Ballottaggi, ribellione contro le forze di governo
A ben guardare, il risultato dei ballottaggi nelle elezioni amministrative è uno solo: vince l'opposizione. Dove il centrosinistra era al potere, anche nelle sue roccaforti (Sesto San Giovanni, per esempio), perde. Dove era al potere la destra (come a Lecce, da 20 anni), lì vince la sinistra. E su tutto, l'astensionismo sale. Quindi salta l'ipotesi di patto fra Berlusconi e Renzi: il "Nazareno" non paga.
Ad una lettura più attenta dei risultati dei ballottaggi di domenica scorsa in 111 comuni italiani, emergono alcuni elementi che solo alcuni osservatori politici e commentatori hanno saputo cogliere. I numeri sono già molto eloquenti, ma con le acrobazie dialettiche dei politicanti possono essere interpretati in vari modi. Lo dimostrano le dichiarazioni di facciata di Renzi e Grillo per negare la sconfitta del centrosinistra e del Movimento Cinque Stelle.
Anzitutto va registrato che nel Paese soffia un forte vento antigovernativo. In gran parte delle principali città sono state scalzate le giunte uscenti. E’ successo nelle roccaforti rosse come Genova, La Spezia, L’Aquila, Sesto San Giovanni, ma è accaduto, a parti invertite, anche in città come Padova o come Lecce, che era amministrata da oltre vent’anni dal centrodestra e che è sorprendentemente finita nelle mani del centrosinistra. Questo significa che l’elettorato è davvero stufo e traduce questa sua rabbia in due modi: o non andando a votare (astensione record) o votando per il cambiamento, a prescindere dal colore politico.
Per questo il Pd ha pagato il fatto di essere al governo in gran parte delle città chiamate alle urne in questa tornata elettorale e il fatto di essere al governo nazionale. Ed è per questo che i centristi, quando sono in coalizione con Pd e pezzi di sinistra e si contrappongono al centrodestra, come nel caso di Verona, perdono.
Ma la lezione di queste elezioni, che pure non hanno in assoluto un valore nazionale e che non devono stimolare riflessioni affrettate che potrebbero risultare fuorvianti, è anche un’altra. Al centro si vince e il centro sta con Berlusconi e con il centrodestra moderato. A Padova, ad esempio, dove non correva un moderato ma il sindaco leghista uscente, che aspirava alla riconferma, la sinistra unita ha prevalso.
Dunque l’elettorato moderato, quando non rimane a casa e decide di essere determinante, riesce ad esserlo. E in questo giro ha privilegiato il centrodestra, considerato più rassicurante, viste le lacerazioni nel centrosinistra tra renziani e antirenziani. Il segretario Pd avrà ora le sue gatte da pelare. Ha capito che non sfonda al centro ma si è anche reso conto che se si appiattisce sulla sinistra non vince comunque.
Le larghe intese, quindi, si allontanano. Se, fino a qualche giorno fa, Berlusconi poteva immaginare di allearsi con Renzi dopo il voto politico proporzionale che da qui a un anno chiamerà alle urne tutti gli elettori italiani, ora non può più farlo. Chi ha votato centrodestra lo ha fatto proprio in alternativa al governo in carica e ai possibili inciuci Renzi-Berlusconi. L’ex Cavaliere è stato esplicito alla vigilia del voto escludendo riedizioni del Patto del Nazareno e gli elettori hanno dimostrato di credergli. Ora perderebbe gran parte di questa fiducia se decidesse, dopo le politiche, di lanciare un salvagente all’ex premier.
Perfino una parte di elettorato grillino, stando agli studiosi di flussi elettorali, si è indirizzato verso i candidati del centrodestra, e questo grazie alle assonanze che si sono registrate negli ultimi tempi tra grillini e leghisti sull’opposizione a un’Europa centralista, sulla questione immigrazione e sullo ius soli.
I prossimi mesi che ci separano dal ritorno alle urne per le elezioni politiche saranno dedicati alla definizione di una legge elettorale coerente con quanto ha detto la Consulta e in grado di accontentare la maggioranza dei partiti. Il Pd appare molto debole e quindi l’ipotesi di incidente parlamentare per far cadere Gentiloni sembra tramontata. Si arriverà con ogni probabilità alla fine della legislatura e si voterà, a meno di clamorosi colpi di scena, con il sistema proporzionale. Dunque lo scenario sarà completamente diverso da quello che abbiamo vissuto in queste ore all’indomani dei ballottaggi. Forza Italia e Lega non faranno un listone unico e quindi nessuna di quelle due forze politiche arriverà al 40%. Neppure a sinistra esistono margini di aggregazione in un’unica lista e quindi rimangono fortissime incognite in termini di governabilità guardando alla prossima legislatura. Sicuramente personalità divisive come Renzi hanno tutto da perdere se non dovessero esserci né vincitori né vinti. Per ruoli di governo diventerebbero infatti spendibili uomini di mediazione e non uomini di rottura. Anche per queste condizioni la stagione del renzismo sembra volgere al termine, mentre l’ennesimo colpo di coda del redivivo Berlusconi appare destinato a scompaginare ancora una volta gli equilibri nel Paese.