Brexit "meglio nessun accordo che un cattivo accordo"
La premier britannica Theresa May, già in campagna elettorale, ha respinto le prime proposte negoziali europee per l'uscita del Regno Unito. Si tratta di linee guida, ma contengono già indicazioni che Bruxelles si prepara a imporre condizioni capestro. La leader conservatrice britannica chiede un forte mandato.
Secondo l’Unione Europea, il Regno Unito può anche uscire dall’Unione, ma a queste condizioni: pagare tutti i suoi impegni finanziari fino al 2020 (anche un anno dopo l’uscita prevista), naturalizzare tutti gli emigranti dall’Ue, a condizioni ancor più vantaggiose rispetto a quelle odierne, sottoporre alla Corte di Giustizia europea eventuali controversie sui diritti dei cittadini e accettare tutti gli standard del mercato comune (pur essendone escluso) in caso di nuovo accordo di libero scambio. La May ha risposto semplicemente che è “meglio nessun accordo che un cattivo accordo”.
La premier britannica si presenta così ai suoi futuri elettori nelle elezioni anticipate dell’8 giugno, con piglio aggressivo e determinazione nel portare a termine il suo compito. A gennaio aveva già dettato le sue regole “La mia risposta è chiara. Voglio che questo Regno Unito emerga dal periodo di cambiamenti che sta attraversando, ancora più forte, più unito e lungimirante che mai. Voglio che sia un paese sicuro, prospero, tollerante, un magnete per i talenti internazionali e un rifugio sicuro per pionieri e innovatori che plasmeranno il mondo di domani”. E’ una visione di società aperta, una “Global Britain”, ben lontana dai cliché nazionalisti e xenofobi che le vengono appiccicati spesso e volentieri dalla stampa europea. All’atto pratico, il piano della Brexit si articola in 12 punti, fra cui il “controllo sulle nostre leggi”, il “mantenimento della libera circolazione con l’Irlanda”, ma, al contempo, “il controllo sul numero degli immigrati che vengono in Gran Bretagna dall’Europa”, pur mantenendo un “libero mercato con l’Europa tramite un accordo di libero scambio”.
Le contro-proposte europee sono apparentemente le stesse. Quindi a prima vista l’accordo dovrebbe essere facile. Ma è nelle pieghe delle “linee guida” di Bruxelles che si trovano richieste che Londra non può accettare. L’Ue intende trattare con il Regno Unito come fosse un unico paese. Non saranno permessi accordi bilaterali con i singoli Stati membri. Il Mercato Unico deve essere preservato nella sua interezza, “questo vuol dire che il Regno Unito non potrà partecipare a negoziati su singoli settori”. Inoltre “le quattro libertà dell’Ue sono indivisibili”, dunque Londra deve accettare tutti gli immigrati. Saranno certamente garantiti i diritti di 3 milioni di cittadini dell’Ue che già vivono e lavorano nel Regno Unito, acquisiranno la residenza permanente dopo 5 anni di residenza legale continuativa. Ma, quanto alla partecipazione al Mercato Unico, i diritti del Regno Unito decadranno. In caso di accordo di libero scambio dopo la Brexit, invece, il governo britannico dovrà pagare tutti gli impegni presi con le istituzioni finanziarie europee fino al 2020, per un totale di 50 miliardi di euro (richiesta specificamente inoltrata dalla Germania). E questo come condizione necessaria, prima ancora di negoziare un nuovo trattato. Infine, ma non da ultimo, su richiesta soprattutto della Francia, un futuro accordo di libero scambio dovrà essere stipulato alle condizioni e con gli standard del mercato comune europeo, dunque Londra non potrà proporre condizioni più concorrenziali.
E l’Irlanda? L’uscita del Regno Unito dall’Ue riaccende la miccia, perché una delle basi dell’accordo di pace nell’Irlanda del Nord (la pace del Venerdì Santo) era proprio la comune appartenenza dei due paesi all’Ue. Come abbiamo visto nelle condizioni della May, il Regno Unito vuole mantenere la libera circolazione con l’Irlanda. Ma per l’Ue si deve anche aggiungere un’altra condizione: l'accordo del Venerdì Santo deve essere rispettato "in tutte le sue parti", dunque in caso di referendum nell’Irlanda del Nord per l’unificazione con Dublino, l’Irlanda nella sua interezza diverrebbe membro a pieno titolo dell’Ue. Mossa, questa, che mira esplicitamente a incoraggiare una secessione nordirlandese da Londra, che si va ad aggiungere alla voglia di separatismo della Scozia.
Theresa May, da un lato minimizza: si tratta di linee guida, non di proposte negoziali vere e proprie. Dall’altro promette: “È importante che intorno al tavolo si sieda un forte premier del Regno Unito – cioè lei, se venisse eletta il prossimo 8 giugno - con un forte mandato da parte del popolo del Regno Unito, un fatto che rafforzerà la nostra posizione negoziale per garantire che otterremo il migliore accordo possibile”. E comunque: “Meglio nessun accordo che un cattivo accordo”.