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RESISTENZA BUSINESS

Anpi d'oro: il lauto 25 aprile dei partigiani che manteniamo

I partigiani sono morti, ma i soldi arrivano. Il Pd agitato per l'ambiguità anti-Usa dell'Anpi non fiata se i fu-partigiani rossi ricevono dalla Difesa più di tutti: 94mila euro grazie all'alto numero di iscritti, tra i quali però di combattenti non c'è quasi più traccia. E anche le altre associazioni non stanno peggio tanto che FdI chiede di rivedere i criteri di assegnazione. Diamo 36mila euro a chi ha combattuto in Spagna 85 anni fa, mentre a quel che resta dei garibaldini toccheranno 38mila euro. La difesa non c'entra nulla: è attività politica pagata dallo Stato che alimenta il business della Resistenza.

Attualità 23_04_2022

Partigiani rossi sgridati, ma beneficiati. Ieri l’Anpi ha ricevuto la strigliata del presidente della Repubblica, il quale ha ricordato che c'è chi “manifesta disinteresse per sorti dell’Ucraina”. Ma nello stesso giorno lo Stato gli ha confermato uno stanziamento di 100mila euro.

Mattarella ha detto che il 25 aprile ci ricorda “un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista”. Insomma, non sono ammessi distinguo, l’operazione di sostegno alla “resistenza” ucraina deve andare avanti e non deve avere obiezioni. Soprattutto se a farle è chi, come l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, riceve laute prebende dallo Stato proprio per tenere viva in casa la sirena dell’antifascismo.

Dato il contesto, infatti, il ricevimento al Quirinale delle Associazioni Combattentistiche nel settantasettesimo Anniversario della Liberazione, è stato normale puntare il dito contro L’Anpi, che nei giorni scorsi ha animato le italiche cronache con le esternazioni del suo attuale presidente Gianfranco Pagliarulo che sono sembrate a favore della Russia.

IL DRAMMA ANPI: CON GLI AMERIKANI?
In realtà Pagliarulo aveva genericamente auspicato “unità”, ma ultimamente se non ci si schiera senza “se” e senza “ma” a favore di Zelensky si rischia grosso. E così è partito il dramma a Sinistra. Insomma, dove stare? Con gli americani e i nazisti – però kantiani - di Azov o con l’amata Russia e contro gli odiati amerikani? Un bel dilemma.

Anche il Pd ha stigmatizzato uno dei suoi storici serbatoi di voti, dato che è da sempre amico dell’Anpi, che, giova ricordarlo, è solo una delle associazioni di ex partigiani in Italia, la più politicizzata e la più organizzata, quella che mantiene la vulgata della resistenza come antifascismo militante. E quella che riceve, guarda caso in virtù del suo numero di iscritti, il maggior numero di finanziamenti per le sue attività.

UN MILIONE DI SOVVENZIONI
In questo contesto di avversione alle parole di Pagliarulo, nessuno si è però sognato di mettere in discussione la marea di soldi che l’Anpi drena allo Stato. Quanti? Solo negli ultimi 8 anni 804mila euro, circa 100mila all’anno, dato che anche per il 2022 sarà confermato dal Governo lo stanziamento di 94mila euro, leggermente in calo rispetto al 2021 quando erano stati 99mila. Niente male per un’associazione di ex combattenti che ormai sono praticamente tutti morti, rimanendo in vita soltanto una percentuale bassissima del totale degli iscritti. Il presidente, ad esempio, è nato nel 1949 quando i partigiani avevano già dismesso le armi.

Il dato si può leggere nello schema di riparto relativo ai contributi ad associazioni combattentistiche e d’arma messo a disposizione dei parlamentari ieri (leggi QUI), stanziamento deciso dal Governo ed erogato dal ministero della Difesa su cui il Parlamento non può mettere becco, ma solo esprimere perplessità.

Le quali sono parecchie, come conferma alla Bussola Salvatore “Sasso” Deidda, parlamentare di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Difesa, che martedì sarà chiamata ad esprimere un parere sul documento che il governo ha trasmesso l’8 aprile alle Camere.

«Noi chiediamo e ribadiamo ancora oggi una maggior trasparenza e razionalità su questi fondi – spiega Deidda -, presenteremo una risoluzione per chiedere regole chiare e un tetto ai contributi».

Eh sì, perché il problema sembra essere principalmente questo: perché l’Anpi fa la parte del leone mentre l’Associazione Nazionale Carabinieri, ad esempio, riceve appena 3.397 euro? La risposta è scritta nelle pieghe della legge 448/2001 che regolamenta le erogazioni della Difesa in base al numero di iscritti, ma senza fare distinzione tra le associazioni d’arma e di ex combattenti, tenuto conto che per le prime l’iscrizione è condizionata dall’aver fatto parte del corpo indicato, ad esempio Carabinieri o Parà o Granatieri di Sardegna, mentre per le seconde l’iscrizione è aperta a tutti.

Del milione e 700mila euro budgettizzato anche per quest’anno, il servizio studi del dipartimento di Difesa erogherà un milione per gli ormai fu combattenti mentre 700mila per le associazioni d’arma.

DIVISI DALL'IDEOLOGIA, UNITI DALL'ASSEGNO 
Ecco il punto. Stante così le cose, l’Anpi può contare su una campagna tesseramento annuale che le consente di ricevere più di tutte le altre associazioni di combattenti.

Non che alle altre vada peggio. Anzi, le sorprese non mancano perché la divisione ideologica dei partigiani sparisce quando si tratta di andare a tirare l'assegno. Oltre all’Anpi, a ricevere il finanziamento sono anche i partigiani cristiani i quali riceveranno anche quest'anno 40mila euro; per non tacere dei 60mila euro che andranno alla Federazione italiana delle Associazioni partigiane che raggruppa gli eredi dei partigiani socialisti-liberali, libertari, Giustizia e Libertà, del Partito d’Azione, gli anarchici e indipendenti: tutti scomparsi ampiamente dall’arco costituzionale, tanto per andare a cercare una loro eventuale rappresentanza politica, almeno.

Vogliamo poi dimenticare la Federazione Italiana Volontari Libertà a cui va la bellezza di 92mila euro? Nacquero in aperto contrasto con l’Anpi dopo la sua deriva stalinista, ma sui fondamentali vanno d’accordo ed evidentemente hanno ancora dei sostenitori che incassano il contributo.

COSA C'ENTRA LA DIFESA?
Quello dei reduci della guerra di liberazione, ormai tutti morti, è un interessante capitolo di spesa per lo Stato che nasconde per lo più associazioni che su territorio fanno al massimo attività culturali, convegni, pubblicazioni di libri.

«Non certo attività che hanno a che fare con la difesa – aggiunge Deidda – o meglio, non più, tanto che una delle modifiche che chiediamo è quella di scorporare le associazioni combattentistiche da quelle d’arma, e far confluire i finanziamenti delle prime nel capitolo, semmai, del Ministero della cultura». Poi, una volta al Mibac c’è da scommettere che il contributo non sarebbe certo questo.

GARIBALDINI E ANTIFASCISTI IN SPAGNA
Ma le prebende statali non sono appannaggio
solo degli eredi dei partigiani. Anche altre prestigiose associazioni godono del finanziamento, anche se il tempo ha cancellato dalla memoria non solo i nominativi, ma anche le res gestae.

Sapevate che diamo la bellezza di 38mila euro annui all’associazione nazionale veterani reduci garibaldini? Con i reduci dello sbarco di Marsala tutti al Camposanto chissà chi si accaparrerà la cifra in quanto erede…

E che dire dei 32mila euro (in crescita, nel 2019 erano 25mila e nel 2015, 16mila) che regaliamo all’Associazione Italiana combattenti volontari antifascisti in Spagna. Niente male, se consideriamo che molti di questi, durante la Resistenza confluirono tra i gappisti e quindi ora fanno parte dell’Anpi. Discutibile anche che diamo soldi a italiani che hanno combattuto in un paese straniero per una causa non italiana e con tratti discutibili, vista la mattanza di cristiani che si fece in Spagna durante la guerra civil.

Reduci, combattenti interalleati, dispersi in guerra, mutilati e invalidi di guerra, reduci dalla prigionia: ognuno ha la sua associazione e ognuno il suo gettone che va dai 10mila ai 35mila euro.

«È evidente che si tratta di un controllo assente – insiste Deidda (in foto) -. Basta guardare la rendicontazione insufficiente delle associazioni». Perché ad esempio i combattenti della guerra civile spagnola, che si è conclusa 85 anni fa hanno speso quasi mille euro in telefonate. Chi dovranno mai chiamare? E poi: se nel 2018 sempre gli antifascisti hanno avuto 15mila euro per una rendicontazione che prevedeva spese di gestione amministrativa per 4100 euro, che cosa avranno mai fatto di così eclatante per poter avere quest’anno un raddoppio della cifra loro spettante?

C’è anche chi, poi, non riesce a spendere nemmeno tutti i soldi che gli vengono dati. È il caso dei partigiani cristiani che nel 2018 hanno ricevuto la bellezza di 40mila euro, ne hanno spesi 29mila lasciando un contributo non utilizzato di 10mila euro. Ebbene: l’anno seguente, il 2019, l’associazione ha ricevuto 45mila euro, più del contributo dell’anno precedente che non erano riusciti neppure a spendere del tutto.

C’è poi un aspetto politico da non sottovalutare: «A differenza delle associazioni d’Arma, che svolgono attività associativa, queste associazioni di ex combattenti portano avanti un’attività culturale di tipo politico, come si vede costantemente con l’Anpi. Dunque, se si tratta di erogazioni della Difesa non è corretto che vadano a chi se ne serve per portare avanti un’attività culturale che ormai per poter sopravvivere non può che essere politica, essendo venuto meno da tempo la sua utilità ai fini della difesa del Paese».

Parole sacrosante. Destinate a essere rispolverate martedì in Commissione, il giorno dopo l’ennesimo 25 aprile di retorica nel corso del quale, c’è da scommettere, anche l’Anpi si allineerà al comodo sentito comune in vista del lauto assegno che il ministro della Difesa Guerini, guarda caso, targato Pd, staccherà ancora.