ancora, anzi ci si deve opporre. Soprattutto, si deve far conoscere questa posizione di ferma contrarietà che perfino in casa cattolica, da alcune settimane, sembra messa in disparte in favore d’una linea morbida che, lo insegna l’esperienza, più che a un punto d’incontro di solito porta giù da un burrone.
In tal senso, l’iniziativa di Pro Vita & Famiglia costituisce sì una gran risposta a Sala, Fedez e a tutto il mondo pro Lgbt meneghino e non (a dir poco coccolato dai grandi media), ma rappresenta pure un salutare monito a un popolo cattolico che, in buona parte, a certe battaglie preferisce non credere più, persuaso che «così va il mondo». Peccato che in tutto il Vangelo manchi un versetto che consigli di cedere alle tendenze del momento. «Non si vede proprio», osservava in proposito il compianto cardinale Giacomo Biffi, «come si possa presentare Gesù come l’antesignano del “dialogo” nel senso moderno del termine». Ora, se queste considerazioni sono vere già in generale, viene da chiedersi che senso abbia immaginare in particolare un dialogo con chi vuol mettere fuorilegge fette significative anche della morale cattolica. Meglio pensarci bene, perché la verità delle cose è sotto gli occhi di tutti. E circola stampata sui camion vela, almeno per il momento.