Blocco degli sfratti, congelata la misura
Nei 23 articoli del decreto “Milleproroghe” sarebbe dovuta comparire anche la proroga del blocco degli sfratti fino al 30 giugno, ma il ministro Marta Cartabia ha chiesto al governo di valutare meglio la questione. Se da un lato il problema degli inquilini incapaci di pagare a causa del Covid esiste, dall’altro la misura del Conte Bis ha finito per favorire i morosi seriali, con danni per i proprietari, specie medio-piccoli.
A Montecitorio questa sarà la settimana dell’esame del cosiddetto “Milleproroghe”, il tradizionale decreto con cui far slittare le scadenze legislative imminenti. Quest’anno il provvedimento, oltre alla presenza delle numerose micro-misure divenute ormai da decenni un marchio di fabbrica al punto da valergli l’appellativo di “finanziaria dei poveri”, sconta il carico d’incertezza ed eccezionalità della produzione legislativa dell’anno appena trascorso.
Nei 23 articoli che lo compongono doveva comparire anche la proroga del blocco degli sfratti fino al 30 giugno 2021, ma questo scenario è stato per il momento evitato grazie alla richiesta del nuovo Guardasigilli, Marta Cartabia, che ha chiesto alla maggioranza un’ulteriore riflessione sulla questione. Senza questo congelamento, sarebbe scattato l’ennesimo rinvio in pochi mesi dopo che il governo Conte Bis aveva disposto per la prima volta la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili nel decreto-legge detto “Cura Italia” del marzo 2020.
All’epoca del primo lockdown, quando venne presa la decisione, si cominciava a fare i conti con la prospettiva dell’imminente crisi economica innescata dalle misure restrittive per contrastare il contagio. A quasi un anno di distanza, mentre lo stato di emergenza persiste, lo spettro della povertà diffusa si è tristemente concretizzato e le sue conseguenze si sono tradotte in un aumento vertiginoso delle famiglie che non riescono più a pagare l’affitto della casa in cui vivono e di commercianti che, costretti alle chiusure, non sono in grado di far fronte ai contratti di locazione precedentemente concordati. Insomma, il problema degli inquilini morosi a causa del Covid esiste e va affrontato ma il blocco degli sfratti, così come concepito nel Milleproroghe prima della caduta di Conte e nei provvedimenti precedenti, non può essere la soluzione.
La sospensione, infatti, con la sola eccezione di “sfratti per finita locazione, le sentenze (o le ordinanze) con cui sia stata disposta la restituzione di immobili siccome occupati in difetto di titolo ovvero sulla base di un titolo invalido o inefficace, nonché, infine, l’ingiunzione rivolta al debitore o al custode di rilasciare l’immobile trasferito all’aggiudicatario in seno al processo d’espropriazione”, non fa distinzioni e finisce così per premiare i morosi seriali, riguardando anche procedimenti giudiziari relativi agli anni precedenti al 2020 che, dunque, nulla hanno a che vedere con lo scoppio della pandemia. La mancata esecuzione degli sfratti per più di un anno sembra, inoltre, in apparente contraddizione con quanto sancito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 155 del 28 maggio 2004 dove si afferma che “la sospensione della esecuzione per rilascio costituisce un intervento eccezionale che può incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato sul diritto alla riconsegna di un immobile sulla base di un provvedimento giurisdizionale legittimamente ottenuto”.
Non a caso sia il Coordinamento Unitario dei Proprietari Immobiliari che Confedilizia hanno fortemente protestato con il precedente governo per la decisione di prorogare ulteriormente lo stop. La scelta di non escludere le sentenze esecutive di sfratto emesse prima del lockdown dal blocco ha finito per agevolare molti 'furbetti' anziché tutelare, come dichiarato, i soggetti più vulnerabili della società. Categoria, quest’ultima, in cui si ritrovano adesso tantissimi piccoli e medi proprietari per i quali i canoni di locazione costituiscono l'unica fonte di reddito o che fanno leva su quegli introiti per poter pagare un mutuo. Oltre al danno di non poter disporre del proprio bene subiscono anche la beffa di dover pagare Imu, utenze e spese condominiali, riducendosi talvolta in povertà e indebitandosi. Oltre all’evidente iniquità di questa situazione - che genera conseguenze deleterie non solo sul piano economico ma anche su quello psicofisico - non sfugge l’impatto sul futuro del mercato immobiliare residenziale: una volta che il blocco non sarà più prorogato è piuttosto prevedibile che molti proprietari, finito l’incubo, rinunceranno ad affittare a lungo termine i propri immobili e preferiranno o lasciarli sfitti o - chi potrà permetterselo - trasformarli in case vacanze e bed and breakfast. Un esito che, tra i tanti risvolti, contribuirà ad incentivare anche quel processo di svuotamento dei centri storici già fortemente in atto.
Il blocco degli sfratti aveva un senso come provvedimento emergenziale a marzo 2020 ma la sua proroga estesa a oltranza costringe a farsi delle domande sulla prontezza e sull'efficacia dei rimedi adottati fino ad oggi per evitare l’innesco di questa potenziale bomba sociale: perché non sono stati disposti ristori anche per i proprietari di immobili occupati da inquilini morosi? Perché non è stata aumentata l’offerta di case di edilizia pubblica per alleggerire il peso sui privati penalizzati dal blocco? Perché non si è pensato di esentarli dal pagamento dell’Imu?
Nei giorni scorsi, in vista della discussione in Aula, le caselle mail dei parlamentari sono state inondate di testimonianze di proprietari beffati da inquilini che non pagavano l'affitto già prima di marzo 2020: non sono cinici e insensibili affaristi, come un certo pregiudizio ideologico sulla categoria si ostina a far credere quando si parla di emergenza abitativa, ma operai, pensionati, giovani coppie spesso vittime anche di minacce degli occupanti, sommersi di debiti per le bollette esorbitanti di servizi di cui non hanno usufruito, costretti a sobbarcarsi imponenti spese legali.
C’è chi non prende un euro di affitto dal marzo 2019 e ha in pugno una sentenza di sfratto per morosità che risale al dicembre 2019 e nel frattempo si è ritrovata disoccupata, con il terrore addosso del momento in cui arriverà il pignoramento per il mancato pagamento delle spese condominiali. Una studentessa, che a sua volta paga l’affitto in un’altra città, racconta di aver affittato la sua casa a una dipendente statale che nel frattempo, oltre ad aver smesso di pagare, la subaffitta su Booking. Un uomo spiega di aver subito minacce fisiche, con tanto di incursioni armate in casa propria, per aver denunciato un inquilino moroso dal 2018 scopertosi poi un seriale delle occupazioni e che è arrivato a chiedere 30.000 euro per liberare l’abitazione. Storie d’ingiustizia che potevano essere mal tollerate a marzo 2020 ma che a febbraio 2021 risultano davvero indigeribili e danno l’idea dell’esistenza di cittadini di serie A e altri di serie B.
Ieri la nuova maggioranza ha lavorato a un ordine del giorno che congela il tema della proroga, togliendolo dal dibattito sul Milleproroghe e rimandando, probabilmente, la palla a un prossimo Decreto Ristori per trovare un’intesa tra le varie anime che la compongono. La speranza è che l’impegno preso dal governo e dalla maggioranza possa portare a una revisione del provvedimento per come era stato concepito prima dell’insediamento di Draghi.