Benedizioni gay, i vescovi si ribellano: è guerra delle pastorali
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La Dichiarazione del Ddf sulle benedizioni "omo" sta frantumando l'unità tra i vescovi. Esultano gli svizzeri e i tedeschi. I pastori di Kazakistan e Malawi dicono no e con loro lo spagnolo Munilla. Una divisone destinata ad ampliarsi. La guerra delle pastorali è iniziata.
Ripartiamo (vedi qui) dalla frase chirurgicamente omessa dal cardinale Victor M. Fernández, nella sua citazione di Prædicate Evangelium (II. 1): la Curia romana è a servizio del papa, «per aiutarlo nella sua missione di “perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli”». A guardare le reazioni dei vescovi alla Dichiarazione Fiducia supplicans si direbbe che Tucho ha clamorosamente mancato l’obiettivo, marcando ulteriormente quella nefasta divisione che sta letteralmente frantumando l’unità tra i pastori (per non parlare dei fedeli).
Gongola la Conferenza Episcopale Svizzera (qui): «Questa decisione corrisponde al desiderio dei vescovi svizzeri di una Chiesa aperta che prenda sul serio, rispetti e accompagni le persone nelle diverse situazioni relazionali». I vescovi elvetici vedono nel documento del Dicastero per la Dottrina della Fede la testimonianza che la Chiesa ha preso «sul serio le preoccupazioni sinodali» ed ha assunto «con coerenza la sua missione di accompagnamento pastorale di ogni essere umano, in continuità con l'esortazione apostolica Amoris Lætitia». Una nota che ha il merito di ricostruire le tappe più devastanti di questo pontificato.
Soddisfatto anche il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, mons. Georg Bätzing: «Accolgo con grande favore questo documento e sono grato per la prospettiva pastorale che esso comporta. Fiducia supplicans spiega che in linea di principio è possibile e consentito al ministro ordinato rispondere ai desideri delle coppie che chiedono una benedizione per il loro rapporto, anche se non vivono in tutto secondo le norme della Chiesa».
L’Arcivescovo di Salisburgo, mons. Franz Lackner, ha già suggerito la linea interpretativa della Dichiarazione. Alla domanda su cosa dovrebbe oggi rispondere un sacerdote alla richiesta di benedire coppie dello stesso sesso, ha risposto: «In fondo non si può più dire di no». Niente discernimento: si benedice e basta.
Tutt’altra la posizione della Conferenza episcopale del Malawi: niente discernimento, non si benedice e basta. I vescovi dello stato dell’Africa meridionale hanno mostrato uno spiccato senso della realtà. Dopo aver riassunto le artificiose distinzioni presenti nella Dichiarazione, hanno scelto una linea di sostanza, resa nota in una chiarificazione: «Per evitare confusione tra i fedeli, ordiniamo che, per ragioni pastorali, le benedizioni per le unioni omosessuali in Malawi non sono permesse». È la guerra delle pastorali.
Opposizione più teologica invece da parte del vescovo di Astana, mons. Tomasz Peta, e dell’ausiliare, mons. Athanasius Schneider (qui): «Nessuna delle affermazioni contenute in questa Dichiarazione della Santa Sede, nemmeno la più bella, può minimizzare le conseguenze distruttive e di vasta portata derivanti da questo sforzo di legittimare tali benedizioni».
Ai due vescovi del Kazakistan fa eco il vescovo della diocesi di Orihuela-Alicante, mons. Jose Ignacio Munilla: «La carità pastorale è una chiamata affinché tutti i peccatori siano benedetti, ma non a benedire il nostro peccato... Di conseguenza, il Vangelo ci invita a benedire tutti coloro che si aprono al dono di Dio, anche coloro che vivono situazioni affettive irregolari; mentre non ci concede alcun potere di benedire le loro unioni contrarie al disegno di Dio».
Felice invece il cardinale Blase Cupich, che, ospite di Vatican News, ha manifestato tutta la sua soddisfazione per questo «appello ai pastori affinché adottino un approccio pastorale per essere disponibili alla gente». In questo senso, «la Dichiarazione rappresenta un passo avanti». Sulla stessa linea anche il vescovo di Anversa, Mons. Bonny: «Ci aiuta ad andare avanti», ha affermato il presule.
La breve espressione di approvazione di Bonny è particolarmente interessante e merita una riflessione in più. Ricordiamo, infatti, che, appena nove mesi fa, era intervenuto al Sinodo tedesco dicendo che i vescovi belgi già benedicevano tutte le coppie irregolari, con tanto di approvazione del papa. Non venne alcuna smentita dalla Sala Stampa Vaticana, semplicemente perché Bonny diceva il vero ed ora ne abbiamo la palese conferma. Ma il punto rilevante è un altro; il vescovo di Anversa, in quell’occasione, aveva pubblicamente dichiarato che, durante la visita ad limina, i vescovi belgi avevano fatto presente a Francesco che stavano preparando un rituale semplice per la benedizione delle coppie irregolari, incluse quelle dello stesso sesso: «Abbiamo parlato con il Papa anche su questo. E ha detto: “è la vostra decisione, lo posso capire”. L’importante per lui era di continuare con sapienza e di rimanere uniti. Due volte ha chiesto: siete tutti d’accordo? Camminate insieme? Allora abbiamo detto: sì». Ora, mons. Bonny si sente aiutato ad «andare avanti» in questa via rituale, inaugurata dai vescovi belgi.
Il fatto è rilevante, perché rivela che quel papa che ha approvato la recente Dichiarazione, che esplicitamente esclude che vi siano dei rituali o delle formalizzazioni di queste benedizioni, è lo stesso che aveva avvallato la decisione dei vescovi belgi di fare esattamente l’opposto. Se poi aggiungiamo che è anche lo stesso papa che, due anni fa, aveva autorizzato il Responsum che negava la possibilità di benedire le coppie irregolari e omosessuali, in virtù del senso intrinseco delle benedizioni, allora abbiamo un quadro piuttosto chiaro. Le fittizie sottigliezze di Fiducia supplicans, che opera un’impossibile separazione tra benedizioni come sacramentali e benedizioni non sacramentali ‒ facciamo solamente notare che il Catechismo della Chiesa Cattolica pone le benedizioni tra i sacramentali (nn. 1671-3) e non tra la religiosità popolare (nn. 1704-6) ‒ hanno l’unico scopo di preparare gradualmente la digestione di bocconi ancora più indigesti.
Che papa Francesco abbia approvato il nuovo documento, con la clausola che vieta la preparazione di rituali, mentre pochi mesi prima aveva approvato la decisione dei vescovi proprio di preparare un rituale, la dice lunga sull’affidabilità di queste “restrizioni”. Ed anche sull’affidabilità del papa, che dimostra sempre di più un gesuitismo con tinte machiavelliche. Le “benedizioni semplici” diventeranno molto velocemente consuetudine e prepareranno così il terreno per un ulteriore salto di qualità. I più audaci spingeranno fin da subito su cerimonie simil-nuziali, certi che dalla Santa Sede non perderanno il sonno per precipitarsi a condannarle. E tutti concorderanno sul fatto che non c’è rottura, perché “la dottrina sul matrimonio è salva”, mentre nella sensibilità delle persone diventerà ben presto pacifico che la Chiesa benedice convivenze, unioni adultere e sodomite. Perché i segni comunicano molto di più delle parole: quando si vede un prete benedire una coppia irregolare, non c’è sofisma che tenga.
L’arrivo di Fernández a Roma ha impresso una velocità impressionante alla demolizione della Chiesa, rafforzando l’audacia dei rivoluzionari, causando il cedimento degli indecisi e favorendo sempre di più gli scismi. Il papa e Tucho sembrano accanirsi in modo sempre più incalzante contro il tempio di Dio, autorizzando la benedizione di relazioni immorali che infangano il nostro corpo, tempio dello Spirito Santo, e gettando confusione e divisione nella Chiesa, «tempio del Dio vivente» (2Cor 6, 16).
Ma, qualunque cosa accada, la parola di Dio non viene meno: «Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui» (1Cor 3, 17).