Betlemme, le profezie e la Strage degli Innocenti
Gesù, concepito dalla Vergine e nato a Betlemme, ha realizzato ciò che di Lui fu detto dai profeti molti secoli prima della sua vita sulla terra. E quanto descritto dai Vangeli si inserisce perfettamente nella storia. Tra la nascita di Gesù (fine del 2 a.C.) e la morte di Erode (inizio dell’1 d.C.) rimangono circa 14 mesi, un tempo coerente con ciò che descrive san Matteo. Nel mezzo ci fu la Strage degli Innocenti, ordinata dal sovrano.
Il luogo di nascita di Gesù è Betlemme di Giudea, a meno di dieci chilometri a sud di Gerusalemme. Giuseppe e Maria non ci finirono per caso o da migranti, ma per altre necessità. La ragion politica impose il censimento, la casata di entrambi gli sposi la registrazione nella città di Davide, la Parola di Dio il compiersi delle profezie riguardanti il Messia, persino come “nazareno”: si noti che il vocabolo “nsr” (netzer) in ebraico significa germoglio, quello prefigurato da Isaia (11,1), discendenza del tronco di Iesse (un betlemita, padre di Davide) e da Geremia (23,5). Nel quarto Vangelo (Gv 7,41-43) Gesù è al centro di una disputa sul luogo di nascita del Messia non in Galilea (lo chiamavano “il nazareno”) ma in Giudea, a Betlemme, come doveva! Con la stessa ironia uno dei discepoli, Natanaele, aveva nutrito dubbi (Gv 1,46).
Gesù rappresenta un caso più unico che raro di personaggio storico che ha realizzato ciò che di lui fu detto molti secoli prima della sua comparsa e in un ambito di rivelazione divina a un popolo scelto tra gli altri per farsi portatore di questa attesa. Sono tante le profezie sul Messia nel Vecchio Testamento dalle quali traspare tutta l’armonia con il Nuovo Testamento dove esse si trovano realizzate. Centinaia d’anni prima della venuta di Cristo, Isaia parlò della concezione e nascita del Messia: “Ecco, la Vergine concepirà e darà alla luce un figlio: e il Suo Nome sarà Emmanuele (Dio con noi)” (Is 7,14).
Queste parole furono ripetute quasi esattamente dall’arcangelo Gabriele annunciandole a Nazaret alla Vergine Maria: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figlio (…)” (Lc 1,30-31). Non ci può essere alcuna ambiguità sul figlio di cui parlò Isaia: il Messia venturo è detto “Iddio onnipotente, il padre del secolo venturo, il principe della Pace” (Is 9,6). Fanno eco le parole dell’arcangelo Gabriele a Maria: “(…) e gli darai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato il Figlio dell’Altissimo” (Lc 1,31-32), accordandosi anche con i versetti del Vangelo di san Giovanni, che inizia pieno di forza proprio con queste divine verità: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio... e il Verbo si fece carne...” (Gv 1,1-14).
Questi passi manifestano la dottrina della divinità di Cristo nel mistero dell’Incarnazione e della divina maternità della Vergine Maria. Gesù, il Figlio di Dio, ipostasi della seconda Persona della Santissima Trinità, assunse la natura umana; corpo e anima come noi (simile a noi in ogni cosa eccetto il peccato), con due nature, la divina e l’umana. Maria, madre di Gesù, ha diritto al titolo di Madre di Dio. Tra l’altro la primissima promessa che Dio fece del Messia fu nel Giardino dell’Eden (rivolta al serpente) dopo che i progenitori commisero il peccato originale: “Porrò inimicizia tra te e la Donna, e il tuo seme ed il seme di Lei: essa ti schiaccerà il capo, e tu attenterai al suo calcagno” (Gen 3,15).
Il profeta Michea predisse il luogo di nascita del Messia: “Tu, o Betlemme di Efrata, sei piccola tra le migliaia di Giuda: ma da te mi sorgerà Colui che sarà Dominatore in Israele: e il Suo procedere è dall’inizio, dai giorni dell’eternità” (Mic 5,1). Isaia predisse la venuta dei Magi per adorare il neonato Messia e identificò perfino i doni che essi avrebbero offerto (Is 60,1-6). Leggiamo in Geremia che al tempo della nascita del Messia molti bambini saranno messi a morte: “Così dice il Signore: «Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta d’essere consolata perché non sono più»” (Ger 31,15). Rachele rappresenta qui il popolo ebreo. Essa morì a Betlemme e fu ivi sepolta (Gen 35,19). Osea prefigurò la fuga in Egitto e il ritorno (Os 11,11).
È terribile considerare la drammaticità delle parole di san Giovanni: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini... Egli era nel mondo e il mondo fu creato per mezzo di Lui, ma il mondo non lo conobbe. Venne a casa sua, e i suoi non lo accolsero” (Gv 1,4 e Gv 1,10-11). Quando i Magi vennero dall’Oriente e domandarono del “neonato Re dei Giudei”, leggiamo che Erode e tutti quanti a Gerusalemme furono assai stupiti. Non sapevano neppure che il Messia fosse nato! Gesù fu trattato con disprezzo dai Romani, pagani dominatori del mondo e dal suo popolo, pur adoratore di Dio e conoscitore della Legge.
All’epoca del Natale Betlemme doveva essere affollata se Maria e Giuseppe, anche a causa del loro stato, non trovarono posto in alcuna locanda. Non è il caso di immaginare un viale in centro città con decine di hotel. La locanda (kataluma) era una stazione di riposo per i viandanti dove riposarsi lungo la strada (Betlemme era sulla via verso l’Egitto); era una costruzione con qualche stanza per le persone e uno spazio per gli animali, poteva essere anche una grotta naturale. Attorno a Betlemme ci sono grotte, visibili anche nella Basilica della Natività. I padroni della locanda (senza trasgredire l’ospitalità) potrebbero aver concesso a Giuseppe e Maria lo spazio riservato agli animali, dato che chi occupava le stanze non ritenne opportuno di cedere il posto. L’urgenza del parto e l’orario (era buio) rendono lo scenario dipinto nel Vangelo verosimile e inevitabilmente disorganizzato e improvvisato, trasferimento incluso: non certo un parto programmato come quelli che oggi medicalizzano l’intera gravidanza.
Il re Erode sul finire della propria esistenza è descritto come mentalmente instabile. Sapendolo ormai afflitto da male incurabile ci fu chi aizzò la rivolta contro un re che aveva offeso la fede ebraica, mettendo una grande aquila d’oro sopra il portone del tempio. L’aquila fu abbattuta proprio all’epoca dell’eclisse di luna avvenuta pochi giorni prima della morte di Erode. La reazione non mancò, con esecuzioni sommarie di giovani rivoltosi e dei loro mandanti sacerdotali. La descrizione dei sintomi di Erode nelle sue ultime settimane ce lo mostra in uno stato pietoso e quasi stomachevole (libro XVII di Antichità Giudaiche) eppure ancora combattivo, un uomo che le tenta tutte per cercare di salvarsi. Solo fattosi conscio dell’imminente morte, impartì ordini per costringere tutta la nazione a piangerlo.
Tra la nascita di Gesù (fine del 2 a.C.) e la morte di Erode (inizio dell’1 d.C.) rimangono circa 14 mesi, un tempo coerente con ciò che descrive san Matteo: quando i Magi arrivano a Gerusalemme, Erode ovviamente è ancora vivo. Poi non tornano da lui e perciò il re si arrabbia. Ha vissuto per decenni nel terrore di perdere il potere, uccidendo o facendo uccidere moglie e figli. Affiora ulteriormente la credibilità storica dei Vangeli. L’ordine fu di uccidere i bambini fino al secondo anno di età e infatti, quando morì Erode, Gesù aveva già compiuto un anno. Il vecchio re, nell’irrazionalità di non rendersi conto che in quei mesi qualcuno poteva aver cambiato residenza, diede un ordine “logico” e un criterio preciso per l’esecuzione (due anni corrispondono grosso modo all’allattamento al seno), coerente con le informazioni ricevute dai Magi (che saranno trattate separatamente) circa la stella che hanno seguito.
La data di quest’ultima strage di Erode deve trovarsi nell’1 a.C. dopo che i Magi partirono senza farsi trovare, mentre la Sacra Famiglia era già andata a rifugiarsi in Egitto. Non una novità per gli ebrei perseguitati, ai quali il Signore avesse suggerito una via di fuga.
9. Segue