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BLASFEMIA GAY A BOLOGNA

Bestemmiate! Il giudice vi perdona

Finisce con un'archiviazione la denuncia contro le immagini del circolo gay il Cassero di Bologna. Nel 2015 avevano creato foto blasfeme per pubblicizzare una festa omo. Ma per il magistrato non c'è vilipendio alla religione perché si tratta di satira. Tra i compiti "meritori" del Cassero rientra l'attività di promozione della causa gay. La magistratura sancisce che attaccare la Chiesa rientra a pieno titolo nella battaglia dei diritti Lgbt. E' il passaggio dalla democrazia alla gaycrazia. 

Cronaca 05_03_2017

I blasfemi sono categorie protette: purché si dichiarino gay, laici e rispettosi dei diritti umani e civili. Per quelli religiosi si può tranquillamente metterci una pietra sopra. A Bologna nel 2015 il circolo gay il Cassero, coccolato e lautamente finanziato dal Comune e dallo Stato aveva fatto discutere. Aveva organizzato una serata ad alto tasso gay trasgressivo chiamata “venerdì credici”. L’immagine utilizzata su Facebook per promuovere la serata faceva letteralmente schifo e non stiamo esprimendo un giudizio solo estetico. Tre bellimbusti in pose “da checca” si trastullavano una croce della quale si servivano per mimare immonde scene di sesso anale o orale. Schifo a parte, era la motivazione a dare al tutto un non so che di orridamente diabolico: “notte eretica e scaramantica” con tanto di “sbattezzo point”.

Alcuni esponenti politici del Nuovo Centro Destra, Valentina Castaldini e il consigliere regionale Galeazzo Bignami avevano presentato un esposto in Procura evidenziando due reati: il 404, Vilipendio alla religione mediante vilipendio di cose e il 726 del codice penale, Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio.

Il procuratore Walter Giovannini si era attivato ed aveva avviato l’indagine. Due anni dopo è arrivata la decisione della procura di Bologna, che aveva affidato il fascicolo alla pm Morena Plazzi. “Si voglia disporre l’archiviazione del procedimento”. In sostanza il pm non ha ravvisato nessuno dei reati anche perché il reato del 726 è depenalizzato. Ma gli estensori della querela ora minacciano di andare avanti.

“Ci opporremo e la impugneremo esercitando i nostri diritti. È a nostro avviso chiaro il vilipendio contro la religione cattolica. Ci lasciano perplessi le motivazioni della sentenza di archiviazione che tendono a giustificare la performance come espressione delle istanze culturali dell’associazione di cui fa parte il Cassero. Cosa hanno a che vedere quelle immagini con il rispetto e la promozione dei diritti civili?”, ha detto la Castaldini.

Già. In effetti stando alle motivazioni del pm di cose da dire ce ne sarebbero. Nel dispositivo di archiviazione infatti, che la Nuova BQ ha potuto visionare, il magistrato dice che “le condotte stigmatizzate non sono rivolte a manifestare spregio e vilipendio del credo cristiano cattolico quanto espressione, in forme certo criticabili per la qualità dei contenuti umorisico/satirici, delle istanze culturali e sociali promosse dall’associazione che ha come scopo il rispetto e la promozione dei diritti umani e civili”.

Detta così per il pm utilizzare una croce come un simbolo fallico rappresenta un’istanza umoristica giustificata dal fatto che il Cassero si occupa “meritoriamente” di promuovere il rispetto de diritti umani.

Ora, che cosa ci trovi la Plazzi di umoristico è cosa tra il grottesco e lo scandaloso. Quale sia poi il diritto umano che si promuove quando si calpesta un altro diritto, quello che nasce dal sentimento religioso, è un sillogismo che proprio non riusciamo ad afferrare.

La Plazzi considera poi che le azioni e le finalità del Cassero “trovano un importante spazio nelle iniziative di carattere ludico come quella pubblicizzata dalla pagina Facebook dell’associazione che, stante la libertà di espressione riconosciuta a tutti i cittadini, possono ben includere espressioni di satira nei confronti degli apparati e delle icone religiose senza per questo individuare in essere l’obiettivo di azioni denigratorie”.

Niente male. Ecco servito con tanto di timbro della Procura un lasciapassare per gli omosessualisti militanti, che con la scusa della “promozione della cultura gay-lesbica in tutte le sue forme artistico culturali” potranno d’ora in avanti rovesciare tonnellate di sterco in quella che a tutti gli effetti è una crociata contro la fede e la Chiesa, garantita dai loro statuti. Il pm infatti, per giustificare quelle immagini parte proprio dalla “mission” del Cassero per sollevare così il circolo da ogni responsabilità penale. In pratica, un magistrato italiano ha certificato che nella promozione della causa gay rientra anche la guerra culturale alla Chiesa cattolica, con tanto di sgambetti e immagini irriverenti del sentimento religioso, quindi tutto è permesso.

E’ evidente che i movimenti gay possono così portare avanti tutte le istanze dal momento che vengono protetti con giustificazioni culturali che nessuno potrà mai mettere in discussione, pena l’accusa di omofobia, reato tra l’altro inesistente ma ormai mediaticamente accertato. In futuro potremmo avere le più dissacranti scene in chiave Lgbt e doverle accettare, mentre magari una critica ragionata e motivata a quella che è sempre più evidente come una dittatura del pensiero omosessualista, diventare di colpo una bella accusa di omofobia.

E questa come la spieghiamo? Forse con le parole che l’allora arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra utilizzò per commentare quella scenata: “Quando si invoca la libertà di espressione a giustificazione della libertà di insulto, c’è da chiedersi se sia prossima la fine della democrazia”. Come dargli torto? Ecco servito il passaggio dalla democrazia alla gaycrazia.