Arcilesbica contro Cgil: l'utero è mio e non lo affitto
La Cgil protesta contro l'organizzazione del Gay Pride: manca la richiesta dell'utero in affitto. Reagisce subito Arcilesbica, con una lettera aperta.
E così, in un benaugurante redde rationem, Arcilesbica distrugge in un sol colpo Susanna Camusso, Monica Cirinnà e Laura Boldrini. Siamo forse ad un punto di svolta. Era da tempo che nel frastagliato mondo lgbt si susseguivano frizioni. A farle deflagrare, però, è stato un comunicato firmato da Maria Gigliola Toniollo e Sandro Gallittu, rispettivamente Responsabile nazionale e della Sardegna del Dipartimento Nuovi Diritti della Cgil. La nota dei due sindacalisti (Pride e documenti politici – Una riflessione) arriva a rimproverare i redattori dei documenti politici dei Pride di «non aver messo la Gpa tra i diritti da rivendicare». Il tema dell’utero in affitto, rappresentando «ormai da anni uno dei più importanti elementi delle nostre battaglie» - così Toniollo e Gallittu – deve «essere assunto ed enfatizzato in tutta la sua importanza vitale».
La lettera aperta di Arcilesbica non si fa attendere e, bypassando i due responsabili cigiellini, si rivolge direttamente al loro capo, Silvana Camusso. A cui in una argomentata lettera aperta mandano a dire che la surrogazione di maternità «non è un nuovo diritto, ma un nuovo asservimento, un assoggettamento della gravidanza al mercato», perché (e qui sembra di sentire il filosofo neomarxista Fusaro) «sottomette la maternità alla produzione e fa della gestante stessa una materia prima». Va giù durissimo il comunicato di Arcilesbica, che lamenta sull’utero in affitto «un silenzio di tanta sinistra che non è più giustificato». Della prassi dell’utero in affitto – si legge nella lettera – «sono ormai note le implicazioni dal punto di vista della salute e della dignità delle donne».
Rispetto alle arditissime uscite dei responsabili dell’Ufficio Nuovi Diritti Cgil, almeno per ora non si registra nessuna presa di distanza da parte della Segretaria generale Camusso. Arcilesbica però non fa sconti e – puntando il dito sul mercato del lavoro (il terreno che un Sindacato dovrebbe presidiare come proprium) – scrive: «Solo la forte regressione nella posizione delle lavoratrici sul mercato può spingere a deformare i concetti di libertà e di autodeterminazione in quello di libertà di acconsentire al proprio sfruttamento». Insomma, secondo l’associazione, «la libertà di rinunciare ai diritti, alla salute e alla dignità non è libertà».
Non solo la Camusso, dicevamo. La lettera aperta di Arcilesbica demolisce anche i desiderata di politici come Monica Cirinnà e Laura Boldrini, vogliose di sdoganare per legge l’utero in affitto perché «se una cosa esiste nella realtà bisogna normarla». Anche qui Arcilesbica non manca di mettersi decisamente di traverso: «L'esternalizzazione della gravidanza non va regolamentata, va abolita». Punto. E il perché è presto detto: la Gpa «riduce le donne a corpi di servizio, non per niente chiamate “portatrici”»; rende cioè le donne del tutto assimilabili a «contenitori di materiale genetico altrui» che «assumono il rischio biologico conto terzi per denaro». E non solo in Asia, tengono a precisare, ma «anche nel tanto decantato Canada, dove furbescamente si parla di “rimborso spese”». «A malapena, dunque, serve aggiungere – così chiosa il comunicato di Arcilesbica in un passaggio che avrà fatto fischiare le orecchie all’ultra liberista Cirinnà – che la surrogazione di maternità non è di sinistra», bensì qualcosa che va chiamato col suo nome, un «crimine contro le donne». Più di questo, sul punto, non ci si può proprio aspettare dalla più grande associazione di lesbiche italiane (non a caso, dalla nota del Dipartimento Nuovi Diritti della Cgil, definita «la parte più conservatrice e divisiva del Movimento», quella «vetero femminista che rappresenta solo se stessa»).
Per capire meglio pro e contro di una possibile alleanza strategica tra cattolici e parti ragionevoli del mondo lgbt (su temi circoscritti quali, appunto, la Gpa), e farlo senza cadere in facili entusiasmi, non è inutile andare ad un’intervista del 9 luglio scorso a Laura Corradi, docente di Sociologia del corpo presso l’Università della Calabria, una “eco-femminista” che alla Gpa e alle sue implicazioni ha dedicato Nel ventre di un’altra (Castelvecchi). Ebbene, la Corradi prima regala una preziosa perla su un certo (imbarazzante) infantilismo della sinistra, poi cade fragorosamente sui “doveri” della Chiesa. Vediamo. Alla domanda di Avvenire sul perché, a differenza di quasi tutta la sinistra europea contraria alla Gpa, l’Italia fosse l’unico paese in controtendenza, la sociologa dai capelli rasta regala una risposta candida e definitiva: «Il motivo per cui in Italia gran parte della sinistra e del femminismo sono favorevoli alla Gpa è legato al fatto che il Vaticano è contrario». La Chiesa dice no? Allora noi diciamo sì. Questo – a detta di una femminista poco ortodossa – sarebbe il fortissimo argomento logico della sinistra italiana in tema di utero in affitto.
Se l’intervista a Laura Corradi fosse finita qui avremmo esultato (e ringraziato). Ma così non è. Pur sostenendo che «l’ossessione del figlio genetico può essere superata solo con un grande cambiamento culturale, con l’accettazione del limite (anche in senso laico)», la sociologa manca completamente il bersaglio quando afferma che la Chiesa dovrebbe ammettere l’adozione anche per single «e per le famiglie di ogni tipo» (leggi: coppie gay e lesbiche), perché – ecco il punto – «questo svuoterebbe in larga misura il ricorso all’utero in affitto». Per un caso particolarissimo e provvidenziale, quella Chiesa che Paolo Vi definiva “esperta in umanità” si concretizza in tempo reale in un tweet di Aldo Vendemiati, Decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana. Don Vendemiati, esperto di bioetica e di scolastica, glossando l’articolo di Avvenire definisce la conclusione della sociologa «non solo ingenua» ma «epistemologicamente incongrua». «Il no alle adozioni per singoli e coppie omo – twitta il Preside dell’Urbaniana - non si basa su valutazioni sociologiche (conseguenzialismo di corto respiro) ma etiche: il diritto del minore adottato ad avere un padre ed una madre».
Certo è che con la verità tutta intera del Magistero, scrittrici gagliarde e “di buona volontà” (Marina Terragni, Monica Ricci Sargentini e molte altre) e i semi di verità che arrivano dalla parte buona del femminismo italiano (la lettera aperta a Susanna Camusso ne è un buon esempio) i tempi sarebbero maturi per teorizzare un sodalizio interessante. E forse doveroso. Sulla maternità surrogata sta per sbarcare in Italia lo spot più deflagrante, quello che nessuna potente campagna pubblicitaria avrebbe mai potuto ideare. Si chiama Cristiano Ronaldo, un uomo che ha cancellato le madri dei suoi figli (parole testuali) «perché non servono». Le prodezze dell’uomo-brand da 120 milioni di followers riusciranno a far digerire agli italiani l’amarissimo boccone dell’utero in affitto? Il rischio “normalizzazione” è molto alto. Contro quel «crimine contro le donne» bisognerà, ovunque provenga, «trattenere ciò che è buono».
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