Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
IL CASO

Bibbiano, una lezione che non si vuole imparare

Uno degli aspetti da affrontare dietro la tragedia di Bibbiano è il ruolo dei giudici, che si affidano totalmente a tecnici e assistenti sociali, spesso ideologizzati. Ma anche la politica ha gravi responsabilità se in Emilia-Romagna, nel bel mezzo del caso Bibbiano, la maggioranza di sinistra si è preoccupata di approvare la legge anti-omofobia.

Editoriali 31_07_2019

Caro direttore,

pare che il principe del male stia scorazzando con grande libertà ed arroganza nella regione italiana denominata Emilia-Romagna, probabilmente perché nel dopoguerra è sempre stata governata da gente che non gliene frega niente del principe del male e tanto meno del Principe del Bene.

Molto è già stato detto e scritto (malgrado i maliziosi tentativi contrari) circa gli obbrobriosi fatti accaduti nel comune di Bibbiano, che, giustamente, il vescovo di Reggio Emilia, mons. Massimo Camisasca, ha bollato come atti concepiti contro la famiglia naturale, che deve essere aiutata, invece che vessata in ogni modo. Particolarmente ripugnanti, poi, sono gli atti illegittimi che sottraggono i figli all’ambito della loro famiglia, che li ha fatti nascere e crescere. Mi associo totalmente a tutti i giudizi dati per condannare senza se e senza ma questa barbara situazione.

Vorrei, in particolare, sottolineare un aspetto che nasce anche da una certa esperienza  professionale oltre che dalla constatazione semplice di ciò che di fatto sta accadendo quasi sempre. La verità è che i giudici che si occupano, per vari e diversi motivi, di minori, troppo spesso abdicano alla loro funzione specifica, delegando di fatto ogni decisione ai consulenti tecnici ed alle assistenti sociali, senza verificare a fondo e personalmente la reale situazione esistente intorno alla vita dei minori. Molti avvocati che si occupano della materia sanno già in anticipo quale sarà la decisione del giudice, che non farà che adeguarsi pedissequamente alle relazioni dei “tecnici”. Quando queste relazioni sono sbagliate (nessuno è infallibile), anche la decisione sarà sbagliata.

Tutta questa situazione è aggravata dal fatto che spesso i “tecnici”, frequentemente divenuti molto cinici di fronte alle oggettive difficoltà della materia in questione, vivono con estrema rigidità le situazioni che hanno di fronte, nascondendosi dietro la solita fatwa dell’interesse supremo del minore. In base a questo principio, conosco una situazione in cui i nonni non possono neppure vedere i loro nipotini da molti mesi, il che sta aggravando in modo grave la situazione psicologica dei minori, in nome “del loro bene”. Si tratta di comportamenti totalmente lontani da ciò che sarebbe veramente bene per i bambini. Evidentemente, anche la decisione finale non potrà essere realista.

Quindi, al di là degli orribili aspetti penali insiti in tutta la vicenda di Bibbiano, occorrerebbe affrontare con serietà ed equilibrio il problema qui sottolineato: i giudici devono tornare a fare i giudici, entrando personalmente nelle problematiche minorili, senza delegare acriticamente ogni decisione ai CTU ed alle assistenti sociali. Anche di questo dovrebbe tenere conto la riforma della giustizia, invece che baloccarsi sulle solite vecchie e irrisolte questioni. Soprattutto, la riforma della giustizia non dovrebbe essere delegata ad un giustizialista, manovrato da alcuni giudici.

Mentre deflagrava lo scandalo di Bibbiano, il Consiglio  della stessa regione, invece di starsene vergognosamente zitto, ha pensato bene di fare approvare in piena notte (il Vangelo sottolinea che il principe del male si muove di notte, sperando di non essere visto) una legge che viola palesemente l’articolo 21 della Costituzione, che stabilisce la libertà di pensiero e di opinione. Si tratta di una legge liberticida e speriamo che la Corte Costituzionale, così attenta a tanti particolari spesso inutili e dannosi, se ne accorga. Infatti, viene affermato il principio che “l’omofobia” costituisce un reato di fatto, anche perché, con tale termine, così largo di significati visto che nessuno sa bene di che cosa si tratti, ogni affermazione anche solo problematica verso il mondo LGBT può facilmente essere fatta passare per “omofobia”. Sono nettamente contrario a tale impostazione.

Ma se proprio i liberticidi vogliono parlare di omofobia, allora occorre anche introdurre il reato di “ETEROFOBIA”. Senza di questo, gli LGBT potrebbero offendere in ogni modo gli eterosessuali (come di fatto fanno durante i gay pride), mentre questi ultimi nulla potrebbero mai dire circa il mondo LGBT. Oltre all’articolo 21, sarebbe violato anche l’articolo 3 della Costituzione. Penso che questa considerazione debba essere tenuta presente sia a livello regionale che a livello nazionale. Il fatto grave è che si è compiuto un altro passo verso la dittatura del pensiero unico. E troppi tacciono.