Bersani-Grillo, Italia bloccata
Il segretario del Pd Pierluigi Bersani continua a ripetere che non ci sono alternative: o lui o le elezioni. Ma alla sua perentoria formula non crede quasi nessuno, e forse nemmeno lui. Per questo c’è chi pensa che abbia qualche carta segreta da giocare.
Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, continua a ripetere che non ci sono alternative: o lui o le elezioni. Ma alla sua perentoria formula non crede quasi nessuno, e forse nemmeno lui. Per questo c’è chi pensa che abbia qualche carta segreta da giocare. Per questo l’opposizione interna al Pd di quanti dicono che se fallisce Bersani bisogna tentare altro, più che altro approfitta dell’occasione per regolare vecchi conti. Per questo l’ostentato appello all’unità del partito a sostegno del tentativo del presidente incaricato non convince. Soprattutto l’ostentato appello di Renzi.
Non si andrà a votare a giugno e nemmeno a ottobre. Troppi elementi lo impediscono, ma soprattutto uno: Napolitano vuole evidentemente un governo sufficientemente largo capace di stare in vita un periodo più o meno lungo, perché secondo lui la situazione economica ed istituzionale lo richiede. Un simile governo non si può fare senza un accordo del Pd con il Pdl. A questo non si poteva però arrivare subito, perché un partito “vincente” comunque c’era e bisognava dare un incarico, seppure condizionato, al suo segretario. Lo imponeva la logica istituzionale.
Certo, quel segretario aveva dichiarato che con il Pdl non avrebbe mai fatto accordi e continua a ribadirlo. Non voler fare accordi con il Pdl significa non accettare l’idea di Napolitano del governo di scopo, rischiare di non concludere nulla entro giovedì prossimo, quando Bersani tornerà dal Presidente della Repubblica per rendicontare, significa anche concedere a Renzi una formidabile chance. Un eventuale fallimento di Bersani aprirebbe un’autostrada politica a Renzi. Non è automatico che in questo caso il nuovo incarico cada su di lui. Può darsi che tocchi a qualcun altro, ma in ogni caso la vittoria politica spetterà al sindaco di Firenze.
Oggi come oggi le primarie le vincerebbe Renzi in modo stracciante. Il risultato elettorale è come se gliele avesse fatte vincere in ritardo, col senno di poi. Con Renzi la ripresa di Berlusconi sarebbe stata improbabile. Con Renzi anche il trionfo dei Grillini sarebbe stato ridimensionato. Certo, si sarebbero persi dei voti a sinistra, ma il saldo sarebbe stato ampiamente in attivo. Il fallimento di Bersani significa l’apertura di una ambiziosa prospettiva politica per Renzi, sia lui o meno ad essere chiamato da Napolitano per il nuovo incarico. Questo è lo scenario da valutare.
Un primo dato è che la destra ha più convenienza ad avere davanti Bersani che non Renzi. Per due motivi. Il primo è che la connotazione ideologica di Bersani – ex Pci, ex Pds, ex Ds – è più definita e maggiormente contrastabile da destra.
Renzi, invece, è un avversario più insidioso, perché non appartiene psicologicamente alla storia dei comunisti italiani e non ne adopera il linguaggio. Il secondo motivo è che la destra non ha un contro-Renzi, cioè una figura da contrapporgli con le medesime caratteristiche di attrazione politica.
Tra Bersani e Berlusconi, quindi, i motivi per trovare un accordo ci sarebbero. Anzi, il motivo: Matteo Renzi. Il mancato accordo Pd-Pdl aprirebbe a quest’ultimo la via del successo in modo inarrestabile, con danni sia per l’uno che per l’altro. E’ per questo che alla fine, magari con lo sfondo di un accordo di principio sul nuovo Presidente della Repubblica, i due partiti troveranno i termini di un accordo. Bersani, infatti, ha già attenuato la rigida esclusione di un accordo don il Pdl e Berlusconi si è addirittura detto possibilista, a certe condizioni, a sostenere un “monocolore” del Pd.
E dal punto di vista dei principi cari ai cattolici, che spesso la nuovabq propone come criterio di valutazione anche politica? Qual è lo scenario preferibile? Non è l’insuccesso di Bersani, come potrebbe sembrare, è piuttosto un accordo tra Pd e Pdl, con obiettivi che escludano i principi non negoziabili data la caratteristica “di scopo” del governo e che si concentrino su economia e riforme istituzionali. Sia un eventuale accordo tra Bersani e i Grillini, sia un fallimento di Bersani che apre la strada a Renzi sarebbero peggiori.