L'EDITORIALE DI OGGI
Ballottaggi, cosa ci sta a cuore
Il fatto che la Chiesa non si identifichi con un partito o uno schieramento non può essere interpretato come equidistanza o indifferenza. E ad essere messo in discussione è il senso stesso dell'avvenimento cristiano.
Editoriali
27_05_2011
Il clima arroventato di questi ultimi giorni intorno al ballottaggio per l’elezione del sindaco di Milano ha avuto almeno un effetto positivo: quello di far uscire allo scoperto tante posizioni che tendevano a rimanere sotto traccia. In particolare ci interessa sottolineare quanto accade tra i cattolici, perché emerge con chiarezza la confusione che regna dalla base ai vertici malgrado la Dottrina sociale della Chiesa sia molto chiara. Di più, la Chiesa italiana negli anni ’90 ha fatto una scelta che finora non è mai stata rinnegata: con il dissolversi della Democrazia Cristiana, cioè il partito di riferimento dei cattolici, i vescovi hanno detto con chiarezza che partiti e candidati sarebbero stati giudicati sulla base di alcuni criteri fondamentali, ovvero dell’impegno sui temi della famiglia, della vita, della libertà di educazione, della sussidiarietà che sono giudicati imprescindibili per costruire una società che valorizzi la dignità umana.
Non c’è più dunque un partito di riferimento, ma delle idee forti su cui tutti sono giudicati. Il che però non significa equidistanza tra partiti e schieramenti quando i programmi e le iniziative legislative in materia sono ben note. Se ci riferiamo al caso di Milano non possiamo non notare che sui temi citati l’amministrazione Moratti dal 2007 fornisce libri di testo gratis per le scuole primarie e secondarie, ha introdotto un bonus maternità e il fattore famiglia nella dichiarazione Isee, ha raddoppiato l’assistenza a domicilio per gli anziani. Al contrario, il programma del suo antagonista Giuliano Pisapia prevede un sostegno a favore dell’aborto, maggiore tassazione per redditi familiari oltre i 30mila euro, l’istituzione del registro comunale per le coppie gay, senza contare che da parlamentare ha proposto la legalizzazione dell’eutanasia, la depenalizzazione dello spaccio di droga e l’istituzione della “stanza del buco” per i tossicodipendenti. In più dovremmo aggiungere che mentre con l’amministrazione attuale sono state rese possibili tante opere educative e assistenziali nate dal basso, con una giunta di centrosinistra, dichiaratamente statalista, ci si aspetta il ritorno del controllo “centrale” che tutto soffoca.
L’abisso che separa i due approcci è evidente, eppure ci sono associazioni e sacerdoti che sono scesi in campo apertamente per Pisapia leggendo come “indifferenza” il giusto rifiuto della Conferenza episcopale di identificarsi con un partito. E questa lettura, duole dirlo, è stata agevolata – anche contro le intenzioni – da certi autorevoli interventi e omissioni di questi ultimi giorni. Le parole pronunciate due giorni fa dal segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, a margine dei lavori della Conferenza episcopale, sono al proposito esemplari: «I credenti – ha detto - esprimono le loro convinzioni dentro una visione della fede cristiana che guarda al bene comune e non come interesse di parte e dunque esprimono il voto nelle elezioni politiche o amministrative secondo la loro coscienza senza coinvolgere la comunità cristiana, cercando di rappresentare il bene comune dell'uomo nell'uno o nell'altro schieramento». Parole sacrosante in linea di principio, ma quando si pronunciano nel pieno di una campagna elettorale con dei programmi ben definiti, anzi rispondendo a delle domane sul tema, sono musica per le orecchie di chi ha già fatto una scelta di campo ideologica. In tutta coscienza, pensa davvero monsignor Crociata che possa essere difeso il bene comune dando sostegni economici e politici ad aborto e unioni gay? Certamente no, ma questo è ciò che molti hanno capito o voluto capire.
Né è indifferente che il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione all’Assemblea generale della Cei, parlando della politica abbia denunciato il basso livello a cui si è arrivati ma abbia omesso di ripresentare con forza i criteri su cui giudicare partiti e candidati.
E’ chiaro in questo l’intento di non essere strumentalizzati e accusati di ingerenze politiche a pochi giorni da un voto importante, ma l’effetto ottenuto è quello di avere portato acqua al mulino di chi sostiene la conciliabilità dell’esperienza cristiana con militanze politiche che promuovono valori anti-cristiani. Anche perché importanti figure della diocesi di Milano si stanno impegnando a favore di Pisapia senza che dall’arcivescovado sia venuta alcuna presa di distanza.
Ora, per quel che ci riguarda, noi abbiamo chiaro che quello che c’è in ballo in questa elezione non è la vittoria di uno schieramento o dell’altro, la destra o la sinistra, Moratti o Pisapia, Berlusconi o Bersani, sebbene sia anche questo. Ma tutte queste cose e queste persone passano. C’è invece in ballo il senso stesso della nostra fede cristiana. La Dottrina sociale, infatti, con i suoi princìpi non negoziabili e il suo interesse per il bene comune, non è un prontuario di ricette politiche opinabili. Al contrario nasce dalla consapevolezza che l’avvenimento di Cristo abbraccia tutti gli aspetti della vita, tocca tutti gli interessi dell’uomo, è di una concretezza che arriva a giudicare ogni minima azione o pensiero; e detta quindi quei criteri di fondo, vagliati da un’esperienza bimillenaria, che permettono di guidare una società centrata sul valore irriducibile della persona, e di sviluppare tutte le potenzialità dell’uomo, la cui verità ci è rivelata da Cristo stesso. Per questo anche i non credenti trovano una profonda corrispondenza con chi promuove opere centrate sul rispetto della vita, sulla promozione della famiglia e sulla libertà di educare i figli secondo un progetto liberamente scelto. Basterebbe chiederlo a quanti, non credenti, mandano i figli nelle scuole paritarie o chiedono l'assistenza dei Centri di Aiuto alla Vita, o si presentano agli sportelli dei centri di solidarietà alla ricerca di un lavoro o a quanti si rivolgono a Banco Alimentare e mense dei poveri.
Se non si permette all’avvenimento cristiano di abbracciare l’uomo in ogni suo aspetto concreto, viene negata la fede stessa, ridotta a spiritualismo o moralismo. In altre parole è come negare l’Incarnazione e la Resurrezione. Per questo nel ballottaggio per Milano non ci si può permettere tatticismi o ambiguità.