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IL CASO STARANZANO

Avvenire, che autogol: la lettera? Aggiustata

Dopo la pubblicazione dell'articolo sulla manipolazione della lettera del parroco di Staranzano, avvenire accusa la Bussola di mestare nel torbido, ma ammette di aver "aggiustato" la missiva del parroco.

Editoriali 16_11_2017

Che soddisfazione quando il lavoro è confermato anche dai colleghi. E pazienza se per confermare che la Nuova BQ ha agito correttamente, che nel nostro lavoro significa raccontare la verità, si deve dire invece che ha mestato nel torbido con malignità. Siamo gente di mondo e non ce la prendiamo per così poco, ci basta che la verità dei fatti sia confermata. E la verità dei fatti è che ad Avvenire può capitare a volte che le lettere dei lettori non politicamente corretti, vengano manomesse con quell’abile operazione di taglia e cuci che un buon redattore dovrebbe utilizzare con saggezza e non con la cosiddetta “vanga”.

Succede che domenica i lettori della Nuova BQ hanno letto l’articolo nel quale si raccontava della lettera che il parroco di Staranzano aveva inviato ad Avvenire sulla vicenda che lo vedeva protagonista nel caso del capo scout gay unito civilmente al suo compagno. Ebbene. Tra la versione pubblicata da Avvenire e quella che il sacerdote aveva inviato alla redazione, comparivano diverse interpolazioni, tagli e accomodamenti che di fatto facevano dire al sacerdote ciò che non voleva certo dire e, in almeno un paio di casi, ne stravolgevano il pensiero.

Punto sul vivo, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio ieri si è sentito di replicare a cotal affronto e ha ribattuto ad un lettore che gli chiedeva conto dell’operazione che gli veniva attribuita. E, accusando fin dal titolo la Nuova BQ di essere maligna, si è giustificato dicendo che il parroco, subito dopo la pubblicazione della missiva, lo aveva ringraziato per la pubblicazione. Un ringraziamento che ha tutta l’aria di essere pro forma, arrivato quasi per esasperazione dopo aver “penato” non poco per vedersi pubblicata la sua lettera. Ora, non staremo qui a mostrare i riscontri sulla correttezza del nostro articolo, perché non siamo soliti esporre in pubblico ciò che deve rimanere nello stretto riserbo del privato, a tutela non nostra, ma di persone coinvolte nei fatti che non meritano di essere usate per scopi strumentali.

Ci basta quello che Tarquinio dice pubblicamente circa la genesi di quella lettera, aggiungendo soltanto il particolare che quella pubblicata da Avvenire non è soltanto la versione rimaneggiata dalla redazione, ma è anche la seconda versione di una lettera che il parroco aveva già dovuto tagliare e modificare su pressante richiesta del giornale, per vedersela pubblicata, salvo poi doversela vedere ancora una volta rimaneggiata in pagina.

Ci basta appunto quello che Tarquinio dice. E cioè che “io – dice il direttore - gli avevo consigliato di inviare una versione del suo scritto più breve, e anche un po’ più partecipe del percorso pastorale indicato dal suo Arcivescovo per quella concreta vicenda”. Insomma: l’ammissione dello stesso Tarquinio - e c’è chi lo ha notato prima di noi - è che per poter essere pubblicata, la lettera del parroco che ha sollevato lo scandalo dell’educatore gay ancora al suo posto, doveva essere purgata per essere più partecipe del percorso pastorale, il quale percorso si vede che deve venire prima della verità dei fatti.

Ora, se ciò non bastasse, giova sottolineare come sia lo stesso direttore di Avvenire ad ammettere che la lettera è stata poi oggetto di “piccoli aggiustamenti redazionali”. Aggiustamenti redazionali? Ma guarda un po'...

Senza voler dare lezioni di giornalismo e posto che è diritto di un direttore di giornale decidere se pubblicare o no una lettera in pagina, ed è un diritto insindacabile che nessuno, figuriamoci noi, deve mettere in discussione, sulla base di quale diritto però, una volta deciso di pubblicare una lettera, ci si permette di fare piccoli aggiustamenti redazionali che non siano quelli della pertinenza, della continenza espressiva e dell’analisi logica o grammaticale? Insomma: ad ammettere di aver manomesso la lettera di don Fragiacomo è lo stesso giornale che ha operato gli aggiustamenti redazionali, che, come mostrato dal nostro articolo, erano sostanziali e cambiavano la natura della lettera del parroco. Con l'effetto di isolare don Fragiacomo dipingendolo come un povero prete di provincia in disaccordo col suo vescovo. 

A questo punto non rimane che chiedersi a chi mai stesse pensando Tarquinio quando faceva riferimento ai mestatori nel torbido. Non certo alla Bussola.